— Grazie. Avete centrato il problema. Lo risolveremo, facendo bene attenzione a non danneggiare nessuno. Innanzitutto, pace fra la città e le fattorie; pace fra gli uomini e gli animali di Pyrrus.
— Siete impazzito — commentò Kerk.
— Forse. Giudicherete quando avrò finito. Ora vi racconterò la storia del pianeta; perché è lì che stava il guaio, ma anche la soluzione.
— Quando i primi coloni atterrarono su Pyrrus trecento anni fa — cominciò Jason — trascurarono un elemento essenziale, che lo rende diverso da tutti gli altri pianeti. Non possiamo biasimarli; avevano già abbastanza guai. L’ambiente costituì un mutamento sconvolgente, in confronto alle città industriali, sotterranee, da cui provenivano. Gli uragani, il vulcanismo, le inondazioni, i terremoti… ce n’era abbastanza da impazzire. La vita animale era una minaccia costante, diversa dalle poche specie innocue che avevano conosciuto. Sono sicuro che non si resero mai conto che anche gli animali, a Pyrrus, erano telepatici…
— Ci siamo di nuovo! — scattò Brucco. — Sono stato tentato di credere alla vostra teoria dell’attacco controllato con onde extrasensoriali: ma il fiasco che avete provocato dimostra che avevate torto.
— Lo ammetto — rispose Jason. — Sbagliavo, pensando che un agente esterno dirigesse l’assalto alla città, guidandolo telepaticamente. Mi era sembrato logico, allora; le prove puntavano in quella direzione. La nostra puntata contro l’isola è stata un fiasco; ma non dimenticate che è stata condotta in modo opposto a come avrei voluto. Se fossi entrato io, nella grotta, è probabile che niente sarebbe successo. Credo che avremmo scoperto che la fauna di Pyrrus possiede capacità extrasensoriali fuori del comune gli animali della grotta, semplicemente, risentivano delle onde di odio proiettate contro la città. Avevo pensato il contrario della verità. Ma l’annientamento dell’isola non è stato inutile. Ci ha fatto capire dove cercare i responsabili: chi conduceva la lotta contro la città, dirigendola e ispirandola.
— Chi? — mormorò Kerk.
— Diamine, voi, naturalmente! — affermò Jason. — Oh, non voi come individuo, ma tutta la vostra gente. Forse la guerra non vi era molto gradita; comunque, siete responsabili della sua durata.
Jason dovette trattenere un sorriso, quando vide la loro meraviglia. — Ecco come andava. Ho detto che la vita su Pyrrus era telepatica: tutta la vita. Ogni insetto, pianta o animale. Chissà quando, fra le vicende terribili di questo pianeta, soltanto i telepatici poterono sopravvivere, con la cooperazione. Pur competendo l’un contro l’altro, in condizioni normali, reagivano uniti contro chiunque li minacciasse nel loro complesso. Quando un terremoto, o un’inondazione, li minacciava, fuggivano insieme. Un comportamento simile si può osservare su tutti i pianeti, in occasione di un incendio delle foreste, per esempio. Ma qui, la cooperazione per la sopravvivenza arrivò all’estremo, per le condizioni terribili dell’ambiente.
So che questo è vero, perché l’ho notato io stesso.
— D’accordo, avete ragione… — gridò Brucco. — Ma che c’entriamo, noi?
Se tutti gli animali scappano assieme, cos’ha a che fare con la guerra?
— Non si limitano a scappare assieme — spiegò Jason. — Lavorano anche, uniti, contro i disastri naturali che li minacciano. Certo, a noi interessa in modo speciale la loro reazione contro gli abitanti della città. Non avete ancora capito che vi consideravano una calamità naturale?
— Non sapremo forse mai — proseguì Jason — come nacque questo atteggiamento, anche se il diario che ho scoperto può offrirci una traccia.
Diceva che un incendio nella foresta aveva lanciato nuove specie contro i coloni. Ma non erano affatto nuove specie; erano i soliti animali, con nuove attitudini! Riuscite a immaginare il comportamento dei coloni di fronte al fuoco? Persero la testa, com’è logico. Il loro accampamento si trovava sulla strada degli animali; senza dubbio la loro reazione fu di abbatterli senza pietà.
