Dopo aver visto Roger guardare l’orologio varie volte, John disse: — Be’, andiamo a cambiarci.
— Perché? — domandò Ann. — Perché cambiarvi? Non avrete intenzione di preparare il pranzo, vero?
— Roger è sulle spine da circa mezz’ora — disse John.
— Penso che sia meglio fargli fare un salto fino al villaggio. I locali dovrebbero essere aperti adesso.
— Sono già aperti da mezz’ora — fece Roger. — Prendiamo la tua macchina.
— Si mangia all’una — disse Olivia. — I ritardatari non troveranno più niente.
— Non abbiate paura.
Davanti ai bicchieri, Roger disse: — Così va meglio. Al mare mi viene sempre una sete terribile. Dev’essere la salsedine che c’è nell’aria.
John bevve un sorso, poi posò il bicchiere sul tavolo.
— Sei un po’ nervoso, Rodge. L’ho già notato ieri. C’è qualcosa che non va?
Sedevano nella sala del bar. Dalla porta aperta si vedeva il sentiero sassoso e il verde che si stendeva oltre la strada. L’aria era calda e mite.
— “Questo è il tempo dei cuculi” — citò Roger. — “Quando le donne vengon fuori con gli abiti di primavera, e tutti sognano il Sud e l’Ovest. Come me.” Nervoso hai detto? Forse.
— Posso fare niente per te?
Roger lo studiò per un attimo. — Il primo dovere di un addetto alle pubbliche relazioni è la lealtà — disse. — Il secondo è la discrezione. Il guaio è che io invece ho la lingua lunga, e incrocio le dita quando giuro lealtà e discrezione a qualcuno che non sia mio amico personale.
— Di che cosa si tratta?
— Se tu fossi me, non mi diresti niente — disse Roger.
— L’onestà è uno dei tuoi scogli di inibizione. Così ti posso chiedere di serbare il massimo segreto. Non devi dire niente ad Ann, come io non ho detto niente a Olivia.
— Se è così importante — disse John — forse faresti meglio a tacere anche con me.
— Francamente, penso che sarebbe stato molto più saggio non serbare il segreto, ma non è questo il punto. Mi preoccupo solo che non mi si incolpi se le notizie trapelano. Comunque, lo si verrà lo stesso a sapere, questo è certo.
— Adesso sono diventato curioso — disse John.
Roger vuotò il bicchiere, e aspettò che John facesse altrettanto. Poi andò al banco per farli riempire nuovamente. Quando tornò al tavolo bevve lentamente in silenzio.
— Ricordi l’isotopo 717? — chiese alla fine.
— La sostanza con cui hanno disinfestato le risaie?
— Sì. C’erano due diverse idee sul modo di combattere il virus. Una mirava alla scoperta di qualcosa che uccidesse il virus, l’altra alla produzione di una qualità di riso resistente al virus. La seconda, ovviamente, richiedeva più tempo, e fu scartata. Poi gli scienziati che studiavano la prima possibilità scoprirono il 717, lo trovarono efficace, e si lanciarono all’attacco.
— Ha ucciso veramente il virus — osservò John. — Ho visto le immagini in TV.
— Per quel che ho sentito dire, i virus sono bestie strane. Se avessero scoperto un tipo di riso in grado di resistere, il problema sarebbe stato bell’e risolto. Si possono trovare delle specie resistenti a qualsiasi cosa. Basta condurre degli studi attenti e su larga scala.
— Continua — disse John guardandolo attentamente.
— In apparenza, era un virus complesso. Fino a questo momento hanno stabilito almeno cinque fasi di sviluppo. Quando hanno scoperto il 717 ne avevano identificato quattro, e il 717 le uccideva tutte. Hanno identificato la quinta quando si sono accorti che il virus non era affatto scomparso.
— Ma allora…
— Chung-Li è sempre in testa di parecchie lunghezze — disse Roger.
