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La cuspide centrale del Cori Celesti, dimora degli dei, era una colonna alta dieci miglia di fuoco ghiacciato lampeggiante.

Era una visuale osservata soltanto da pochi uomini e Morty non era uno di quelli, visto che stava appoggiato al collo di Binky, aggrappandosi per non cadere mentre avanzavano attraverso il cielo notturno alla testa di una coda di cometa di vapore.

C’erano anche altre montagne ammassate attorno al Cori. Al confronto, esse non sembravano nulla di più di termitai, sebbene in realtà ognuna di esse possedesse un maestoso assortimento di colli, crinali, pareti, dirupi, pendii sassosi e ghiacciai che qualsiasi normale catena montuosa avrebbe gradito poter rivendicare come proprio.

Tra le più alte di esse, ad una estremità di una vallata a forma di imbuto, abitavano gli Ascoltatori.

Si trattava di una delle sette religiose più antiche del Disco, sebbene anche gli stessi dei fossero divisi rispetto al fatto che gli Ascoltatori rappresentassero una religione vera e propria. Tutto questo aveva evitato che il loro tempio venisse spazzato via da un paio di valanghe ben indirizzate, visto che anche gli dei erano curiosi di sapere che cosa gli Ascoltatori potessero Sentire. Se esiste una cosa che infastidisce davvero un dio è di non sapere qualche cosa.

A Morty occorsero parecchi minuti per arrivarvi. Una fila di puntini potrebbe riempire comodamente il tempo, ma il lettore starà già notando la strana forma del tempio… arrotolato come una gigantesca ammonite bianca al fondo della vallata… e desidererà, probabilmente, qualche spiegazione.

Il fatto è che gli Ascoltatori stanno cercando di scoprire che cosa ha detto precisamente il Creatore quando ha creato l’universo.

La teoria è alquanto semplice.

È ovvio che nulla di quello che ha fatto il Creatore può mai venire distrutto, il che significa che la eco di quelle prime sillabe deve essere ancora in giro da qualche parte, balzando e rimbalzando contro tutta la materia del cosmo ma ancora udibile per un ascoltatore veramente bravo.

In epoche remote, gli Ascoltatori avevano scoperto che il ghiaccio e il caso avevano scavato questa vallata rendendola un perfetto opposto acustico di una vallata che produce una eco e vi avevano costruito il loro tempio a più camere nella esatta posizione che occupa una poltrona nella casa di uno sfegatato fanatico di Hi-fi. Deflettori complessi intrappolavano e amplificavano il suono che veniva incanalato su per la valle gelata, veicolandolo verso l’interno nella camera centrale in cui, a ogni ora del giorno e della notte, erano sempre seduti tre monaci svegli.

In ascolto.

C’erano però alcuni problemi causati dal fatto che essi non udivano soltanto le flebili eco delle prime parole, ma anche ogni altro suono prodotto sul Disco. Per estrapolare il suono delle Parole, dovevano imparare a riconoscere tutti gli altri rumori. Questo richiedeva un certo talento e un novizio veniva accettato per l’addestramento soltanto se era in grado di distinguere, a giudicare solo dal suono, su quale faccia era caduta una moneta alla distanza di un chilometro. Non era però accolto all’interno dell’ordine finché non avesse saputo anche dire di che colore essa fosse.

Sebbene i Santi Ascoltatori fossero così isolati, molte persone avevano intrapreso il pericolosissimo e lunghissimo cammino che arrivava al loro tempio, viaggiando attraverso territori ghiacciati, infestati dai troll, guadando rapidi e gelidi fiumi, arrampicandosi su montagne proibitive, scarpinando per la tundra inospitale per riuscire a salire la stretta scalinata che conduceva nella vallata nascosta e cercare con cuore aperto i segreti dell’essere.

E i monaci gridavano loro dietro: «Abbassate quel maledetto volume!»

Binky arrivò attraverso le cime delle montagne come una foschia bianca, toccando terra nel vuoto nevoso di un cortile reso spettrale dalla luce del Disco proveniente dal cielo. Morty balzò giù dalla sua groppa e corse attraverso i chiostri silenti fino alla stanza in cui l’ottantottenne abate giaceva morente, circondato dai suoi devoti seguaci.

