Bene, e adesso che cosa farai?, si chiese Jackson. Ti metterai a urlare? Ti comporterai come una scimmia mentre quelli ballano il walzer? E cosa importa se sono pazzi…? Non sono graziosi? Come un gruppo scultoreo motorizzato di serafini fatto di lame di rasoio?
Ahmuls era già molto lontano; i ballerini avevano dimostrato quello che volevano dimostrare e si stavano fermando, si lasciavano cadere sull’erba.
«Non credo che potresti istruirlo», disse Jackson all’ape. «Hai a disposizione soltanto tutte le risorse di un pianeta».
«Non ne vedo la necessità», disse Comp. «Posso renderlo più felice? Posso renderlo umano senza sottrargli la sua essenza? Non ha storia e non ha futuro. Tutte le sue aspirazioni sono circoscritte a lui stesso». Comp sapeva di aver enunciato un’affermazione inconfutabile. L’ape volò lontana dall’orecchio di Jackson.
Erano ancora tutti accaldati, e ridacchiavano. Guardavano Jackson, incuriositi; e lui li guardava.
«Il tuo fedele compagno ti ha lasciato senza parola, Cavaliere Mascherato delle pianure?», chiese Jimmy. «Ti ha tolto il fiato?».
«L’unico essere al quale sia mai stato fedele è su Marte», disse Jackson, con voce tesa. «A meno che sia morto. Lui sbagliava nel giudicarmi, capisci?».
«Oh, vieni a mangiare con noi, Jackson», disse Kringle. «Se vuoi». Si adagiò, cingendo Durstine con un braccio. Durstine roteò gli occhi e rivolse a Jackson un broncio seducente.
«Sì… vieni con noi. Non arrabbiarti».
Pall ridacchiò. «Che strano, scappar via a quel modo. E avresti dovuto vedere la tua faccia quando noi ci siamo messi a ballare, Jackson!».
«Sì… come se non avesse mai sentito parlare delle abitudini civili», disse Chester. «O se non sapesse comunicare».
Jackson si sentiva sempre più nervoso. Se quelli pensavano che Kringle fosse grande, quando era di quell’umore, allora avevano ancora qualcosa da imparare…
«Jackson comunica benissimo», disse Durstine.
«Sì», disse Kringle. «Credo, Chester, che nel suo ambiente Jackson ti sorprenderebbe».
«Questo vorrei proprio vederlo», disse Jimmy.
«Be’, è perfettamente possibile che tu lo veda», disse Kringle in tono ragionevole. «Se Jackson è disposto».
«Chissà se lo è», disse Chester.
«Ma certo che lo è!», esclamò Pall.
Girare il viso di qua e di là, mentre parlavano, era come correre da un tunnel all’altro, tra mille intersezioni, e senza la minima guida.
«Certo che lo farai», gli disse in faccia Durstine, morbida e calda, con una torsione del corpo che portava ancora più vicini la sua bocca e il suo respiro.
«Fare che cosa?».
«Combattere!».
«Combattere che cosa?».
«Un amsir».
«Perché?».
«Per me!».
«Dove?».
«Qui!».
«Qui!».
«Come?».
«Non è un problema», disse Comp.
CAPITOLO 15
I
«Cosa?».
«Posso organizzare tutto. Posso farti un amsir… Scusami: un amsir e un bastone da lancio e un paio di dardi. Ho parecchie ottime riprese del territorio marziano, girate dai miei satelliti orbitali».
«Satelliti orbitali? Vuoi dire che hai occhi su Marte?».
«Certamente. Adesso non parliamo di accelerare qualcosa che l’uomo sta realizzando lassù. La nostra esplorazione spaziale è molto sofisticata di questi tempi, in confronto a quel che era quando la componente primaria del sistema era umanoide. Ma voglio dire che ho materiale base in abbondanza. Tu vai pure a caccia del tuo amsir. Ci saranno sfondi e illuminazione adeguati. E una perfetta riproduzione del terreno. Sono sicuro che potremo procurarti un grosso pubblico. Aspetta un momento che domando».
