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Ora Mamelon si china in avanti e posa le labbra sulla tazza dell’eccitante. Bevono tutti e quattro nello stesso momento. Minuscole bolle danzano sulle labbra di Aurea. L’aroma la stordisce. Fissa lo sguardo sul fondo della scodella e vede disegni astratti che si formano e si dividono. L’eccitante è debolmente intossicante, debolmente allucinogeno, stimola le visioni, sopprime l’agitazione interiore. Proviene da certi acquitrini ricchi di muschio delle pianure di Venere; la bevanda che Siegmund ha offerto contiene miliardi di microrganismi estranei, che fermentano e si scindono anche se vengono digeriti e assorbiti. Aurea sente che si diffondono dentro di lei e prendono possesso dei suoi polmoni, delle sue ovaie, del suo fegato. Rendono viscide le sue labbra. La staccano dai suoi dispiaceri. Ma gli alti sono anche dei bassi; essa supera i primi momenti visionari ed emerge tranquilla e rassegnata. Una felicità falsa la possiede mentre le ultime spire di colore scivolano dietro le sue palpebre e spariscono.

Dopo il rituale della bevuta, parlano. Siegmund e Memnon discutono gli avvenimenti mondiali: le nuove monadi, le statistiche dell’agricoltura, la diceria dello sviluppo di una zona di vita disurbanizzata al di fuori delle comuni, e così via. Mamelon mostra ad Aurea la sua neonata. La piccina sta nella fessura di assistenza, sbava, gorgoglia, tuba. Aurea dice: «Che sollievo deve essere non portarla più!»

«È una cosa che rallegra riuscire a vedersi nuovamente i piedi, sì,» dice Mamelon.

«È molto scomodo essere incinta?»

«Ci sono alcune seccature.»

«La tensione? Come si può resistere, gonfia a quel modo? La pelle sembra scoppiare ogni minuto.» Aurea rabbrividisce. «E ogni cosa viene spinta da parte all’interno del tuo corpo. I reni conficcati su nei polmoni, questo è quello che penso della gravidanza. Scusami. Credo di stare esagerando. Voglio dire, non so realmente come sia.»

«Non è poi così brutto,» dice Mamelon. «Sebbene naturalmente sia strano e un poco seccante. Tuttavia ci sono aspetti positivi. Il momento stesso della nascita…»

«È molto doloroso?» chiede Aurea. «Immagino che debba esserlo. Qualcosa di grosso, che procede lacerando il tuo corpo, saltando dritto fuori della tua…»

«Deliziosamente benedetto. L’intero sistema nervoso di una persona si risveglia. Un bambino che esce è come un uomo che entra, soltanto venti volte più emozionante. È impossibile descrivere la sensazione. Devi provarla tu stessa.»

«Vorrei potere,» dice Aurea, scoraggiata, facendo ricorso agli ultimi brandelli del suo orgoglio. Fa scivolare una mano nella fessura di custodia per toccare la neonata di Mamelon. Una pronta raffica di ioni purifica la sua pelle prima che prenda contatto con la guancia morbida di Persephone. Aurea dice: «Dio benedica, devo fare il mio dovere! I medici dicono che non c’è nulla di sbagliato in nessuno di noi due. Ma…»

«Devi avere pazienza, cara.» Mamelon abbraccia leggermente Aurea. «Dio benedica, il tuo momento verrà.»

Aurea è scettica. Per venti mesi ha sorvegliato il suo ventre piatto, attendendo che cominciasse a gonfiarsi. È cosa benedetta creare la vita, lo sa. Se tutti fossero sterili come lei, che cosa popolerebbe le monadi urbane? Ha una improvvisa terrificante visione delle colossali torri quasi vuote, intere città ermeticamente chiuse, mancanza di energia, pareti cadenti, soltanto poche vecchie grinzose che si trascinano per le sale un tempo affollate di folle felici.

Questa visione ne suscita in lei un’altra e si rivolge a Siegmund, interrompendo la conversazione degli uomini per dire: «Siegmund, è vero che presto inaugureranno Monurb 158?»

«Sì, l’ho sentito dire.»

«Come sarà?»

«Molto simile al 116, immagino. Un migliaio di piani, i soliti servizi. Settanta famiglie per piano, ritengo, dapprima, forse 250.000 persone in totale, ma ci vorrà molto tempo per popolarla completamente.»

Aurea stringe assieme le palme delle mani. «Quanta gente vi verrà inviata da qui, Siegmund?»

«Non sono sicuro di saperlo.»

«Ve ne saranno alcuni, non è vero?»

Memnon dice dolcemente: «Aurea, perché non parliamo di qualcosa di piacevole?»

«Alcuni vi verranno inviati da qui,» insiste. «Avanti, Siegmund. Tu trascorri tutto il tuo tempo a Louisville con i capi. Quanti?»

Siegmund ride. «Ti sei fatta davvero un’idea esagerata della mia importanza, Aurea. Nessuno mi ha detto una parola su come verrà popolata Monurb 158.»

«Tu conosci queste cose in teoria, però. Tu puoi fare previsioni.»

«Ebbene, sì.» Siegmund è perfettamente freddo; questo argomento ha per lui un interesse puramente impersonale. Sembra inconsapevole dell’agitazione di Aurea. «Naturalmente, se dobbiamo compiere il nostro dovere verso dio creando la vita, abbiamo anche la certezza che c’è un luogo per ciascuno in cui vivere,» dice. Mani rimettono a posto una ciocca di capelli scomposta; occhi ardono; Siegmund ama parlare. «Così noi continuiamo a costruire monadi urbane e, naturalmente, ogniqualvolta una nuova monurb viene ad aggiungersi alla costellazione Chipitts, deve venire occupata da persone provenienti da altri edifici di Chipitts. Questa è una soluzione geneticamente valida. Sebbene ogni monurb sia abbastanza grande da permettere una adeguata mescolanza genetica, la nostra tendenza a stratificarci in città e villaggi all’interno di edifici porta a una quantità di incroci tra affini, e si dice che questo non sia salutare per le specie su una base a lungo termine. Ma se noi prendiamo cinquemila persone da ognuna delle cinquanta monurb, dico, e le gettiamo insieme in una nuova monurb, otteniamo una mescolanza genetica associata di 250.000 individui che prima non avevamo. In realtà, però, la ragione più pressante per la costruzione di nuovi edifici è l’attenuazione della pressione demografica.»

«Sii chiaro, Siegmund,» ammonisce Memnon.

Siegmund sorride. «No, intendevo proprio dir questo. Oh, certamente, c’è un imperativo culturale che ci dice di procreare e procreare e procreare. Questo è naturale, dopo le agonie dei tempi premonurb, quando ciascuno andava in giro chiedendosi dove avremmo messo tutta la gente. Ma anche in un mondo di monadi urbane dobbiamo fare piani con metodo. L’eccesso delle nascite sulle morti è consistente. Ogni monurb viene progettata in modo da poter contenere 800.000 persone, con spazio in cui stipare 100.000 persone in più, ma questa è la cifra massima. In questo momento, voi lo sapete, ogni monurb costruita più di venti anni fa nella costellazione Chipitts supera la cifra massima di almeno 10.000 unità e un paio si sta avvicinando al massimo. Le cose non vanno ancora così male al 116, ma voi stessi sapete che ci sono punti di disordine. Perché? Chicago ha 38.000…»

«37.402 questa mattina,» dice Aurea.