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— Il primo atto si è concluso senza difficoltà. E andrà bene anche il resto, cara. Non ti devi preoccupare. Roger e gli altri non sono ancora arrivati?

— È successo qualcosa alla sua macchina. Delle noie ai cilindri, o qualcosa del genere. Roger è in officina per farla riparare. Verranno non appena possibile.

— Ti ha detto fra quanto? — domandò John bruscamente.

— Non dovrebbero impiegare più di un’ora.

— Vengono con noi anche i Buckley? — domandò Mary. — Ma che cosa succede?

— Va’ in camera tua, tesoro — la interruppe Ann. — Ti ho preparato ciò che può essere necessario, ma nella valigia c’è ancora un po’ di spazio per altre cose che ritieni importanti. Cerca di prendere soltanto l’essenziale. Lo spazio è minimo.

— Per quanto tempo staremo via?

— Forse per parecchio — disse Ann. — Fa’ conto che si parta e non si torni mai più a Londra.

Mary guardò la madre in silenzio. Poi chiese: — E le cose di David? Devo pensare anche a lui?

— Sì, tesoro — disse Ann. — Guarda se ho dimenticato qualcosa a cui tiene in modo particolare.

Non appena Mary scomparve in cima alla scala, Ann si strinse al marito.

— John, non può essere vero!

— Roger ti ha raccontato tutto?

— Sì. Ma non possono farlo. Non è possibile.

— Lo credi davvero? Poco fa ho detto alla signorina Errington che avrei riportato Mary entro sera. Sapendo ciò che so, ho fatto male?

Ann non rispose. Poi disse: — Prima che tutto questo sia finito… dovremo arrivare a odiare noi stessi? O finiremo con l’abituarci alla situazione, tanto da non vedere in che cosa ci saremo trasformati?

— Non so — disse John. — Non so niente. Tranne che dobbiamo salvare noi e i nostri ragazzi.

— Salvarli per cosa?

— Ci penseremo in seguito. Oggi sembra mostruoso allontanarci senza dire a tutti gli altri cosa sta per succedere, ma non possiamo fare diversamente. Quando ci troveremo nella valle, tutto sarà diverso. Avremo di nuovo la possibilità di vivere in modo decente.

— Decente, dici?

— Sarà una vita dura, ma non impossibile. Dipenderà da noi. Se non altro saremo padroni di noi stessi. Non si tratterà più di vivere sopportando un governo che truffa, maltratta, sfrutta i cittadini, e che poi, quando sono diventati un peso, li uccide.

— No… non più…

— Stronzi! — imprecò Roger. — Li ho pagati il doppio per farli lavorare alla svelta, e poi hanno ballonzolato attorno per tre quarti d’ora in cerca degli attrezzi.

Erano le quattro. Ann chiese: — Facciamo in tempo a bere una tazza di tè? Stavo per mettere l’acqua sul fuoco.

— In teoria — disse Roger — abbiamo a disposizione tutto il tempo possibile. Comunque penso che sia meglio farne a meno. Viviamo ore di… incertezza. La notizia deve essere trapelata anche da altre parti, e mi domando in quanti siamo a sapere la verità. Mi sentirò più tranquillo soltanto quando saremo lontani da Londra.

Ann fece un cenno affermativo. — D’accordo — disse, e si avviò verso la cucina.

John la richiamò: — Hai bisogno di qualcosa?

Ann si voltò. — Ho lasciato la pentola piena d’acqua. Andavo a vuotarla.

— Ecco la nostra ultima speranza: l’equilibrio femminile — disse Roger. — Lascia la casa per sempre, ma vuol mettere a posto la pentola. Un uomo proverebbe l’impulso di prendere la pentola a calci, e poi dare fuoco alla casa.

Si allontanarono dalla casa dei Custance, la macchina di John davanti, e si diressero verso nord. Avrebbero percorso la grande arteria fino a una biforcazione poco dopo Welwyn. Poi avrebbero deviato per raggiungere la scuola di Davey.

