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Lo guardò meglio.

Alla fine lui disse: «Bene… potesti lasciarmi la mano, per favore? Grazie… primo, le guardie, probabilmente non mi potrebbero vedere, secondo non scopriresti mai perché mi trovo qui e hai tutto l’aspetto di una che odia non sapere le cose, e terzo…»

«Come terzo che?» chiese lei.

La bocca di lui si aprì e si richiuse. Morty desiderava dirle: "Come terza cosa, tu sei così bella o almeno molto attraente, comunque ben più attraente di qualsiasi altra ragazza io abbia incontrato, sebbene debba ammettere di non averne incontrate moltissime." Da questo si deduce che l’innata onestà di Morty non lo farà mai diventare un poeta: se Morty dovesse mai confrontare una ragazza ad una giornata estiva, la descrizione sarebbe seguita da una completa spiegazione di che tipo di giornata lui avesse in mente e se stesse o no piovendo in quel momento. Date le circostanze, non fu assolutamente un danno che non riuscisse a spiccicar parola.

Keli sollevò la candela e guardò la finestra. Era integra. Lo stipite in pietra era intatto. Ogni pannello, con la sua vetrata raffigurante i blasoni araldici di Sto Lat era intera. Guardò nuovamente Morty.

«Lascia perdere la terza cosa» disse lei «torniamo alla seconda.»

Un’ora dopo, l’alba raggiunse la città. La luce del giorno sul Disco fluttua, più che correre, in quanto essa viene rallentata dallo stabile campo magico del mondo e rotola quindi attraverso le pianure come un mare dorato. La città sul picco ne sporse al di fuori per un istante come un castello di sabbia nella marea, finché il giorno non le mulinò attorno e risalì verso l’alto.

Morty e Keli sedevano l’uno accanto all’altra sul letto di lei. La clessidra giaceva fra di loro. Non era rimasta più sabbia nel bulbo superiore.

Dall’esterno provenivano i suoni del castello che si svegliava.

«Io continuo a non capire» disse lei. «Significa forse che sono morta o che non lo sono?»

«Significa che saresti dovuta esserlo» disse lui «secondo il fato o qualsiasi altra cosa sia. Non ho studiato ancora bene la teoria.»

«E tu avresti dovuto uccidermi?»

«No! Voglio dire, no, ti avrebbe ucciso l’assassino. Ho già cercato di spiegarti tutto questo» disse Morty.

«Perché non glielo hai lasciato fare?»

Morty la fissò inorridito.

«Tu volevi morire?»

«Ovviamente no. Ma sembra che quello che la gente vuole sia del tutto ininfluente, no? Sto cercando di essere sensata.»

Morty si fissò le ginocchia. Quindi si alzò in piedi.

«Penso che farei meglio ad andarmene» disse freddamente.

Smontò la falce e la infilò nel fodero dietro alla sella. Guardò quindi la finestra.

«Sei passato attraverso quella» disse Keli cercando di rendersi utile. «Ascoltami, quando ho detto…»

«Si può aprire?»

«No. C’è una terrazza lungo il corridoio. Ma la gente ti vedrà!»

Morty la ignorò, aprì la porta e condusse Binky sul corridoio. Keli gli corse dietro. Un’ancella si fermò, fece un inchino e corrugò leggermente la fronte mentre il suo cervello le faceva saggiamente respingere l’idea di aver visto un cavallo enorme che camminava lungo il tappeto.

La terrazza dava su uno dei cortili interni. Morty gettò un’occhiata da sopra al parapetto, quindi montò in sella.

«Stai attenta al duca» disse lui. «C’è lui dietro tutto questo.»

«Mio padre mi ha sempre messo in guardia contro quell’uomo» rispose la principessa. «Infatti ho assunto un assaggiatore.»

«Dovresti anche avere una guardia del corpo» disse Morty. «Io devo andare. Ho delle cose importanti da fare. Addio» aggiunse, in quello che sperava risultare il tono adeguato a uno spirito ferito.

«Ti vedrò ancora?» chiese Keli. «Ci sono moltissime cose che vorrei…»

«Potrebbe non essere una buona idea, se pensi soltanto a quello» disse Morty con tono altezzoso. Schioccò la lingua e Binky balzò nell’aria, superò il parapetto e galoppò nell’azzurro cielo mattutino.

