Выбрать главу

Il gruppo arrivò sulla cresta. Avevano tutti i volti accaldati, gli occhi scintillanti. Dancer corse verso Jackson: e subito tutti gli altri l’imitarono. Lo raggiunsero, ridendo, entusiasti. Jackson fissava le stoppie, dove limpide gocciole d’acqua si stavano formando sugli steli recisi.

Kringle passò il braccio intorno alle spalle di Jackson. «Magnifico!», esclamò. «Grandioso!».

«Sei stato formidabile!», ansimò Durstine. «Incredibile!».

Si affollavano intorno a lui, e i loro corpi erano caldi. «Non ti piacerebbe vederlo?», chiese Pall.

«Sì! Dovrebbe proprio vederlo!», riconobbe Jimmy, e tutti gli altri lo ripeterono, sorridendo e ridendo, imponendogli quella specie di festa.

Comp disse: «Ecco…».

Gli exteroaffettori gli si posarono come farfalle sugli occhi e sugli orecchi. Gli sfiorarono le palme delle mani e il ventre.

«Devi semplicemente mettermi in fase con i settori appropriati del tuo sistema nervoso centrale», spiegò Comp. «Rilassati. Molti preferiscono sedere o sdraiarsi, ma non è necessario».

Erano tutti intorno a lui. A Jackson non era mai accaduta una cosa simile; tutti irradiavano almeno novantotto virgola sei gradi Fahrenheit. A quella temperatura creavano ogni sorta di gamma d’evaporazione sulle superfici dei loro corpi, e nessuno di loro era isolato, e non lo era neppure lui. Ogni sorta di effluvi si volatilizzava, nelle immediate vicinanze dei suoi ricettori olfattivi e delle componenti termoestetiche del suo organismo. Si lasciò cadere sull’erba, abbracciandosi le ginocchia. Gli altri si lasciarono andare insieme a lui, circondandolo, sorridendo incoraggianti, guardandolo. Chiuse gli occhi. «Così va bene», disse Comp. «Ecco, si comincia…».

II

Apparve il deserto, in dissolvenza. Prima vi fu un’inquadratura in campo lungo dei due crateri e delle due Spine, visti dall’alto. L’orlo del pianeta s’incurvava, quasi senza diffusione, contro lo spazio pieno di stelle. Poi la visuale si concentrò sempre di più sul cratere umano, fino a mostrare un campo medio del deserto all’alba, rossopurpureo, tutto dune ondulate e investito dalla luce cruda del mattino. La soggettiva si concentrò ancora di più, fino a mostrare soltanto un campo piatto, indistinto e granulare di colore desertico. Restò così per un attimo; e poi la zampa bianca di un amsir si abbassò fulminea nel mezzo, spinta nella corsa in mezzo ai granuli, li disperse, si rialzò altrettanto fulmineamente e avanzò, uscì di campo e sparì, lasciando sulla sabbia un’orma, con gli orli che cominciarono a sgretolarsi e a fluire. Un granello rifletteva scintillando la luce, e l’attenzione di Jackson lo seguì mentre slittava lungo il fianco dell’impronta. Non aveva ancora toccato il fondo quando, con un thump-thump!, due piedi umani passarono correndo da destra a sinistra, cancellando l’impronta dell’amsir e lasciando le proprie.

L’inquadratura si spostò, e Jackson vide un Honor nudo che correva, e davanti a lui, la forma ondeggiante di un amsir.

Poi un taglio, e l’amsir correva diritto verso l’obiettivo, sogghignando.

Un altro stacco, e adesso c’era Jackson che correva; per la prima volta Jackson poté essere sicuro che era proprio lui e non un pezzo di repertorio, perché vide la cicatrice sulla spalla e il profilo della faccia, la testa senza calotta. Le labbra erano raggricciate. I denti erano bianchi e lucidi; un lato della faccia, contratto, poi gli occhi si spalancarono… Ogni poro, ogni delicato peluzzo biondo che spuntava sugli zigomi, al di sopra della barba. Lo stacco, questa volta, mostrò un campo medio dei due, dall’alto. Jackson correva, con la testa girata per guardare indietro. Poi ci fu un’inquadratura dei suoi piedi che si bloccavano sulla sabbia, lottando per trovare una presa.

E l’amsir che frenava a mezz’aria, cambiando direzione.

