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— Pare di sì.

John guardò il prato ridotto, ora, a una distesa di terra bruciata, con qualche ciuffo d’erba giallastra. Uno spettacolo ormai diventato familiare.

— Non pensi che vivere in quella valle, con la sola compagnia degli Hiflen e dei pochi contadini… — disse Ann. Ma non completò la frase, e concluse dicendo invece: — Peccato che non si sia mai sposato.

— Pensi che gli abbia dato leggermente di volta il cervello? Non è il solo a essere pessimista riguardo al virus.

— Ma quello che dice alla fine… — Ann riprese in mano la lettera e lesse a voce alta: — “In un certo senso, credo che il virus abbia diritto di vincere. Per anni abbiamo trattato la terra come se fosse una banca da saccheggiare. Ma la terra, dopo tutto, è anch’essa viva”.

— Noi siamo più ammortizzati — disse John — perché non abbiamo mai visto molta erba, e non vederne affatto non ci impressiona. In campagna però deve fare un effetto tremendo.

— Si direbbe quasi che lui voglia che il virus vinca.

— La gente di campagna non si fida e non ha simpatia per quella di città. I contadini ci considerano delle bocche spalancate in cima a corpi inutili. Immagino che la maggior parte degli agricoltori sarebbe felice di vedere i cittadini che inciampano nelle proprie sicurezze. Solo che, adesso, sarebbe un tracollo. Però non credo che David desideri la vittoria del Chung-Li; dev’essere solo una fantasia che gli è passata per la testa.

Ann rimase per qualche istante in silenzio. John si girò a guardarla. La donna teneva gli occhi fissi sullo schermo spento della televisione e stringeva in mano la lettera di David.

— Può darsi che l’età l’abbia fatto diventare apprensivo. Capita spesso agli scapoli che vivono soli in campagna.

Ann si voltò. — L’accordo che Roger ci avvisi se le cose si mettono male, cosicché si possa partire tutti per il Nord… è sempre valido?

John la guardò incuriosito. — Certo. Comunque non mi sembra più tanto attuale.

— Possiamo fidarci di lui?

— Perché no? Può darsi che non gli importi niente di noi, ma pensi che voglia mettere in pericolo la sua vita e quelle di Olivia e Steve?

— No, non credo. Solo che…

— Se la situazione dovesse peggiorare, non ci sarà bisogno dell’allarme di Roger. Sentiremo il pericolo arrivare da chilometri di distanza.

— Pensavo ai ragazzi.

— Si troveranno benissimo. A Davey piacciono perfino gli hamburger in scatola che ci mandano gli americani.

Ann sorrise.

— Già, abbiamo sempre gli hamburger in scatola per sopravvivere.

Quando i ragazzi vennero a casa per le vacanze estive, i Custance e i Buckley andarono al mare, come al solito. Fu un viaggio sconcertante, fatto in mezzo a una campagna desolatamente spoglia e corrosa dal virus, dove il grano aveva lasciato il posto ai tuberi. Sulle strade si svolgeva comunque un traffico intenso, e fu difficile trovare un tratto di spiaggia non troppo affollata.

La giornata era calda, ma il cielo era coperto di nubi temporalesche.

Si erano fermati in un punto elevato, proprio sopra il mare, da dove godevano di una vista panoramica sulla Manica. Davey e Steve mostrarono un grande interesse al traffico che si svolgeva sul canale. A pochi chilometri dalla costa c’era una flotta di piccoli battelli in movimento.

— Stanno pescando — spiegò Roger. — Il pesce sostituirà la carne che non avremo, dato che non esiste più erba per allevare il bestiame.

— Da lunedì verrà razionato anche il pesce — disse Olivia. — Bella questa, il pesce razionato!

— Era quasi ora — commentò Ann. — Aveva raggiunto dei prezzi assurdi.

— Il perfetto meccanismo che regola l’economia nazionale continua a spremerci con efficienza — disse Roger. — Ci hanno detto che siamo diversi dagli asiatici, e, accidenti, lo siamo davvero. Ci costringono continuamente a tirare la cinghia, e nessuno si lamenta.

