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Ho visto io. Lasciatelo stare, Kerk, gli hanno tirato nella schiena, prima che riuscisse a raggiungermi.

Basta così, pensò Jason. Cambiamo argomento.

— Eppure ho lavorato per voi, Kerk — esclamò — mentre eravate qui, al sicuro. — Si appoggiò alla fiancata del turbocarro, quando l’altro allentò la stretta. — Ho scoperto la ragione vera di questa battaglia per il pianeta… e come potrete vincerla.

Altri coloni si erano avvicinati. Nessuno si mosse. Impietriti, come Kerk, fissavano Jason.

— Cosa intendete dire?

— È chiaro. Tutta Pyrrus combatte contro di voi… attivamente e sapendo di farlo. Se vi allontanate un po’ dalla città, potete sentire le ondate di odio che le sono dirette contro. No, forse non ci riuscireste, perché siete nato qui. Ma io le ho sentite, e come me ci riuscirebbe chiunque che avesse qualche sensibilità extrasensoriale. Dirigono contro di voi un messaggio di guerra, senza sosta! La flora e la fauna del pianeta sono telepatiche, e obbediscono ad esso. Così vi attaccano, e si modificano per distruggervi. E continueranno, sin quando sarete tutti morti. A meno che non concludiate la guerra.

— Come? — scattò Kerk. Le persone attorno a lui ripetevano quella domanda.

— Scoprendo chi, o cosa, invia quel messaggio. Le forme vitali che vi attaccano non sono dotate di intelligenza autonoma. Ricevono l’ordine di farlo! Io credo di sapere come individuare la sorgente di tali ordini. Poi, si tratterà soltanto di inviare un nostro messaggio, e di chiedere una tregua, prima della fine delle ostilità.

Un silenzio mortale seguì le sue parole. Kerk si rivolse ai coloni.

— Al lavoro, voialtri! Questo è affar mio, e me ne occuperò. Appena avrò scoperto se ha detto la verità, riferirò. — I coloni si allontanarono in silenzio.

18

— Spiegatevi con ordine, adesso — ordinò Kerk. — E dite tutto.

— C’è poco da aggiungere. Ho visto gli animali, e ho sentito il messaggio.

Ho fatto qualche esperimento con alcune bestie, e hanno reagito come desideravo. Adesso, non mi resta che individuare la fonte delle onde telepatiche.

— Vi dirò qualcosa — proseguì Jason — che non ho mai confessato. Le mie vittorie al gioco non sono soltanto fortuna. Ho possibilità extrasensoriali sufficienti ad alterare le probabilità in mio favore. Naturalmente, ho sempre cercato di migliorarle. Le capacità extrasensoriali possono svilupparsi, con l’esercizio; sono state escogitate addirittura delle macchine, che possono agire come amplificatori su di esse. Appunto una di tali macchine, se usata correttamente, è un buon indicatore direzionale.

— E vorreste costruirla? — domandò Kerk.

— Appunto. Costruirla, e portarla fuori della città, nell’astronave. Segnali tanto forti da provocare una guerra vecchia di secoli dovrebbero essere facili, da individuare. Li seguirò, entrerò in contatto con chi li emette, e cercherò di scoprire perché lo fanno. Immagino che approverete ogni piano che possa far terminare questa guerra?

— Ogni piano ragionevole — rispose Kerk in tono freddo. — Quanto tempo vi occorrerà per costruire una macchina simile?

— Qualche giorno appena, se avete in magazzino le parti che mi servono.

— Mettetevi al lavoro, dunque. Darò ordine che l’astronave non parta, e che rimanga a vostra disposizione. Quando avrete costruito la macchina e individuato il segnale, voglio che mi riferiate.

— D’accordo — rispose Jason. — Appena mi avranno rimesso a posto il buco che ho nella spalla, preparerò l’elenco di quello che mi occorre.

Come guardia, e guida nello stesso tempo, gli assegnarono un individuo con la faccia tetra, un certo Skop. A Jason, non occorse molto per accorgersi che, in realtà, lo trattava come un prigioniero in libertà vigilata.

Al primo sospetto, la guardia si sarebbe trasformata in giustiziere.

Jason pensò, con un brivido, che ciò si sarebbe verificato senza dubbio.

Non poteva permettersi il lusso di correre rischi. I grubbers erano illusi se credevano che un progetto come quello potesse riuscire. Certo che non avrebbero avuto niente da perdere, se fosse fallito.

