Lei era libera, disse. Però lavorava dalle undici alle sei. Lui decise di andarla a prendere a casa attorno alle sette. Il calore del sorriso di lei, quando lasciò l’ufficio, non lasciava adito a errori. — Fortunato bastardo — disse Nadel. — Cos’hai fatto, hai preso un appuntamento? Questo viola il regolamento degli agenti, che proibisce di portarsi a letto i clienti.
Selig si limitò a ridere. Venti minuti dopo che le contrattazioni erano state aperte scambiò sotto banco 200 Molybdenum contro Amex, e all’ora di pranzo coprì la sua vendita un punto e mezzo più in basso. Questo dovrebbe coprire il costo della cena, s’immaginò, e avanzerà qualcosa. Nyquist il giorno precedente gli aveva dato la soffiata: le Moly hanno vita breve, garantito che presto sballano completamente. Durante la pausa di mezzogiorno, sentendosi soddisfatto di se stesso, telefonò a Nyquist per riferirgli la manovra. — Hai coperto troppo presto — disse Nyquist immediatamente. — Perderà ancora cinque o sei punti questa settimana. Aspettati facili guadagni per questo.
— Non sono così ingordo.
— Se non lo sei, non puoi arricchire.
— Penso che mi manchi il fiuto del giocatore di borsa — disse Selig. Restò un poco lì a pensare. Di fatto lui non aveva telefonato a Nyquist per parlargli dell’acquisto sottocosto delle Molybdenum. Ho incontrato una ragazza, voleva dirgli, e ho un curioso problema con lei. Ho incontrato una ragazza, ho incontrato una ragazza. Di colpo la paura lo afferrò alla nuca. La silenziosa passiva presenza di Nyquist all’altro capo del telefono appariva qualcosa di terrificante. Riderà di me, pensò Selig. Lui ride sempre di me, è pacifico, perché pensa che non me ne accorga. Ma questa è roba da pazzi. Disse: — Tom, oggi è successo qualcosa di strano. È entrata una ragazza nell’ufficio, una ragazza molto attraente. Mi incontrerò con lei questa sera.
— Congratulazioni.
— Aspetta. Il fatto è che io ero assolutamente incapace di leggerle nel pensiero. Voglio dire, non sono riuscito neppure a cogliere l’aura. Opaca, assolutamente opaca. Non mi era mai successo prima d’ora. E a te?
— Non mi sembra.
— Completamente opaca. Non capisco. Che cosa poteva significare per lei l’avere un paravento così solido?
— Forse oggi sei stanco — suggerì Nyquist.
— No. No. Riesco a leggere chiunque altro, proprio come sempre. Ma non lei.
— Questo ti irrita?
— Naturalmente.
A Selig pareva ovvio. Forse Nyquist lo stava stuzzicando: la voce calma, senza inflessioni, neutra. Un gioco. Un modo come un altro per passare il tempo. Desiderò di non aver telefonato. Qualcosa di importante sembrava che stesse succedendo sulla telescrivente che riportava i dati di Borsa, e l’altro telefono stava squillando. Nadel, farfugliando, gli lanciò un’occhiata gelida: Su, va, c’è del lavoro da fare! Brusco, Selig disse: — Io… be’, sì… mi interessa molto. E mi infastidisce il fatto di non aver nessuna possibilità di scoprire da lei quello che veramente è.
Nyquist disse: — Vuoi dire che ti dà fastidio non riuscire a spiare dentro di lei.
— Questa frase non mi piace.
— Di chi è questa frase? Non certo mia. È così che tu consideri quello che noi facciamo, non è vero? Come uno spiare negli altri. Tu ti senti in colpa perché spii nella gente, giusto? Però ti senti anche sottosopra quando non riesci a spiare.
— Penso che sia così — ammise Selig con risentimento.
— Con questa ragazza ti ritrovi obbligato a ricorrere a quelle stesse tecniche di rozze congetture per trattare con la gente, quelle tecniche che il resto dell’umanità è condannato a usare in continuazione, e a te questo non piace. Vero?
— Fai di tutto per farlo sembrare così maledettamente sporco, Tom.
— Ma che cosa vuoi che ti dica?
— Io non voglio niente. Sto soltanto dicendoti che c’è questa ragazza che io non riesco a leggere, che non mi sono mai imbattuto in una situazione del genere prima d’ora, che mi sto chiedendo se tu avessi per caso qualche idea da espormi sul perché lei è fatta così.
— No — disse Nyquist. — Non mi viene in mente niente.