«Un gradimento altissimo», gli disse Comp, dopo un momento. «Hai più di quattrocentomila spettatori, il trentotto per cento del pubblico potenziale».
«Credo di non capire. Il trentotto per cento del pubblico per che cosa?».
«Il pubblico della tua attualità, amico. Senti, il numero degli spettatori e il numero degli abitanti del mondo sono teoricamente identici, giusto? In pratica, ci sono sempre alcuni individui che dormono e altri occupati in altro modo. Quindi non c’è mai stato un pubblico del cento per cento per un’attualità… Nella versione in diretta, almeno. Il primato è ottantatrè per cento o giù di lì, ma si trattava della competizione fra Melanie Altershot e Charles Dawn, molto, molto tempo fa. Bene, ho interpellato la popolazione per sapere se era interessata a una caccia all’amsir, e adesso stanno tutti aspettando… il trentotto per cento sta aspettando, e molti altri hanno detto che sono interessati a vederla in differita. Tutto sta a vedere se tu sei disposto. Ma ritengo doveroso informarti che non c’è stato un pubblico del trentotto per cento da moltissimo tempo».
«Capisci, non abbiamo a disposizione tutto il giorno», disse Donder.
«Bene, mi piacerebbe», disse Jackson. «Proprio qui, eh?». Oltre all’impazienza di Donder, aveva notato anche Vixen e Batten. Quei due, adesso, avevano una specie di gingillo volante.
Era di un color lavanda chiaro e traslucido. Caracollava avanti e indietro fra i due, che stavano a una certa distanza l’uno dall’altra, e se lo lanciavano. L’oggetto pareva tracciare motivi nell’aria, perché si lasciava dietro una lieve scia color lavanda che aleggiava nell’aria per un momento e poi si disintegrava in filamenti polverosi.
Avevano cominciato il gioco mentre Comp spiegava a Jackson cos’era un’attualità, e Jackson era impegnato ad ascoltare. Uno o due, nel gruppo, avevano smesso di guardare Jackson per seguire il volo. Avevano incominciato a disperdersi e ad avviarsi verso Batten e Vixen. «Sicuro», ripeté Jackson. «Procurami l’attrezzatura e un amsir, e ci sto».
«Bene!», dissero simultaneamente Durstine e Comp. Pall sorrise. Jackson ricambiò il sorriso. «So cos’è», disse lei. «Non avevi immaginato che qui avresti avuto la possibilità di fare qualcosa che doveva piacerti moltissimo».
«Pall, tesoro», disse Old, «una delle ragioni per cui voglio vederlo è che lo fanno in un posto dove la gente fa cose che non le piacciono».
Pall si coprì la bocca con le dita. «Oh, Jackson, scusami», disse.
II
In quel mondo, le ossa degli amsir erano fatte dagli insetti. Arrivarono sfrecciando sopra gli steli d’erba frusciante, in uno sciame assai più piccolo di quello che aveva smantellato Susiem: e ognuno portava una particella bianca. Ronzarono, si raggrupparono in una formazione efficiente, e in un attimo apparve il bastone da lancio. Quella che doveva essere l’impugnatura era debitamente modellata, come se fosse stata pazientemente raschiata con la sabbia; il cardine era ben sistemato, l’intaccatura per il dardo era debitamente incisa. Jackson lo prese e l’ammirò.
«Somiglia moltissimo al mio, Comp. Disponi di ottimi visori».
«E i dardi?».
Le aste corte, grossolanamente affusolate, erano state prodotte nello stesso modo del bastone da lancio. La punta venne formata dagli exterocettori da scavo che uscirono zampillando dal suolo e si raccolsero su ognuno dei dardi sostenuti dalle api, e si ritrassero lasciando punte di silicato fuse nelle coppe pronte a riceverle… e ognuna, sembrava a Jackson, era già appesantita dalla sua goccia sintetica di colla di amsir. Prese i dardi e li fece saltellare nel cavo della mano. Li rotolò tra le dita. «Ottimi», disse. «Ottimi, splendidi».