Soltanto per metà la mente di Jason era occupata nel lavoro, mentre preparava un elenco di materiale che gli sarebbe occorso per l’indicatore telepatico. Si tormentava per cercare una via d’uscita inesistente. Kerk non gli avrebbe permesso di squagliarsela; se non fosse riuscito a far terminare la guerra, e a sistemare la questione dei grubbers, non avrebbe più abbandonato Pyrrus.

Quando l’elenco fu pronto, chiamò i magazzeni. Con qualche sostituzione appena, tutto era disponibile, e promisero di mandarglielo.

Skop, apparentemente, si appisolò in una poltrona, mentre Jason disegnava uno schema della macchina. Malgrado la fatica, il diagramma si sviluppò in fretta.

Meta arrivò a tarda sera, portando le parti che lui aveva richiesto.

Depose una scatola sul tavolo di lavoro, fece per parlare, poi cambiò idea, e tacque. Jason alzò gli occhi, e sorrise.

— Confusa? — domandò.

— Non capisco cosa intendi dire — ribatté lei. — Soltanto irritata. Il solito viaggio è stato rimandato, e i rifornimenti ne resteranno sconvolti per dei mesi. E invece di pilotare, o di andare di servizio al perimetro difensivo, devo star qui, ad aspettare i tuoi ordini. Poi, dovrò seguire chissà quale rotta idiota, secondo i tuoi capricci. Ti meravigli che sia irritata?

Jason, prima di rispondere, dispose con attenzione le parti sul telaio della macchina. — Non è il caso che ti offenda perché dico «confusa», Meta. Non potrebbe essere diversamente. Tu hai una mentalità insulare. È giusto: Pyrrus è come un’isola, che presenta una quantità di problemi che tu sei qualificata a risolvere. Ma non è meno isola, e per questo… quando ti trovi di fronte a un problema di carattere diverso, ti confondi. O, anche peggio… ti convinci che i soliti problemi insulari sono più importanti.

— Sciocchezze — ribatté Meta. — Pyrrus non è affatto un’isola, e combattere per la sopravvivenza non è uno scherzo.

— Scusa. Poniamo i termini della questione su basi più concrete.

Supponiamo che io ti dica che sull’architrave della porta c’è un insetto velenoso…

La pistola di Meta puntava già la porta prima che Jason finisse di parlare. Anche Skop, in un attimo, era scattato in guardia, impugnando l’arma.

— Era appena un esempio — spiegò Jason. — In realtà, non c’è niente, là. — La pistola di Skop rientrò nel fodero, e il colono gli rivolse uno sguardo di sprezzo.

— Vi siete dimostrati in grado, tutti e due, di risolvere un problema connesso alla vita su Pyrrus — concluse Jason. — Ma se vi dicessi che sull’architrave c’è invece un insetto che sembra velenoso, ma che in verità tesse una seta sottile che si può adoperare per farne abiti?…

Skop osservò ancora la porta, brontolò qualcosa, poi uscì calcando il passo. Meta corrugò le sopracciglia, perplessa.

— Sarebbe impossibile — rispose infine. — E anche se l’insetto non fosse velenoso, ti morderebbe, se ti avvicinassi; perciò sarebbe indispensabile ucciderlo. — Sorrise, soddisfatta della sua stessa logica.

— Hai sbagliato ancora — dichiarò Jason. — Ho descritto semplicemente il ragno mimetico, che vive sul pianeta di Stover. Imita le specie più temibili, e ci riesce tanto bene che non ha più bisogno di altri mezzi difensivi.

Eppure, se lo prendi in mano, si limita a tessere la sua tela. Se ne scaricassi un’infinità qui a Pyrrus, non sapreste più quali eliminare, vero?

— Ma non ce ne sono — affermò Meta.

— Potrebbero esserci. E in tal caso, tutte le regole del vostro… gioco cambierebbero. Capisci, adesso? Esistono leggi e norme precise, nella Galassia, e non sono quelle secondo cui vivete voialtri. La vostra legge è la guerra con tutto il pianeta! Io voglio che ciò invece finisca. Non ti piacerebbe un’esistenza che non si limiti a un combattimento incessante per sopravvivere? Una vita dove si possa amare, fare della musica, della poesia, essere felici… tutte cose per cui non avete mai avuto tempo?