I passi di Morty rimbombavano mentre lui si affrettava attraverso il pavimento dal complesso disegno a mosaico. I monaci stessi indossavano sovrascarpe di lana.

Raggiunse il letto e si fermò un istante, aggrappandosi alla falce per riprendere fiato.

L’abate, che era piccolo, completamente calvo e aveva più rughe di un sacchetto pieno di prugne secche, aprì gli occhi.

«Sei in ritardo» sussurrò, poi morì.

Morty deglutì, ansimò e lo fendette con la falce con un lento movimento ad arco. Nonostante tutto fu piuttosto preciso: l’abate si sedette, lasciando la salma dietro di sé.

«Nemmeno un minuto di anticipo» disse con una voce che soltanto Morty poteva udire. «Mi sono spaventato per un istante.»

«Tutto a posto?» chiese Morty. «Adesso però devo scappare…»

L’abate balzò giù dal letto e si incamminò verso Morty passando attraverso i ranghi dei suoi seguaci dolenti.

«Non scappar via» disse. «Aspetto sempre con ansia queste chiacchierate. Che è successo alla solita tipa?»

«Solita tipa?» chiese Morty sconcertato.

«Alta. Mantello nero. Non le danno abbastanza da mangiare, a giudicare dall’aspetto» disse l’abate.

«Solita tipa? Vuoi dire la Morte» disse ancora Morty.

«Esattamente lei» rispose allegramente l’abate. Morty restò a bocca aperta.

«Sei morto un sacco di volte, eh?» riuscì a dire Morty.

«Abbastanza. Abbastanza. Ovviamente» rispose l’abate «una volta che hai capito come si fa è solo una questione di pratica.»

«Davvero?»

«Dobbiamo andare» disse l’abate. La bocca di Morty si richiuse di scatto.

«È esattamente quello che stavo cercando di dire» disse.

«Se soltanto mi potessi lasciare giù nella vallata» continuò a dire placidamente il piccolo monaco. Superò impettito Morty e si diresse verso il cortile. Morty fissò per un attimo il pavimento e poi gli corse dietro in una maniera che sapeva essere estremamente poco professionale e dignitosa.

«Adesso stammi a sentire…» cominciò a dire.

«Ricordo che quell’altra aveva un cavallo che si chiamava Binky» disse con gentilezza l’abate. «Hai rilevato il suo esercizio?»

«Esercizio?» domandò Morty, ora completamente perduto.

«O qualsiasi cosa fosse. Scusami» disse l’abate «non so con esattezza come sono organizzate queste cose, ragazzo.»

«Morty» disse Morty con espressione assente. «E penso che tu sia tenuto a tornare indietro con me. Se non ti dispiace» aggiunse, in quello che sperava fosse un atteggiamento autoritario e deciso. Il monaco si voltò e gli sorrise con delicatezza.

«Mi piacerebbe proprio potere» disse. «Forse un giorno. Ora, se mi potessi dare un passaggio fino al villaggio più vicino, suppongo che mi si stia per concepire più o meno adesso.»

«Concepire? Ma se sei appena morto!» disse Morty.

«Sì, però, vedi, ho quello che tu potresti definire un abbonamento stagionale» spiegò l’abate.

Morty cominciò a vederci chiaro anche se molto lentamente.

«Oh» disse «ho sentito parlare di una cosa del genere. Reincarnazione, eh?»

«Quella è la parola. Fino a ora cinquantatré volte. Oppure cinquantaquattro.»

Binky sollevò lo sguardo mentre i due si avvicinavano e, quando l’abate gli accarezzò il muso, fece un breve cenno col capo dimostrando di averlo riconosciuto. Morty balzò in sella e aiutò a salire anche l’abate dietro di sé.

«Deve essere molto interessante» disse mentre Binky si sollevava allontanandosi dal tempio. Nella scala assoluta dei luoghi comuni questo commento doveva inoltrarsi di parecchio all’interno dei numeri negativi, ma Morty non riusciva a pensare a nulla di meglio da dire.