— Otterremmo qualcosa, lamentandoci? — domandò Ann.

— Ora che le prospettive sono migliorate — rispose John — la situazione è leggermente diversa. Non so come sarebbero ridotti i nostri nervi, se non fosse così.

Mary, che si stava asciugando dentro la roulotte, sporse la testa dal finestrino. — Il piatto di pesce che ci davano a scuola conteneva una scatola di acciughe ogni dieci chili di patate… adesso sembra diventato di una scatola su un quintale. Come andrà a finire, papà?

— Diventerà un piatto di patate — disse John — con una scatola vuota di acciughe che circola tra i tavoli, in modo che tutti, a turno, possano sentire l’odore del pesce. Pare che sia molto nutriente.

— Io non capisco perché abbiano razionato i dolci — disse Davey. — Mica li ricavano dall’erba!

— Troppa gente aveva cominciato a ingozzarsi di dolci — spiegò John. — Tu compreso. Ora ti devi accontentare della tua razione, e di quanto riesci a ottenere da Mary, da tua madre, e da me. Pensa a quanto sei fortunato, a non essere orfano.

— E per quanto tempo dureranno questi razionamenti?

— Per qualche annetto. Avrai tutto il tempo di abituarti.

— Non è giusto — si lamentò Davey. — Viveri razionati, senza neanche il gusto di scatenare una guerra per il cibo.

I ragazzi tornarono a scuola, e per tutto il resto la vita riprese il ritmo normale. All’inizio, subito dopo aver stretto il loro patto, John aveva preso l’abitudine di telefonare a Roger ogni volta che stavano un paio di giorni senza vedersi. Ora però aveva smesso.

Le razioni vennero ridotte gradualmente, ma ci fu sempre cibo sufficiente per vincere gli stimoli della fame. La stampa comunicò che in alcuni Stati nelle loro identiche condizioni, principalmente in alcuni Paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, si erano avute delle sommosse. Londra reagì tronfia, mettendo in risalto l’indisciplina di quelle nazioni, e le code ordinate che gli inglesi facevano per ottenere i viveri razionati.

“Ancora una volta” scrisse un corrispondente del Daily Telegraph “spetta al popolo britannico essere di esempio al mondo e dimostrare come si sopportano le sventure. La situazione può anche peggiorare, ma la nostra pazienza e il nostro coraggio non ci abbandoneranno mai.”

5

John andò al cantiere del nuovo edificio che stava costruendo in prossimità della City. La gru si era guastata, e, come risultato, i lavori erano stati sospesi. La sua presenza non era strettamente necessaria, ma dato che era responsabile della scelta di quel macchinario, di un tipo che non avevano mai usato, aveva voluto essere presente.

Mentre si trovava nella cabina della gru e osservava le fondamenta dell’edificio, vide Roger che gli faceva dei cenni di saluto dal basso. Rispose agitando una mano, e subito Roger ricambiò con altri gesti, facendogli capire che gli voleva parlare con urgenza.

John chiese al meccanico che smanettava accanto a lui: — Come va adesso?

— Molto meglio. In mattinata sarà a posto.

— Tornerò più tardi.

Roger lo stava aspettando ai piedi della scaletta.

— Sei venuto a vedere come procedono i lavori?

Roger non rispose e si guardo rapidamente attorno.

— C’è un posto dove si possa parlare senza essere disturbati? — chiese.

John si strinse nelle spalle. — Potrei chiedere al capo cantiere di cedermi un momento il suo ufficio. Ma c’è un piccolo bar sull’altro lato della strada, che forse va meglio.

— Dove vuoi, ma andiamoci subito.

La faccia di Roger era calma e tranquilla come sempre, ma la sua voce aveva un tono secco e pressante. Attraversarono insieme la strada. Il Grapes aveva una piccola saletta di solito poco frequentata, che in quel momento, le undici e mezzo, era deserta.