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«Una versione piena di fondali truccati e di inquadrature che saltano e girano all’impazzata?».

«Per loro è necessario, perché possano sentirlo. Credimi, questa realizzazione ha richiesto molta abilità e intuizione, e nessuno degli effetti è stato scelto alla leggera. Jackson, tutto quello che dovevi fare tu era reagire naturalmente. A me è toccato ricostruire tutto da zero».

«Immagino che questo includa anche il modo idiota in cui ho ucciso quel falso amsir».

«Se ti riferisci alle reazioni torpide dell’amsir al momento cruciale, devi tenere presente che i tuoi riflessi e le tue capacità non sono ancora coordinati alle proprietà fisiche di questo ambiente. Non potevamo mostrare l’amsir che ti inseguiva e ti uccideva, vero?», lo rimproverò Comp.

Jackson scrollò la testa. Gli altri gli ronzavano intorno eccitati, ascoltavano gli exteroaffettori, si esaltavano per qualcosa di nuovo.

«Cosa gli stai dicendo adesso, mentre parli con me?».

«Oh, c’è stata una reazione mondiale a questa attualità. Sto trasmettendo un gran numero di differite a individui che hanno ricevuto la segnalazione dagli spettatori della diretta. A questo punto, il totale è del cinquanta per cento e sale ancora. Con questa trasmissione, sei diventato un grande argomento di conversazione».

Pall gli prese le mani. Le brillavano gli occhi. «Jackson, Jackson, secondo me è magnifico! Sai che cosa faranno?».

«Temo di no». Jackson lo disse gentilmente.

«Tutti vogliono conoscerti! Ci sarà un… oh, scusami, una festa di caccia!».

Jackson si girò verso Kringle. «Che cosa?».

Anche a Kringle brillavano gli occhi. «Guarda!». Agitò il braccio e il clamore delle esclamazioni degli altri si attenuò in un brusio di fondo. «Cosa ne dite? Vogliamo una Spina?».

«Sì!».

«Comp…», disse Kringle.

Oh, quel loro odore dolce, appassionato!

Una dozzina di ronzii tremolò tutto intorno all’orizzonte. Jackson si voltò a guardare. C’erano baluginii intorno alle bianche case basse sotto gli alberi. Gli alberi scintillarono, e poi sparirono insieme alle case in una nebbia argentea, e l’aria fremette dei suoni del volo. Jackson continuò a girare su se stesso, guardando. Kringle ridacchiò.

L’erba fremeva dovunque, come se qualcuno, nascosto sotto un letto, avesse alzato le mani cominciando a tirare la coperta.

«Dovrò spostarti per qualche minuto», disse Comp. «Se vuoi salire a bordo…».

Durstine gli tirò la mano. «Da questa parte».

Non tutti gli exteroaffettori di Comp in quell’aria si occupavano degli alberi e delle case bianche. Mentre Jackson voltava la schiena, alcuni avevano creato un’intelaiatura di metallo, travature e supporti inclinati e incurvati da ogni parte, dai quali si estendevano tendoni e baldacchini, nastri e nappe che ondeggiavano con grazia, fontane che buttavano getti colorati di vasca in vasca, digradando, con l’accompagnamento di una musica delicata e tintinnante. Era tutta una sfera di nicchie e di angoletti multiformi, e tuttavia abbastanza aperta perché i membri del gruppo potessero chiamarsi l’un l’altro e scambiarsi risate e rumoreggiare al suo interno. Durstine lo trascinò all’interno, e la sfera si sollevò, si staccò dalla superficie della prateria, deviando lateralmente nel guadagnare quota, fino a quando furono a cento metri nell’aria, chi sdraiato, chi in movimento, e tutti scherzavano e mormoravano eccitati. Una brezza gradevole spirava attraverso la struttura. Gli spruzzi delle fontane, di tanto in tanto, solleticavano Jackson. Il visetto di Pall si affacciò tra due foglie metalliche curvilinee da una parte più interna della sfera. La ragazza arricciò il naso e agitò una mano.

E intanto Comp creava una Spina per la festa.

La sfera andava languidamente alla deriva su torrenti chiassosi di exteroaffettori. Turbinavano nell’aria, si precipitavano da tutte le direzioni, convergendo. Quando s’incontravano, alcuni volteggiavano formando chiazze secondarie, altri salivano ruggendo in marosi lampeggianti, e minuscoli sprazzi che sembravano di spuma partivano dalla sommità, quando consegnavano il loro carico e riprendevano il volo per andare a prendere qualcosa d’altro. La struttura della sfera vibrava a quel rombo di cascata: e innumerevoli parti, foglie e fiori, cominciarono a tintinnare in contrappunto alla musica delle fontane.

«Guarda! Guarda!», mormorò Durstine, passandogli il braccio sulle spalle, e ripiegando l’avambraccio sul bicipite di lui. La voce gli alitava nell’orecchio.

IV

Gli exteroaffettori si ritirarono dalla pianura sottostante. Soltanto un fitto ammasso conico, del diametro di trenta metri, aleggiava nell’aria sopra la piana: e poi anch’esso si svolse a spirale dal basso. Via via che gli exteroaffettori si scostavano, Jackson vide che stavano ultimando la parte superiore della Spina. Già, a terra, in un gaio, svolazzante cerchio, i padiglioni a strisce, tutti decorati, cingevano la Spina, tra una pista erbosa e campi bellissimi delimitati da verdi siepi tagliate geometricamente. Jackson guardò di nuovo, e vide che la Spina era completa: alta, diritta, scintillante, con le bandiere sulle antenne.

«È magnifica», disse Jackson.

La nube scese sull’erba fra la Spina e i padiglioni, e tutti corsero via, a bere alle fontane. Le fontane erano disposte tutto intorno alla base della Spina, dove Jackson ricordava i rubinetti. Pall stava china, con i capelli che le ricadevano a incorniciarle le guance in due brevi bande scolpite, e beveva l’acqua nelle mani giunte, là dove Jackson ricordava Petra Jovans.

CAPITOLO 17

I

La Spina era calda e dolcemente elastica, quando la toccò. Non riusciva a capire di che colore fosse. In certi punti era di un nero fondo con riflessi scuri come il vino. Quando spostò lo sguardo, vide che in altri era verde come una mosca. Indietreggiò, a bocca aperta come un turista, girando la testa di qua e di là, ammirando le antenne imbandierate che graffiavano il puro cielo azzurro, affascinato dal potere di cui disponeva quella gente, stordito da quella munificenza. E pensò: «È stato per questo, Red, per fare un modello come questo, che hai lottato, faticato, amato… per questo sei morto?».

«Oh, sarà bellissimo!», esclamò Pall, accorrendo con le labbra umide. «Tutti vorranno vedere la ripresa diretta!».

Jackson annuì. «Lo credo», disse con aria grave. Poi sorrise guardandola. Cosa diavolo… Voglio dire, pensò, se lei sembrasse una bambina, staresti attento a quel che le diresti, no? Sentì un tocco sul braccio. Ma quella Durstine, adesso…

«Ti piacerebbe vedere l’interno?», stava dicendo lei. «Non ti piacerebbe dare un’occhiata?». E gli appoggiò la coscia contro il fianco.

«Scusaci, Pall», disse Jackson.

«Oh, non importa», pigolò Pall. «Devo cambiarmi, tanto, e voglio che sia una sorpresa!». Si avviò verso uno dei padiglioni.

Durstine ridacchiò. «Mi cambierò anch’io. Ma qualche minuto l’abbiamo».

Jackson la seguì all’interno della Spina, passando da un’ampia porta tutta ornata. Fu come scivolare in un mare di gemme.