Выбрать главу

— È esatto.

— Hai avuto una buona raccomandazione dal mio amico Bruno, là. Quanto prendi?

— Tre dollari e mezzo la cartella. Dattiloscritta, spaziatura due.

Lui ci riflette sopra. Mette in mostra un mucchio di denti e dice: — Che razza di schifezza rabberciata è questa?

— È così che mi guadagno da vivere, signor Lumumba.

Mi odio per quell’aggiunta, quel vigliaccio signor. — Fanno circa 20 dollari per un tema di lunghezza standard. Un lavoro decente prende un mucchio di tempo, no?

— Sì, sì. — Una studiata spallucciata. — Okay. Non sono qui per criticarti, vecchio mio. Ho bisogno del tuo lavoro. Sai qualcosa di Europide?

— Euripide?

— E io com’ho detto? — Mi sta stuzzicando, con quei suoi dialettismi esagerati da negro, facendo passare me per fesso con quel suo Europide. - Quella bestia d’un greco che ha scritto opere teatrali.

— So chi intendete. Ma che genere di ricerca, signor Lumumba?

Lui tira fuori un pezzettino di un foglio di agenda da un taschino sul petto e lo esamina facendo un mucchio di scena. — Il prof vuole che noi paragoniamo il tema di Elettra in Euripide, Sofocle, e Isk… Ask…

— Eschilo?

— Sì, lui. Da cinque a dieci pagine. Per il dieci di novembre. Ci stai dentro?

— Penso di sì — dico, mentre cerco la mia penna. — Non dovrebbero esserci difficoltà — soprattutto dal momento che la ricerca è già bell’e pronta tra le mie carte, annata 1952, esattamente su questo venerando tema di lettere. — Ho soltanto bisogno di alcune informazioni su di voi per l’intestazione. La grafia precisa del nome, il nome del vostro professore, il numero del corso… — Lui comincia a elencarmele. Mentre prendo nota, dilato lo spiraglio della mia mente per l’abituale sondaggio dell’intimo del cliente, per farmi un’idea dello stile da usare nella ricerca. Sarò capace di falsificare il tipo di saggio che Yahya Lumumba potrebbe verosimilmente produrre? Sarà una sfida che mi metterà a dura prova, scrivere in gergo negro stretto portando avanti il tutto in maniera fredda, distaccata e arrogante, ogni parola una presa in giro della faccia grassa del professore bianco. Credo proprio di non farcela: ma Lumumba vuole questo da me? Non penserà che io prenda in giro lui se uso quello stile, trattandolo come lui tratterebbe il prof? Devo saperle queste cose. Così insinuo i miei tentacoli serpeggianti al di là del suo scalpo chiomato fin nella recondita materia grigia. Salve, grande uomo negro. Entrando, afferro qualcosa, come una versione più immediata e vivida della personalità stereotipata che lui proietta costantemente all’esterno: l’orgoglio innato del negro, il disprezzo per quell’estraneo muso bianco, l’esultanza per la sua struttura muscolare sottile dalle lunghe gambe. Però questi sono soltanto atteggiamenti di deposito, l’attrezzatura standard della sua mente. Non sono ancora arrivato al livello del pensiero di questo-istante. Non sono penetrato nell’essenza di Yahya Lumumba, l’individuo irripetibile di cui debbo far mio lo stile. Mi spingo più in profondità. Nel penetrarvi avverto un sensibile aumento della temperatura fisica, un’ondata di calore, confrontabile forse a quello che può provare un minatore a cinque miglia di profondità, mentre si spinge verso il magma infuocato del nucleo terrestre. Quest’uomo, Lumumba, dentro è in costante ebollizione. Il calore che proviene dalla sua anima tumultuosa mi mette sull’avviso, devo stare attento, ma non sono ancora arrivato all’informazione che cerco, e perciò vado avanti, finché improvvisamente il parossismo fuso di quella corrente di lava che è la sua coscienza mi urta con una violenza terrificante. "Fottuto giudeo cervellone testa di cazzo Cristo come odio questa donnetta spelacchiata rubarmi tre e cinquanta a pagina devo fregarlo devo spaccargli il muso a questo sfruttatore questo schiavista non dovrebbe avere un soldo un giudeo che fa dei prezzi più alti per i negri sicurissimo devo fregarlo è una buona idea quella di fregarlo devo spaccargli il muso prenderlo scagliarlo in mezzo a quei rifiuti se scrivessi da me la ricerca gli farei vedere ma non sono capace merda questo è il fottuto guaio mammoletto non posso Europide Sofocle Ischilo chi sa cagare qualcosa su di loro io ho dell’altro in testa i Rutgers giocano uno-contro-uno giù sul campo passami la palla stupido impara che è così ed eccola lì alta ed è canestro per Lumumba! e aspettate gente lui è stato incastrato mentre stava tirando a canestro adesso va alla riga molto sicuro di sé è facile alto un metro e novanta il sostegno di tutto il Columbia che rappresenta un primato far girare la palla una due volte in alto dentro! Lumumba in forma per un’altra grande serata stanotte Europide Sofocle Ischilo perché cazzo devo conoscere tutto su di loro scrivere tutto su di loro quant’è bello per un negro questi vecchi greci crepati fottuti che importanza hanno loro per l’esperienza del popolo negro importanza importanza importanza non per me per quella merda dei giudei che cosa ne sanno loro di quattromila anni di schiavitù che ci pesa c’è dell’altra roba nelle nostre menti che non può sapere nessuno di loro soprattutto questa mammoletta testa di cazzo devo pagarlo 20 dollari per fare qualcosa che io non sono buono a fare da me chi dice che io devo fare tutto quello che c’è di buono perché perché perché perché"