«Volevo dirti grazie!» gli gridò Keli alle spalle.

L’ancella che non era riuscita a superare la sensazione che ci fosse qualche cosa di storto e che l’aveva quindi seguita, domandò: «Sta bene, signora?»

Keli la guardò distrattamente.

«Cosa?» le chiese.

«Mi chiedevo soltanto… se andava tutto bene.»

Keli incurvò le spalle.

«No» disse. «Va tutto assolutamente male. C’è un assassino morto nella mia camera da letto. Potresti farmi il piacere di farci qualcosa?

«E…» sollevò una mano… «non voglio che tu dica ’Morto, signora? oppure Assassino, signora?’ oppure che tu gridi o faccia qualcosa del genere, voglio soltanto che tu ti occupi della cosa. Silenziosamente. Penso che mi sia venuto il mal di testa. Quindi, annuisci e basta.»

L’ancella annuì, fece un inchino con atteggiamento incerto e tornò sui propri passi.

Morty non fu certo di come fosse tornato indietro. Il cielo si trasformò semplicemente da un azzurro ghiaccio ad un grigio cupo mentre Binky rallentava entrando nella breccia fra le dimensioni. Egli non atterrò sul nero terreno della proprietà della Morte, quello era semplicemente , sotto i suoi piedi, come se una portaerei avesse fatto una delicata manovra per sistemarsi sotto ad un jet e risparmiare al pilota tutta la fatica dell’atterraggio.

L’imponente cavallo trottò nel cortile della scuderia e si fermò di fronte alla doppia porta, agitando la coda. Morty scese a terra e corse verso la casa.

E si fermò, tornò indietro di corsa, riempì la mangiatoia e corse verso la casa, si fermò, bofonchiò qualcosa fra sé, tornò indietro di corsa, strigliò il cavallo, controllò il secchio dell’acqua e corse verso la casa, tornò indietro di corsa un’altra volta e staccò la coperta del cavallo dal gancio sulla parete e gliela agganciò addosso. Binky gli strofinò contro il muso con grande dignità.

Sembrava non esserci in giro nessuno quando Morty sgattaiolò in casa, dalla porta sul retro, e si fece strada verso la biblioteca, dove anche a quest’ora della notte l’aria pareva essere di cocente polvere secca. Gli sembrò che gli fossero occorsi degli anni per localizzare la biografia della principessa Keli, ma alla fine la trovò. Era un volume sottile in maniera avvilente posto su una scansia raggiungibile soltanto tramite la scala della biblioteca, una struttura traballante su ruote che assomigliava notevolmente a una antica macchina d’assedio.

Con dita tremanti aprì il libro all’ultima pagina, e mugolò.

"L’assassinio della principessa all’età di quindici anni" lesse "fu seguito dall’unione di Sto Lat e Sto Helit e, indirettamente, dal collasso delle città stato della pianura centrale e dalla nascita di…"

Lui continuò a leggere, incapace di fermarsi. Di tanto in tanto, mugolava ancora.

Alla fine rimise il libro a posto, esitò, quindi lo spinse dietro qualche altro volume. Poteva sentirne ancora la presenza mentre scendeva giù dalla scala che scricchiolava, denunciando la sua incriminante esistenza al mondo intero.

Esistevano poche navi dirette verso l’oceano, sul Disco. Nessun Capitano gradiva avventurarsi lontano dalla vista della costa. Era un fatto estremamente spiacevole che le navi che apparivano essere ad una distanza tale da stare superando il margine del mondo non stessero in effetti sparendo dietro l’orizzonte, ma stessero realmente cadendo giù dal Bordo di esso.

Più o meno ad ogni generazione qualche esploratore entusiasta dubitava di questa storia e partiva per poterne dimostrare la falsità. Cosa alquanto strana, nessuno di essi era mai tornato indietro per rivelare il risultato delle sue scoperte.

La seguente analogia, quindi, sarebbe stata priva di significato per Morty.

Lui si sentiva come se fosse naufragato con il Titanic ma, nello stesso istante, fosse stato tratto in salvo. Dal Lusitania.