Adesso, il primo tiro di Jackson. Il dardo sbattuto sul bastone da lancio. C’era un bellissimo studio al rallentatore dei muscoli che lavoravano ritmicamente. Lui era ripreso di spalle, mentre ritrovava l’equilibrio dopo essersi arrestato, e si accingeva al lancio. Quando il braccio fluì verso l’alto, con il dardo inserito nel bastone, il movimento della ripresa cominciò ad accelerare, fino a quando il dardo si portò in linea con l’amsir e Jackson lo lanciò: e allora il movimento divenne più veloce del normale. I muscoli del braccio destro e dello stomaco vibrarono di forza quando scagliò il dardo, e il dardo saettò nell’aria e affondò nel petto dell’amsir. Fu così rapido che l’uccellaccio non cominciò neppure a tentare la schivata se non quando era già stato colpito.

L’amsir restò librato per un secondo, mortalmente, indifeso. L’inquadratura balzò intorno a Jackson, in una giostra; lui poté vedere ogni movimento dei piedi e delle gambe, ogni torsione del busto, la tensione della mano sinistra lasciata ricadere di colpo, il movimento fluido del braccio destro. Ci fu un primissimo piano del secondo dardo nel bastone che guizzava all’indietro, attraverso l’orizzonte, sotto l’orizzonte, e poi guizzò di nuovo in avanti, come se il dardo fosse immobile e il mondo roteasse. Poi il mondo si arrestò, e il dardo volò via. Vi fu un’inquadratura in mezzo campo lungo dell’amsir che veniva colpito dal secondo dardo e si spezzava l’ala… E quindi la scena venne vista in primissimo piano, riflessa nella pupilla dilatata e nell’iride senza fondo dell’occhio sinistro di Jackson. La musica in sottofondo, costruita sul suono del respiro forzato di Jackson in un crescendo di percussioni, s’interruppe. Scatto sulla testa dell’amsir che urtava la sabbia, inquadratura in campo medio che mostra la spalla di Jackson. SUONO: La Frattura del Collo (l’inquadratura resta in campo lungo, il suono è estremamente vicino).

Vi fu un campo medio di Jackson, ritto, con il bastone vuoto che gli penzolava in mano, le spalle afflosciate; si tergeva la faccia e traeva un profondo respiro. L’inquadratura si spostò all’indietro e verso l’alto: un campo lungo, carrellando all’indietro, di Jackson che guardava l’amsir accasciato al suolo, sempre più piccolo mentre la carrellata all’indietro continuava fino a far riapparire l’orizzonte del pianeta. La telecamera panoramicò sulle stelle, verso il sole, si riempì di una luce bianca e ardente, e poi tutto sparì, con uno scroscio di percussioni.

III

Erano tutti attorno a lui; aprì gli occhi, e quelli gli stavano quasi seduti addosso, maledettamente vicini, lo toccavano, sorridevano, ridevano, dicevano: «Non te l’avevamo detto? Grande! Assolutamente grande!».

Kringle disse: «Non avevo idea che fosse così. Non è mai veramente possibile raggiungere una comprensione intellettuale di un ambiente del tutto alieno. Sta bene ricevere una serie di fatti che il cervello deve assimilare, ma quando vuoi comunicare l’immediatezza di una situazione devi colpirli alle viscere. L’unico modo per riuscirci. E non mi vergogno di ammetterlo: sono molto colpito».

Vixen disse, senza fiato: «Mi sembra che sia cambiata tutta la mia vita». Gli si era aggrappata al braccio. Bene, la gente non credeva mai a una cosa se prima non la toccava.

«Ehi, Comp», disse Jackson, «perché non ho capito questa faccenda? Doveva essere una caccia all’amsir?».

«Non… oh, sì, capisco. Stai parlando del montaggio e della regia. Avrei dovuto prevederlo. Sì, immagino che nella versione definitiva appaia molto diverso dalla sensazione che ti dà mentre compi l’azione. Ma devi renderti conto che quel che provi tu è il risultato dell’esperienza, mentre per loro è fatto tutto di apparenze. Sarebbe sciapo come acqua di fosso, se io presentassi semplicemente un documentario dell’azione con un’inquadratura fissa. No, per dare a costoro la sensazione di ciò che è realmente, è necessario usare una considerevole abilità nel disporre i dettagli dell’azione in modo che sia significativa. Ed è significativa. Guarda come reagiscono!».