Sfortunatamente non possediamo le lettere immaginarie che egli dettava a se stesso senza mai spedirle. Caro signor Kierkegaard: sono assolutamente d’accordo con la vostra celebre massima che stabilisce un parallelo tra «l’assurdo» e il fatto «che con Dio tutto è possibile», e che dichiara: «L’assurdo non è uno dei fattori che possono essere differenziati nella sfera appropriata dell’incomprensibile: non coincide con l’improbabile, l’inaspettato, l’inatteso». Nelle mie personali esperienze con l’assurdo… Caro Mr. Shakespeare: Come vi siete espresso alla perfezione quando avete detto: «Amore non è amore se cambia quando un mutamento trova, o cede a chi lo rinnega». Tuttavia il vostro sonetto pone la domanda: se l’amore non è amore, allora che cos’è quel senso di intimità che può, così assurdamente e inopinatamente, essere distrutto da una bagatella? Se voi poteste suggerire qualche modo esistenziale alternativo di rapportarsi agli altri che… Dal momento che sono effimere, frutto di impulsi erranti, e spesso e volentieri incomprensibili, non possiamo accostarci con soddisfazione a questo tipo di comunicazioni che Selig talvolta produce al ritmo di un centinaio all’ora. Caro signor Giudice Holmes: nella sentenza Southern Pacific Co. contro Jensen, 244 U.S. 205, 221 (1917), avete decretato: «Mi rendo conto senza esitazione che i giudici legiferano e debbono farlo, però sono in grado di comportarsi così soltanto saltuariamente; sono relegati tra le petizioni macrocosmiche e quelle microcosmiche». Questa splendida metafora non mi riesce completamente chiara, devo confessarlo, e…
Caro signor Selig:
la condizione presente del mondo e della vita intera è malata. Se fossi un dottore e mi venisse chiesto il mio parere, risponderei: «Inventate il silenzio».
Vostro affezionatissimo
Ci sono poi queste tre cartelle qui, cartone spesso beige. Non sono accessibili al pubblico dal momento che contengono lettere di un tipo molto più personale. Sulla base dei termini del nostro accordo con la Fondazione David Selig, mi è proibito far citazioni: posso però parafrasarle. Si tratta di lettere da lui inviate o occasionalmente ricevute da ragazze che ha amato o che intendeva amare. La più antica è datata 1950 e, in alto, reca l’annotazione a grandi lettere rosse: MAI SPEDITA. Cara Beverly, così comincia, ed è tutta piena di imbarazzanti grafismi sessuali. Selig, che cosa potete dirci di questa Beverly? Be’, era piccoletta e graziosa e lentigginosa, con due tette grosse così e una spiccata tendenza all’allegria; sedeva di fronte a me nell’aula di biologia; aveva una sorella gemella, precisa identica, roba da brividi, Estelle, che continuava a squadrarti torva, e per qualche strana combinazione genetica era piatta così come Beverly era ben fornita. Forse era questo il motivo per cui era torva. A Estelle io piacevo, nella sua fosca maniera, e penso che alla fine avrebbe anche potuto venire a letto con me, il che avrebbe fatto un sacco di bene al mio ego quindicenne, solo che io la disprezzavo. Mi sembrava un’imitazione malfatta, bitorzoluta di Beverly, che io amavo. Ero solito girare a piedi nudi nella mente di Beverly mentre l’insegnante, Miss Mueller, farfugliava di mitosi e cromosomi. Lei aveva appena concesso le sue grazie a Victor Schlitz, il ragazzone scarno dagli occhi verdi e i capelli rossi che le stava seduto accanto, e io imparavo un mucchio di cose sul sesso da lei a ogni scorribanda, con 12 ore di ritardo, per il fatto che irradiava ogni giorno la sua avventura della notte precedente con Victor. Non ero geloso di lui. Lui era bello e sicuro di sé e la meritava, e, in quel tempo, io ero troppo insicuro per andare a letto con chicchessia, comunque. Perciò percorsi con loro, da abusivo, la loro storia d’amore, e fantasticai di fare con Beverly le cose che le faceva Victor, finché disperato sentii il bisogno di entrarci anch’io in lei, ma le esplorazioni della sua mente mi dissero che per lei io non ero nient’altro che un bamboccio divertente, una stramberia, un buffone. Allora, come riuscirci? Le scrissi questa lettera descrivendo con dettagli vividi, penosi, tutto quello che lei e Victor avevano fatto, e dissi: non ti interessa sapere come faccio a sapere tutto questo, eh?, lasciando intendere che ero una specie di superuomo dotato del potere di penetrare l’intimità della mente di una donna. Mi immaginavo che questo me l’avrebbe buttata tra le braccia in un deliquio di timore reverenziale; invece qualche pensiero captato in seguito mi fece intuire che lei mi avrebbe, in ogni caso, ritenuto un demente o quanto meno un tipaccio indiscreto, e, comunque, si sarebbe allontanata definitivamente da me, per cui archiviai la lettera senza recapitarla. Una notte la trovò mia madre; lei, però, non osò parlarne con me, irrimediabilmente bloccata com’era su tutto il settore sesso; si limitò a rimetterla nella mia agenda. Rimase turbata? Sì, certo: ma si sentì molto orgogliosa che il suo ragazzo fosse finalmente un uomo, capace di descrivere delle porcherie a una bella ragazza. Mio figlio il pornografo.