— Benissimo, allora. Io…
Però Nyquist non aveva finito. — Evidentemente io non posso dirti se lei è opaca al processo telepatico in quanto tale oppure è opaca soltanto a te, David. — Questa possibilità era saltata in mente a Selig proprio un momento prima. Si accorse che lo disturbava profondamente. Nyquist proseguì, conciliante: — Facciamo l’ipotesi che tu, uno di questi giorni, la porti a spasso e mi ci fai dare un’occhiatina. Può darsi che io riesca a scoprire qualcosa di utile sul suo conto.
— Lo farò — disse Selig senza troppo entusiasmo. Lui lo sapeva che un incontro del genere era necessario e inevitabile, però l’idea di esporre Kitty alle occhiate di Nyquist lo metteva in agitazione. Non riusciva a capire con chiarezza il perché. — Presto, uno di questi giorni — disse. — Senti, tutti i telefoni stanno suonando all’impazzata. Ci sentiamo, Tom.
— Dalle un bacio per me — disse Nyquist.
23
David Selig
Studi su Selig n. 101, Prof. Selig
10 novembre 1976
L’entropia, in fisica, è definita come un’espressione matematica del livello di energia in sistema termodinamico che è impossibile rinconvertire in potenza operativa. In termini metaforici più generalizzati, l’entropia può essere concepita come la tendenza irreversibile di un sistema, universo incluso, a aumentare il disordine e l’inerzia. Che è come dire che le cose vanno via via peggiorando, finché, alla fine, diventano tanto malridotte che ci mancano perfino i mezzi per riuscire a capire fino a che punto sono malridotte.
Il grande fisico americano Josiah Willard Gibbs (1839-1903) fu il primo ad applicare alla chimica la seconda legge della termodinamica, la legge che definisce il crescente disordine dell’energia in un sistema chiuso. Fu Gibbs che con maggior fermezza enunciò il principio per cui il disordine aumenta spontaneamente con l’invecchiare dell’universo. Tra coloro che estesero le vedute di Gibbs nel campo della filosofia ci fu il brillante matematico Norbert Wiener (1894-1964) il quale dichiarò, nel suo libro Introduzione alla cibernetica — L’uso umano degli esseri umani: «Col crescere dell’entropia, l’universo, come tutti i sistemi chiusi, tende spontaneamente a deteriorarsi e a perdere la sua individualità, a spostarsi dallo stato meno probabile a quello più probabile, da uno stato di organizzazione e differenziazione nel quale esistono distinzioni e forme, a uno stato di caos e di appiattimento. Nell’universo di Gibbs l’ordine ha probabilità minima, il caos ha probabilità massima. Però mentre l’universo intero, se di fatto esiste un universo intero, tende a scivolare in basso, ci sono zone la cui evoluzione sembra opporsi a quella dell’universo nel suo insieme e nelle quali c’è una limitata e temporanea tendenza all’organizzazione, alla crescita. La vita è situata in una di queste zone».
Per questo Wiener chiama gli esseri viventi in generale e gli esseri umani in particolare, eroi della guerra contro l’entropia, che, in un altro brano, paragona alla guerra contro il male: «Questo elemento casuale, questa incompletezza organica (che è, nel tessuto dell’universo, l’elemento fondamentale di probabilità), è uno di quelli che con un’immagine non eccessivamente violenta possiamo definire il male». Gli esseri umani, dice Wiener, portano con sé un processo anti-entropico. Noi possediamo i sensi. Noi ammucchiamo gli uni con gli altri. Pertanto siamo qualcosa di più che semplici vittime passive dell’espandersi spontaneo del caos universale. «Noi, come esseri umani, non siamo sistemi isolati. Noi ci cibiamo, il che genera energia, e prendiamo il cibo dall’esterno, e di conseguenza siamo parti di quel mondo più ampio che contiene le risorse della nostra vitalità. Però ancor più importante è il fatto che noi assimiliamo informazioni attraverso i nostri organi di senso, e che agiamo sulla base di queste informazioni». Ecco il feedback, in altre parole. Tramite la comunicazione impariamo a controllare quello che ci circonda, e, come dice Wiener: «Con il controllo e la comunicazione noi siamo in lotta continua con la tendenza della natura a degradare l’organizzato e a distruggere ciò che è significativo; la tendenza a crescere dell’entropia». Su tempi lunghi l’entropia dice Wiener: inevitabilmente ci inchioderà tutti; su un tempo breve possiamo combatterla. «Noi non siamo ancora spettatori degli ultimi stadi della morte del mondo.»