— Vuoi dire che nelle risaie rimane qualche traccia di virus attivo? — domandò John. — Deve essere comunque una traccia minima, data l’efficacia del 717.
— Solo una traccia — fece Roger. — Forse, naturalmente, abbiamo solo avuto fortuna. La fase numero 5 può essersi sviluppata lentamente, mentre le altre quattro si sono sviluppate con grande rapidità. Ora però, da quel che ho sentito, si diffonde con la stessa velocità delle prime quattro.
— Così siamo tornati al punto di partenza — disse John lentamente. — O forse non proprio. Dopotutto, se hanno scoperto qualcosa in grado di uccidere le prime quattro fasi, dovrebbero essere in grado di trovare qualcosa per poter sconfiggere anche la quinta.
— È quello che mi sono detto anch’io. C’è solo una cosa che sconcerta.
— Quale?
— La quinta fase è rimasta mascherata sotto le altre fino all’impiego del 717. Non so come vadano queste faccende, ma pare che i primi virus, più forti, abbiano mantenuto inattivo quest’ultimo. Quando il 717 ha eliminato gli altri, la quinta fase è stata in grado di mostrare i denti. Si differenzia dai fratelli maggiori per un particolare importante.
John rimase in silenzio, e Roger bevve un sorso di birra.
— Il virus primario di Chung-Li agisce sulle Oryzae. La fase 5 va molto meno per il sottile. Attacca tutte le graminacee senza distinzione.
— Graminacee?
Roger sorrise con tristezza. — Recentemente ho imparato anch’io a parlare in gergo. “Graminacee” significa erbe, tutte le erbe.
John pensò a David. “Siamo stati fortunati” gli aveva detto.
— Anche il grano è un’erba.
— Grano, avena, orzo, segale… Questo è soltanto l’inizio. In seguito spariranno la carne, i formaggi e il pollame. Entro un paio d’anni vivremo soltanto di pesci e di patatine, ammesso che si trovi l’olio per friggerle.
— Troveranno la soluzione anche a questa nuova minaccia.
— Sì — fece Roger — certo. Sono riusciti a debellare il virus originale, vero? Io mi domando in quale direzione si svilupperà la fase 6… Verso le patate?
John ebbe un pensiero improvviso. — Se fanno tanto mistero, a livello internazionale, intendo, non può essere che siano ragionevolmente sicuri di avere la soluzione a portata di mano?
— È una possibilità come un’altra. Io penso che stiano aspettando di avere tutte le mitragliatrici in postazione.
— Mitragliatrici?
— Dovranno pur pensare agli altri duecento milioni.
— Non si arriverà mai a tanto. Non dimenticare che tutte le menti del pianeta si stanno concentrando sulla soluzione del problema. Dopotutto, se i cinesi hanno avuto il buon senso di chiedere aiuto…
— Noi siamo una razza intelligente — osservò Roger. — Abbiamo scoperto come usare il carbone e il petrolio, e quando abbiamo notato i primi segni che stavano per esaurirsi, siamo stati pronti a saltare sulla carrozza dell’energia nucleare. La mente vacilla al pensiero dei progressi compiuti dall’uomo negli ultimi cento anni. Se fossi un marziano non scommetterei, nemmeno a cento contro uno, che un’intelligenza simile possa venire distrutta da una cosetta minuscola come un virus. Non credere che non sia ottimista, ma mi piace muovermi con cautela anche quando tutte le probabilità sembrano buone.
— Anche se consideri la situazione dal punto di vista peggiore — disse John — probabilmente riusciremo a sopravvivere nutrendoci di pesce e verdura. Non sarà la fine del mondo.
— Pensi davvero che sia possibile? — domandò Roger. — Io non credo, se consideriamo la quantità di cibo che si consuma oggi.
— Quando si ha un parente contadino si apprendono delle informazioni utili — disse John. — Un acro di terra produce dai cinquanta ai cento chili di carne, o una tonnellata e mezzo di pane. Ma può produrre anche dieci tonnellate di patate.