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— Noi? Chi siamo noi? Mary, Davey e Steve, dovrebbero forse morire di fame perché io sono un insensibile?

— Credo che sia meglio troncare questo discorso — disse Olivia. — Sono situazioni per le quali non possiamo fare niente… noi personalmente, almeno. Dobbiamo soltanto sperare che la situazione non peggiori.

— Secondo l’ultimo notiziario — disse John — hanno trovato qualcosa che dà ottimi risultati contro la fase 5.

— Esatto! — fece Ann. — E a questo punto, quale giustificazione possiamo avere per non mandare aiuti in Oriente? Per quale motivo dovrebbero razionare i viveri la prossima estate?

— Ottimi risultati! — disse Roger con ironia. — Sapete che hanno scoperto altre tre forme di virus, oltre la 5? Personalmente non vedo che una soluzione: resistere in attesa che il virus muoia spontaneamente, di vecchiaia. A volte capita. Che poi rimanga o no un solo filo d’erba, per ricominciare tutto da capo, questa è un’altra questione.

Olivia spostò lo sguardo sul prato. — È difficile credere che quel virus distrugga veramente tutta l’erba, vero?

Roger strappò un filo d’erba e lo sollevò tenendolo tra il pollice e l’indice. — Mi hanno accusato di non avere immaginazione. Ma non è vero. Posso benissimo vedere gli indiani affamati. Ma posso anche vedere questa terra bruciata e spoglia, ridotta a un deserto, e dei bambini che si nutrono con la corteccia delle piante.

Per un po’ rimasero tutti in silenzio. Un silenzio di parole, rotto dal lontano canto degli uccelli e dalle grida allegre dei bimbi.

— È ora di andare — disse John. — Devo anche portare la macchina dal meccanico per la revisione. Ho già aspettato fin troppo. — Chiamò Mary e David. — Sai, Roger, potrebbe anche non succedere.

— Io sono un pigro come voi. Dovrei cominciare a addestrarmi nel combattimento a corpo a corpo, e imparare a tagliare un corpo umano per ottenere i migliori arrosti. Invece me ne sto tranquillamente seduto ad aspettare.

Mentre tornavano a casa, Ann disse all’improvviso: — Il tuo amico ha preso un atteggiamento disgustoso!

John fece un cenno con la testa, indicando i ragazzi.

— Già, è vero — fece Ann. — Ma è una cosa orribile.

— Parla molto — disse John — ma non pensa veramente quello che dice.

— Io credo di sì, invece.

— Olivia ha ragione. Individualmente non possiamo fare niente. Dobbiamo aspettare e sperare che la situazione si risolva.

— Sperare che si risolva! Non dirmi che ti sei lasciato influenzare! O che credi alle sue profezie.

John non rispose subito. Guardò le foglie d’autunno sugli alberi e i grandi prati. La macchina passò davanti a una striscia di terra, appena dissodata e liberata da ogni filo d’erba. Un altro piccolo campo di battaglia contro la fase 5.

— No, non credo. Non potrebbe mai succedere, non è così?

L’autunno cedette all’inverno. Le notizie dall’Oriente peggioravano di continuo. Dapprima l’India, e poi la Birmania e l’Indocina ricaddero nella carestia e nella barbarie. Poco dopo anche il Giappone e gli Stati orientali dell’Unione Sovietica subirono la stessa sorte. La popolazione del Pakistan si trasformò in un’orda che si riversò alla conquista dell’Occidente, e che, per quanto composta di gente affamata e senz’armi, raggiunse la Turchia prima che la si potesse fermare.

Le nazioni relativamente risparmiate dal virus di Chung-Li fecero da spettatrici, inorridite e incredule. Le notizie ufficiali davano le dimensioni di quell’oceano di fame in cui qualsiasi soccorso non sarebbe stato più di una goccia, ma evitavano l’argomento degli aiuti alle vittime. Quelli che si agitavano per soccorrere le popolazioni affamate erano una minoranza. Una minoranza che diventava sempre più impopolare, man mano che le dimensioni del disastro si delineavano più chiaramente e si capiva che la catastrofe si sarebbe abbattuta anche sull’Occidente.