Mentre attraversavano East Finchley sentirono alle spalle il clacson di Roger. Dopo un attimo la macchina dell’amico accelerò per andarsi a fermare davanti a loro. Mentre passavano accanto, Olivia sporse la testa dal finestrino e gridò: — La radio!

John accese l’apparecchio, e si fermò.

“… ha riconfermato energicamente che non esiste nessun fondamento alle voci messe in circolazione. L’intera situazione è sotto controllo, e il paese possiede ancora ampie riserve di viveri.”

Gli altri smontarono e si accostarono all’automobile di John. — Qualcuno comincia a preoccuparsi — disse Roger.

“Una qualità di grano resistente al virus è stata seminata in diverse parti dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia” continuò lo speaker “e si prevede un ottimo raccolto autunnale.”

— Una semina a luglio! — esclamò John.

— Un colpo di genio — disse Roger. — Quando circolano brutte notizie, dichiarare che la Regina delle Fate sta scendendo dal camino! In tempi come questi la plausibilità ha poca importanza.

La voce dell’annunciatore cambiò leggermente di tono. “Secondo il governo, l’unico pericolo consisterebbe in una popolazione in preda al panico. Come misura preventiva sono stati promulgati alcuni regolamenti temporanei che verranno immediatamente messi in atto. La prima di queste misure riguarda la restrizione degli spostamenti. I viaggi da una città all’altra sono temporaneamente vietati. Si spera che per domani possa essere approntato un sistema di priorità per gli spostamenti essenziali. Il divieto preliminare rimane comunque assoluto…”

— Hanno imbracciato il fucile! — disse Roger. — Venite… cerchiamo di superare lo sbarramento. Forse non sono ancora pronti a fermarci.

Le due macchine ripresero la strada verso nord. La voce rassicurante dell’annunciatore continuò a elencare i nuovi regolamenti. Poi cominciò un programma di musiche da film. Le strade presentavano il traffico abituale, con gente che andava a far compere, o che semplicemente passeggiava. Niente scene di panico lì, all’estrema periferia. Se c’erano stati subbugli, dovevano essersi verificati al centro di Londra.

Incontrarono il primo posto di blocco poco dopo Wrotham Park. Al centro della strada avevano eretto uno sbarramento. Dietro si vedevano uomini in divisa. Le due macchine si fermarono. John e Roger raggiunsero a piedi l’estremità dell’isolato. C’erano già una mezza dozzina di macchine ferme, e alcune persone stavano discutendo con un ufficiale. Altri, visto inutile ogni tentativo, si preparavano a fare inversione di marcia per tornare in città.

— Per dieci maledetti minuti! — ringhiò Roger. — Non può essere molto di più. Ci sarebbe una fila di macchine più lunga.

L’ufficiale, un giovane dai grandi occhi, gioiva visibilmente di partecipare a quello che lui considerava un piacevole diversivo.

— Mi spiace — diceva — ma stiamo eseguendo gli ordini. Nessuno può lasciare Londra.

L’uomo che stava discutendo con l’ufficiale, un tale sui cinquant’anni, tarchiato, con lineamenti semitici, esclamò: — Ma io abito a Sheffield! Sono venuto a Londra ieri.

— Le consiglio di ascoltare i notiziari radio — disse l’ufficiale. — Stanno studiando delle disposizioni per far uscire da Londra tutti quelli che si trovano nella sua situazione.

— Niente da fare, Johnny — disse Roger con calma. — Non potremmo neanche tentare di corromperlo, con tutta quella gente che gli sta attorno.

L’ufficiale continuò: — Non la considerai una notizia ufficiale, ma mi hanno detto che si tratta soltanto di una manovra. Per essere pronti in caso di un’ondata di panico. Probabilmente domani mattina ci richiameranno in caserma.

L’uomo tarchiato cercò di insistere: — Se si tratta soltanto di manovre, può benissimo lasciarci passare.

Il giovane ufficiale sorrise. — Sono spiacente. È facile finire davanti alla Corte marziale per aver trasgredito a un ordine durante le manovre. È come se fossimo in guerra. Le consiglio di passare la notte in città e ritornare domani mattina.