— Facendolo — aggiunse Jason — si autoclassificarono come una calamità naturale. Gli animali attaccarono il nemico; furono uccisi; e la guerra cominciò. I sopravvissuti continuarono a lottare, e informarono le altre forme vitali dei motivi della lotta. Pyrrus ha un forte grado di radioattività, che deve contribuire a produrre molte mutazioni; e ogni mutazione ebbe lo scopo di combattere l’uomo, per secoli.
Un silenzio generale seguì quelle parole. Kerk e Meta impallidirono, comprendendone il significato. Brucco mormorò qualche parola, immerso in profonde riflessioni. Soltanto Skop fissava ancora Jason con occhi pieni di odio.
Rhes parlò per primo. — C’è un fattore che non coincide — dichiarò. — E noi? Viviamo su Pyrrus, senz’armi e senza muraglie attorno. Siamo uomini anche noi; eppure gli animali non ci attaccavano.
— È semplice — rispose Jason. — Non vi attaccavano, perché non vi identificavano con il nemico. In città, tutti emanavano sospetto, crudeltà e morte. Godevano di uccidere. Voi, invece, cooperavate; e usavate la forza soltanto se minacciati personalmente.
— Ma com’è cominciata la separazione fra i nostri due gruppi?
— Non lo sapremo mai. Forse, voi discendete da agricoltori, che per caso non si sono trovati con i coloni in occasione di una calamità naturale. Il loro comportamento fu trovato corretto secondo le leggi naturali di Pyrrus; e avete potuto sopravvivere. Sono convinto che due comunità separate si formarono molto presto.
— Non posso crederlo — esclamò Kerk. — Sembra logico, ma deve esserci anche un’altra spiegazione.
— Nessuna. — Jason scosse la testa. — Ma posso capire la vostra incredulità. Se vi dessi le prove che la gravità non esiste, per esempio, che è una forza interamente diversa da quella immutabile che conosciamo, non vi contentereste di parole. Probabilmente, vorreste vedere qualcuno camminare in aria. — Si rivolse a Naxa. — Non sarebbe una cattiva idea…
Senti qualche animale, qui attorno? Qualcuno di una specie pericolosa.
— Oh, pullulano — rispose Naxa.
— Potresti catturarne uno? Senza farti ammazzare, naturalmente.
Naxa fece una smorfia. — Non è ancora nata la bestia che può farmi del male.
Rimasero tutti in silenzio, immersi nei loro pensieri, aspettando il ritorno di Naxa. Jason, ormai, non aveva più niente da dire; sarebbero stati i fatti, a convincere Kerk e Meta e Brucco.
Naxa tornò ben presto, portando un volatile munito di aculei, legato per una zampa a una striscia ai cuoio. Strideva battendo le ali.
— Mettilo in mezzo alla cabina, lontano da tutti — ordinò Jason. — Puoi farlo stare tranquillo?
— Qui sulla mia mano va bene. — Naxa mostrò la destra, protetta da un guanto di cuoio.
— C’è qualcuno che dubita..? — domandò Jason. — Voglio che siate sicuri che non c’è trucco.
— L’esemplare è autentico — dichiarò Brucco. — Sento l’odore del veleno negli artigli. — Indicò le chiazze nere sul guanto, dove era caduta qualche goccia. — Se il liquido riesce a passare, quello, è un uomo morto.
— Dunque siamo d’accordo — commentò Jason. — La mia teoria sarà dimostrata, quando qualcuno di voi potrà avvicinare l’uccello, come ha fatto Naxa.
Tutti ebbero un brivido. Quell’animale era sinonimo di morte.
Meta parlò per prima.
— Non possiamo… Quell’uomo vive nella giungla, come una bestia. In qualche modo, ha imparato come fare. Ma per noi è diverso.
— No, invece — interruppe Jason. — Se non odiate l’uccello, e se non avete paura che vi attacchi, non lo farà. Pensate a un esemplare di un altro pianeta, a un animale innocuo!
— Non ci riesco! — gemette Meta. — È pericoloso!
Allora Brucco fece un passo avanti, con gli occhi fissi al volatile appollaiato sulla mano di Naxa. Jason fece segno agli arcieri di tenersi pronto a colpirlo. Brucco si fermò a un metro di distanza, e cominciò a fissare l’uccello. Mosse le ali, sibilando. Una goccia di veleno si formò all’estremità di ogni aculeo, sulle ali. Nella cabina scese un silenzio di morte.