Una fornace mugghiante. La calura è sconvolgente. Altre volte, in passato, sono stato in contatto con menti turbinanti, anche molto più veementi di questa; ma è accaduto quando ero più giovane, più forte, con una maggiore capacità di recupero. Non ce la faccio a dominare un’esplosione del genere. L’intensità del suo disprezzo verso di me è moltiplicata all’ennesima potenza dall’intensità dell’autocommiserazione che prova perché ha bisogno dei miei servizi. È un ammasso di odio. E il mio povero potere che sta indebolendosi non lo sopporta. Una specie di automatismo di sicurezza lo taglia fuori per proteggermi da un sovraccarico; i ricettori mentali scattano da soli. È un’esperienza nuova per me, strana, questo fenomeno di difesa automatica da sovraccarico. È come se le membra cascassero giù, orecchie, palle, tutto quello che c’è a disposizione non lasciando nulla al di fuori di un torso ben levigato. La ricezione percepita, la mente di Yahya Lumumba si ritira e mi diventa inaccessibile e mi ritrovo a capovolgere involontariamente il processo di penetrazione fin quando non riesco a sentire altro che le sue emanazioni più superficiali, poi neanche quelle, soltanto una grigia trasudazione pelosa che segna la sua semplice presenza accanto a me. Tutto è indistinto. Tutto è confuso. Bum. Siamo ritornati di nuovo a quello. C’è uno scampanellio nelle mie orecchie: è un prodotto dell’improvviso silenzio, un silenzio pesante come il tuono. Una nuova tappa nel mio declino. Non avevo mai perso il mio "aggancio", e non ero mai scivolato fuori da una mente come in questo caso. Alzo lo sguardo, inebetito, a pezzi. Le sottili labbra di Yahya Lumumba sono tirate; guarda giù verso di me con ripugnanza, senza sospettare quello che è accaduto. Dico debolmente: — Vorrei dieci dollari in anticipo. Pagherete il resto quando vi consegnerò il dattiloscritto. — Mi dice con freddezza che oggi lui non ha soldi da darmi. Il prossimo assegno della cassa scolastica non ci sarà fino all’inizio del mese. Devo proprio fargli il lavoro sulla fiducia, dice lui. Prendere o lasciare. — Potete darmene cinque? — chiedo io. — Come garanzia. La fiducia non basta. Io ho delle spese. — Lui mi fissa. Si alza in tutta la sua statura; sembra alto più di tre metri. Senza dire una parola prende un biglietto da cinque dollari dal suo portafogli, lo spiegazza, sdegnosamente me lo scaglia addosso. — Sarò qui la mattina del nove novembre — gli grido dietro, mentre lui se ne va tutto impettito. Europide, Sofocle, Ischilo. Resto seduto, stordito, tremante, ascoltando il silenzio che urla. Bum. Bum. Bum.