asciutto l’universo di un’ape: senza sangue, disseccato, arido. Si alza in volo. Si precipita su qualcosa. Schiva un uccello che passa, un mostruoso elefante alato. Va a rintanarsi, in profondità, in un fiore umido, carico di polline. Vola via di nuovo. Vede il mondo attraverso gli occhi sfaccettati da ape. Ogni cosa frantumata in un milione di pezzettini, come se fosse vista attraverso un bicchiere ridotto in frantumi: il colore base di tutto è il grigio, però strane tinte occhieggiano agli angoli delle cose, azzurri e scarlatti periferici che non corrispondono per niente ai colori che lui conosce. L’effetto, avrebbe detto vent’anni dopo, è simile a quello di un viaggio psichedelico. Però la mente di un’ape è una mente limitata. David fa presto a scandagliarla. Abbandona di colpo l’insetto e, lanciando la sua percezione nella direzione del granaio, va a urtare contro l’anima di una gallina. Sta facendo un uovo! Ritmiche contrazioni interne, piacevoli e penose, come se stesse liberandosi gli intestini. Gridolii rauchi e acuti, frenetici. Il pesante odore del pollaio, aspro e aggressivo. Il senso di paglia, dappertutto. Il mondo appare oscuro e depresso agli uccelli. Buttalo fuori. Buttalo fuori. Oooh! Eccitazione da orgasmo! L’uovo scivola fuori e si posa sicuro. La gallina resta lì seduta, soddisfatta, esausta. David si stacca da lei proprio al momento dell’estasi. Si tuffa a fondo nei boschi circostanti, trova una mente umana, vi entra. Quanto è più ricco e più intenso entrare in comunione con la propria specie. La sua identità si smarrisce in quella del comunicante: Barbara Stein, che giace con Hans Schiele. Lei è nuda, coricata su un tappeto di foglie dell’anno precedente. Le gambe aperte, gli occhi chiusi. La pelle umida di sudore. Le dita di Hans sono affondate nella morbida carne delle sue spalle e la sua guancia, ruvida di una barba corta e ispida, bionda, raschia la guancia di lei. Il peso di lui le schiaccia il petto, spezzando il suo respiro e svuotandole i polmoni. A colpi rigidi e ritmici lui la penetra, e via via che il lungo rigido membro lentamente e pazientemente si conficca con forza dentro di lei, rombanti sensazioni schizzano fuori a ondate turbinanti dai suoi fianchi, affievolendosi con la distanza. Attraverso la sua mente David osserva l’urto del pene duro contro le tenebre, viscide membrane interne. Capta il.fragoroso battito del suo cuore. Afferra il martellare delle sue caviglie contro le giovani gambe di Hans. È consapevole del rapido fluire dei suoi fluidi tra le sue natiche e tra le sue cosce. E adesso avverte i primi stordenti spasmi dell’orgasmo. David lotta duramente per restare con lei, ma sa bene che questo non può succedere; tenersi aggrappato alla coscienza di qualcuno che sta venendo è come tentare di cavalcare un cavallo selvaggio. Il suo pube si impenna e si alza, le sue unghie disperatamente raschiano la schiena del suo amante, la testa si piega da una parte, si sforza di mandar giù aria, e, nell’istante in cui arriva al piacere, lei catapulta David lontano dalla sua mente, disarcionato. Lui traffica solo un poco, nella mente stupita di Hans Schiele, il quale inconsciamente concede al vergine voyeur pochi istanti di consapevolezza di quel che significa seminare nella fornace di Barbara Stein, spingi e spingi e spingi e spingi, mentre i muscoli interni di lei si chiudono strettamente ardentemente contro quel pungolo rigonfio, e poi, quasi immediatamente, arriva l’eccitazione della violenta eiaculazione di Hans. Affamato d’informazioni, David si aggrappa con tutte le sue forze, nella speranza di mantenere il contatto nel tumulto dell’orgasmo, proprio lì, invece no, viene sbattuto via, precipita incontrollabilmente, il mondo schizza via davanti a lui in un vertiginoso succedersi di colori, finché — click! - lui capta un nuovo rifugio. Qui tutto è calmo. Avanza in un ambiente oscuro freddo. Non ha peso; il suo corpo è lungo e sottile e agile; la sua mente è pressoché vuota, però è attraversata da deboli fredde ondeggianti percezioni di tipo grossolano. È penetrato nella coscienza di un pesce, forse di una trota del ruscello. Seguendo la corrente lui si muove nel torrentello che scorre rapidamente, prendendo gusto nella snellezza dei suoi movimenti e nel delizioso intreccio dell’acqua pura gelida che scorre lungo le sue pinne. Può vedere molto poco e odorare ancora meno; le informazioni gli arrivano sotto forma di minuti impatti contro le sue scaglie, sottili flessioni e interferenze. Lui risponde prontamente a ogni segnale improvvisando un nuovo orientamento, ora evitando uno spuntone di roccia, ora agitando le pinne