La maggioranza delle lettere di quest’archivio datano tra il 1954 e il 1968. Le più recenti furono scritte nell’autunno del 1974, dopo di che Selig cominciò a sentirsi sempre meno, sempre meno a contatto con il resto dell’umanità e smise di scrivere lettere, se non nella sua testa. Non so quante ragazze siano qui rappresentate, però devono essere veramente poche. Di solito queste, per Selig, furono sempre relazioni assolutamente superficiali; come ben sapete, non si sposò mai e mai fu seriamente implicato in affari con donne. Come nel caso di Beverly, quelle che lui amò più profondamente furono le ragazze con cui di fatto non ebbe mai rapporti concreti: anzi pretendeva di provare amore per coloro che erano di fatto solo fortuite emettitrici. A volte egli si servì dei suoi poteri particolari per approfittare sessualmente di alcune donne, soprattutto attorno ai 25 anni. Non si sente orgoglioso di quel periodo. Non vi piacerebbe leggere queste lettere, fetenti voyeur? Ma no. No, non ci metterete sopra le zampe. Ad ogni modo, perché vi ho invitati qui? Perché ho permesso che sbirciaste i miei libri, le mie fotografie, i miei dischi tutti sudici, la mia vasca da bagno macchiata? Dev’essere la coscienza del mio io che se ne sta andando. L’isolamento mi sta asfissiando; le finestre sono chiuse, e ho finito per spalancare le porte. Ho bisogno di voi per sostenere il mio attaccamento alla realtà riesplorandone la mia vita, incorporandone una parte nella vostra esperienza personale, scoprendo che io sono reale, che io esisto, che io soffro, che ho un passato anche se non ho un futuro. Per questo potrete andarvene dicendo: sì, conosco David Selig, effettivamente lo conosco benissimo. Questo, comunque, non significa che io vi debba mostrare ogni cosa. Ecco, ecco qui una lettera a Amy! Amy che mi strappò dalla mia putrescente verginità nella primavera del 1953. Non vi piacerebbe sapere la storia di com’è successo? La prima volta, di chiunque si tratti, ha un suo fascino irresistibile! Bene, andate a farvi fottere: non ho proprio nessuna voglia di discuterne. Non c’è molto da raccontare, comunque. Glielo ficcai dentro e io venni e lei no, come la sedussi, inventatevi da soli i particolari. Dov’è adesso Amy? Amy è morta. Vi va? La sua prima fighetta, eppure lui le è già sopravvissuto. È morta in un incidente di macchina a 23 anni e suo maritò, che mi conosceva vagamente, mi telefonò per dirmelo, dal momento che una volta io ero stato un suo amico. Lui era ancora sotto shock perché la polizia l’aveva obbligato ad andare là per riconoscere il cadavere, e lei era proprio rimasta distrutta, maciullata, mutilata. Come qualcosa che viene da un altro pianeta, questo sembrava lei; così mi riferì. Catapultata fuori attraverso il parabrezza e sbattuta contro un albero. E io dissi a lui: — Amy è stata la prima ragazza con cui sono andato a letto — e lui si mise a consolarmi. Lui, che consolava me, quando io avevo cercato soltanto di essere sadico.