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E ho intenzione di farlo! Il vostro progetto di trattare la pace non è ragionevole. Quindi, distruggeremo il nemico.

— Riflettete un momento! — Jason gridò a Kerk, che si allontanava. — Che pericolo c’è nel tentare trattative, o in un armistizio? Se va male, potete sempre ricorrere alla forza.

Intanto, una piccola folla di coloni si era raccolta attorno a loro. Kerk si voltò. — Vi dirò io perché non accetto un armistizio… È una scappatoia da vigliacchi! Pensate davvero che anche per un attimo potrei pensare a una soluzione simile? Non parlo per me solo, ma per tutti. A noi non importa combattere. Sappiamo che quando la guerra sarà finita potremo costruire un mondo migliore su Pyrrus! E se non avessimo scelta, fra la guerra e una pace vigliacca, sceglieremmo la guerra! Continueremo a combattere sino alla distruzione totale del nemico!

I coloni mormorarono il loro assenso. Jason dovette urlare. — Bene.

Credete di essere originale…? Siamo dalla parte del giusto, e il nemico è il diavolo… Non importa un accidente se anche gli altri dicono la stessa cosa!

Come può esistere una pace vigliacca? Dite la verità: vi piace uccidere, e volete continuare a farlo!

I coloni tacquero. Kerk, pallido, si dominò con uno sforzo. — Avete ragione, Jason. Ci piace uccidere. E continueremo! Tutti quelli che ci hanno combattuto, su Pyrrus, dovranno morire…!

Se ne andò, questa volta, e il peso delle sue parole rimase come sospeso nell’aria. I coloni lo seguirono, parlando eccitati fra loro. Jason si sentiva esausto.

Quando rialzò gli occhi, vicino a lui c’era soltanto Meta. I suoi occhi avevano lo stesso sguardo assetato di sangue degli altri; ma quell’espressione scomparve, quando lui la fissò.

— Che c’è, Meta? — scattò Jason. — Non hai dubbi? Non sei convinta anche tu che l’unico mezzo per concludere la guerra sia la distruzione totale?

— Non so… — rispose la donna. — Per la prima volta in vita mia, mi trovo con diverse soluzioni alla stessa domanda.

— Congratulazioni — esclamò Jason in tono amaro.

20

Jason guardava il mortale carico entrare dai boccaporti nella stiva dell’astronave. I coloni erano di buon umore, mentre accatastavano armi di ogni specie, granate e bombe e gas. Quando arrivò a bordo una bomba atomica portatile, cominciarono addirittura a cantare un inno di guerra.

Jason, invece, era tetro. Gli sembrava di aver tradito la vita. Forse gli esseri misteriosi che aveva individuato meritavano di essere distrutti… e forse no. Annientarli senza il minimo tentativo di conciliazione gli sembrava un omicidio in massa.

Comparve Kerk, e le pompe dei motori d’avviamento pulsarono nell’astronave. Jason si avvicinò a Kerk. — Vengo con voi. Me lo dovete concedere; sono stato io a individuarli.

Kerk esitò. — Questa è una missione di guerra — esclamò. — Non c’è posto per osservatori. E il peso extra… — Quindi, decidendosi improvvisamente:

— E va bene, salite a bordo! Ma tenetevi fuori dei piedi, d’accordo?

Ora che la destinazione era nota, il volo fu molto più rapido. Meta sollevò l’astronave alla stratosfera, in un arco che si concludeva alle isole.

Kerk sedeva al posto del secondo pilota; Jason, alle sue spalle, teneva d’occhio gli schermi. La pattuglia da sbarco, composta di venticinque volontari, era pronta nella stiva con le armi. L’astronave, pilotata con attenzione da Meta, prese terra vicino all’imboccatura della caverna.

Jason era preparato all’urto dell’onda telepatica ma la sua violenza era ancora quasi insostenibile. Tutti gli animali dell’isola si stringevano attorno all’astronave. Ne furono massacrati a migliaia; ma sembravano arrivare senza interruzione. Un macello orribile.

Dopo mezz’ora, il fuoco rallentò. Gli animali attaccavano ancora, ma gli assalti in massa sembravano terminati. Kerk si accostò all’interfono. — Pattuglia da sbarco… fuori! Tenere gli occhi aperti! Portate la bomba nella caverna, il più avanti possibile. State pronti a rientrare appena chiamo!