per infilare la corrente d’acqua più veloce. L’insieme è affascinante, però la trota in sé è un compagno sciocco, e David, dopo aver risucchiato l’essenza dell’esperienza di trota in due o tre secondi, salta volentieri a una mente più complessa nell’istante in cui ne avvicina una. È la mente del rugoso vecchio Georg Schiele, il padre di Hans, che è al lavoro in qualche remoto angolo del campo di frumento. David non è mai entrato prima nella mente del più anziano degli Schiele. Il vecchio è un personaggio severo e minaccioso, parecchio al di là dei sessanta, che parla poco e per tutto il giorno rigidamente bada, con ostinazione, ai suoi lavori con il volto dalla mascella quadrata perpetuamente atteggiato in un cipiglio agghiacciante. David visto che c’è cerca di sapere se per caso non sia stato un tempo attendente in un campo di concentramento, benché sappia che gli Schiele sono arrivati in America nel 1935. Il contadino emette un’aura psichica così urtante che David lo ha sempre evitato, ma è così annoiato dalla trota che adesso lui scivola in Schiele, scende giù attraverso densi strati di farfugliamenti in tedesco, inintelligibili, e arriva giù giù fino alla base della personalità del contadino, là dove vive la sua essenza. Meraviglia: il vecchio Schiele è un mistico, un estatico! Lì non c’è austerità. Nessuna oscura vendicatività luterana. È buddismo puro. Schiele sta sul fertile suolo del suo campo, appoggiato alla sua zappa, i piedi ben piantati, in comunione con l’universo. Dio riempie la sua anima. Lui afferra l’unità di tutte le cose. Cielo, alberi, terra, sole, piante, ruscello, insetti, uccelli, tutto è uno, parte di un intero senza la minima sfaldatura, e Schiele risuona in perfetta armonia con il tutto. Come può essere? Come può un simile uomo deprimente, inaccessibile, contenere nel suo profondo simili estasi? Senti la sua gioia! Le sensazioni lo permeano tutto! Il canto degli uccelli, la luce del sole, il profumo dei fiori e delle zolle di terra rovesciate, il frusciare dei gambi di mais verde dalle foglie appuntite, il gocciolare del sudore sul collo arrossato, profondamente inciso da rughe, la curvatura del pianeta, il profilo incerto prematuro della luna piena… migliaia di delizie avvolgono quest’uomo. David condivide il suo godimento. Si inginocchia nella sua mente, reverente, pieno di rispetto. Schiele spezza la sua estasi, alza la sua vanga, la schiaccia giù; muscoli possenti si tendono e il metallo si affonda nella terra, e tutto torna a essere come dovrebbe essere, tutto conforme al piano divino. È così che Schiele passa le sue giornate? È possibile una simile felicità? David è sorpreso di sentire gonfiarsi di lacrime i suoi occhi. Quest’uomo semplice, quest’uomo limitato, vive continuamente in stato di grazia. Improvvisamente astioso, amaramente invidioso, David strappa via la sua mente, la fa vorticare, la proietta in direzione del bosco, penetra di nuovo in quella di Barbara Stein. Lei è coricata per terra, viscida di sudore, esausta. Attraverso le sue narici David capta la puzza del seme che sta già inacidendo. Le passa e ripassa le mani sulla sua pelle, togliendosi di dosso qui e là pezzettini di foglie e di erba. Pigramente accarezza i suoi morbidi capezzoli. La sua mente è lenta, tetra, quasi vuota come quella della trota, adesso: pare che il sesso l’abbia svuotata della sua personalità. David passa a Hans e non lo trova per niente superiore. Sdraiato di fianco a Barbara, ancora con il fiatone dopo i suoi sforzi, è intorpidito e depresso. La sua pistola si è scaricata e non ha più nessun desiderio; adocchiando sonnacchioso la ragazza appena posseduta, è soprattutto cosciente degli odori dei corpi e della sciatteria dei capelli di lei. Attraverso i livelli superiori della sua mente è possibile captare un pensiero pieno di desiderio, in inglese enfatizzato da rozzo tedesco, il desiderio di una ragazza di una fattoria lì vicina la quale gli darà qualcosa, con la sua bocca, che Barbara rifiuta di dargli. Hans la vedrà sabato notte. Povera Barbara, pensa David, e si domanda che cosa direbbe lei se sapesse quello che Hans sta pensando. Pigramente lui tenta di collegare le loro due menti, entrando in ambedue nella maliziosa speranza che i pensieri possano fluire dall’uno all’altro, ma ha calcolato male la sua apertura mentale e si ritrova di nuovo nel vecchio Schiele, immerso profondamente nella sua estasi, pur conservando il contatto con Hans. Padre e figlio, il vecchio e il giovane, il sacro e il profano. David sostiene il contatto gemellare per un attimo. E va in briciole. È pieno di un rimbombante senso dell’unità della vita.