Soltanto verso Natale le navi di grano ricominciarono i loro viaggi verso oriente. Fu un effetto della consolante notizia che in Australia e in Nuova Zelanda un vigilante sistema di ispezione e distruzione era riuscito a tenere il virus sotto controllo. Considerate le favorevoli condizioni atmosferiche, si prevedeva un raccolto solo di poco inferiore alla media.

Queste notizie suscitarono nuove ondate di ottimismo. La catastrofe avvenuta in Oriente, venne spiegato, era dovuta principalmente alla mancanza di decisione tipica degli asiatici. Sembrava impossibile evitare che il virus colpisse i campi coltivati, eppure gli australiani e i neozelandesi avevano dimostrato che era possibile tenerlo sotto controllo. Seguendo il loro esempio, l’Occidente sarebbe potuto sopravvivere all’infinito, sopportando soltanto lievi disagi. Nel frattempo in tutti i laboratori continuava la lotta contro il virus. Ogni giorno portava il mondo sempre più vicino al momento in cui si sarebbe trionfato sull’invisibile nemico. Fu in questa atmosfera di ottimismo che i Custance fecero il loro abituale viaggio al Nord, per trascorrere il Natale a Blind Gill.

La prima mattina John uscì con il fratello per fare il giro della fattoria.

Il primo tratto di terreno spoglio era a meno di cento metri dalla casa. Una fascia larga circa tre metri e poco più lunga. Le zolle nere, indurite dal gelo, fissavano il cielo invernale.

John si avvicinò pieno di curiosità, e David lo seguì.

— Avete avuto molti danni nella valle? — domandò.

— In un’altra dozzina di punti. Della stessa grandezza. L’erba che cresceva tutto attorno, anche se indurita dal gelo, sembrava sana.

— Pare che ve la caviate bene.

David scosse la testa.

— Non significa niente. Sappiamo che il virus si diffonde nella buona stagione, ma non si sa ancora se questo significa che in inverno resta nelle piante allo stato latente. Dio solo sa cosa succederà in primavera. Tre quarti delle zone colpite nella valle hanno mostrato il contagio alla fine della buona stagione.

— Quindi non partecipi al generale ottimismo?

David sollevò il bastone per indicare la terra spoglia. — Io credo soltanto a quella.

— Distruggeranno il virus, vedrai. Sono sulla buona strada.

— Avevano diramato l’ordine di coltivare a patate tutti i terreni che in precedenza producevano grano — disse David.

John fece un cenno affermativo. — Ne ho sentito parlare.

— Annullato. L’ha comunicato ieri sera la radio.

— Evidentemente hanno fiducia che la situazione migliori.

— Possono avere tutta la fiducia che vogliono — disse David cupo. — La prossima primavera io pianto patate e barbabietole.

— Niente grano né orzo?

— Neanche un metro quadrato.

— Se il virus verrà sconfitto — disse John, pensoso — il grano salirà a prezzi astronomici.

— Credi che non ci abbiano pensato? Perché credi che sia stato annullato l’ordine?

— Non è una decisione facile, vero? Se proibiscono di seminare il grano, e nel frattempo riescono a sconfiggere il virus, la nazione sarà costretta a comprare il grano oltreoceano, a prezzi astronomici.

— È un gioco d’azzardo — disse David. — La sopravvivenza del paese contro l’aumento delle tasse.

— Le probabilità sembrano favorevoli.

David scosse la testa.

— Non abbastanza, per me. Pianterò patate.

David tornò sull’argomento nel pomeriggio del giorno di Natale. Mary e David junior erano usciti per smaltire il peso dell’abbondante pranzo natalizio. I tre adulti, preferendo digerire in maniera più comoda, si misero in poltrona ad ascoltare distrattamente una sinfonia di Haydn.

— Com’è andata la tua mostruosità, John? — chiese David. — L’hai finita in tempo?