Gli uomini sciamarono giù per le scalette, e si disposero in formazione da battaglia. Si trovarono presto attaccati, ma gli animali venivano annientati prima che riuscissero ad avvicinarsi. Non occorse molto tempo, perché l’uomo di testa raggiungesse la caverna. Portava una minuscola telecamera collegata con l’astronave; Kerk seguiva l’avanzata allo schermo.

— È una grande caverna… — brontolò. — Inclinata verso il fondo e all’indietro. Quello che temevo. Se lanciassimo la bomba, servirebbe soltanto a chiuderla, colpendo l’imboccatura. E non avremmo garanzie che chi c’è dentro non potrebbe uscire da un’altra parte. Dovremo scoprire dove finisce.

Nella caverna, adesso, c’era calore sufficiente per l’uso dei raggi infrarossi. Agli schermi, le pareti erano visibili in un contrasto violento di bianchi e di neri.

— Nessun segno di vita — riferì il capopattuglia. — Qualche osso scarnificato, ed escrementi di pipistrelli… per ora.

L’avanzata continuò passo per passo, sempre più lenta. Se pur insensibili alle emanazioni extrasensoriali i coloni avvertivano l’onda di odio che era proiettata senza sosta contro di loro. Jason aveva un forte mal di testa.

A un tratto, Kerk urlò: — Attenzione…! — Fissava gli schermi con orrore.

La caverna era stipata di minuscoli animali senza occhi. Si riversavano da piccoli corridoi laterali, e sembravano emergere dal terreno. Le prime file si dissolsero fra le fiamme lanciate dalle armi, ma altre ne comparvero.

Sullo schermo, la caverna parve ruotare pazzamente, quando l’uomo che portava la piccola telecamera cadde. Una massa di corpi minuscoli coperse le lenti.

— Stringere le file… lanciafiamme e gas! — gridò Kerk.

Neppure metà dei coloni era ancora viva, dopo quel primo assalto. I sopravvissuti lanciarono le bombe a gas. Qualcuno, scavando fra i cadaveri bruciacchiati degli animali, trovò la telecamera.

— Lasciate lì la bomba, e ritiratevi — ordinò Kerk. — Abbiamo già avuto abbastanza perdite.

— Ci spiace, signore — esclamò un colono. Il capopattuglia era morto. — Siamo circondati. Sarebbe più facile avanzare, fin quando abbiamo bombe a gas, che tornare indietro.

— È un ordine! — urlò ancora Kerk. Ma l’avanzata proseguì.

Sullo schermo, le pareti bianche e nere della caverna si spostavano con movimento costante. Ogni volta che gli animali tornavano all’attacco, qualche bomba a gas li tratteneva.

— C’è qualcosa davanti a noi… sembra diverso… — ansimò a un certo punto il capopattuglia. La caverna s’era allargata in una sala enorme, di cui non si scorgevano il soffitto e le pareti.

— Che roba è? — domandò Kerk. — Puntate un faro sulla destra!

L’immagine allo schermo, adesso, era confusa. I particolari non si potevano distinguere.

— Non so, non ho mai visto roba del genere… Sembrano piante… alte almeno dieci metri… e si muovono! Puntano i rami verso di noi, e provo una sensazione in testa…

— Eliminatene una, vediamo cosa succede — ordinò Kerk.

La pistola sparò, e nello stesso momento un’onda intensa di odio mentale sommerse gli uomini, facendoli cadere a terra. Si rotolarono su se stessi, poi furono sopraffatti, incapaci di resistere agli animali che si lanciavano in un nuovo attacco.

Nell’astronave, anche Jason sentì la potenza dell’urto telepatico, come Kerk e Meta; Kerk mandò un grido. — Indietro! Ritiratevi!

Era troppo tardi. Gli uomini si agitavano appena, mentre le bestie li ricoprivano a ondate; soltanto un colono riuscì ad alzarsi, e respingeva i mostri con le mani nude. Con un colpo di spalle, sollevò un compagno. Era morto, ma aveva ancora lo zaino assicurato alle spalle. Con dita sanguinanti, manovrò un pulsante, poi tutti e due furono sommersi di nuovo.