Si sentiva come se avesse lanciato una palla di neve sotto l’impulso del momento e stesse ora guardando la risultante valanga spazzar via tre stazioni sciistiche.
Sentiva la storia che si sfasciava attorno a sé.
Sentiva di aver bisogno di qualcuno con cui parlare, e in fretta.
Questo significava o Albert o Ysabell, visto che il pensiero di spiegare tutto ai piccoli puntini azzurrognoli non era proprio quello che intendeva prendere in considerazione dopo una lunga nottata. Nelle rare occasioni in cui Ysabell si era degnata di guardare nella sua direzione ella aveva chiarito che l’unica differenza che scorgeva fra Morty e un gufo morto era il colore. Per quanto riguardava Albert…
D’accordo, non era il confidente perfetto, era tuttavia decisamente il migliore, potendo scegliere fra uno solo.
Morty scivolò lungo i gradini e intraprese la strada di ritorno attraverso le scansie cariche di libri. Anche un sonnellino di qualche ora non sarebbe stata una idea malvagia.
Udì quindi un rantolo, alcuni veloci passi di corsa e lo sbattere di una porta. Quando sbirciò attorno alla più vicina libreria, non c’era nulla a parte uno sgabello con un paio di libri appoggiati sopra. Ne prese in mano uno e gettò uno sguardo al nome, quindi ne lesse qualche pagina. Accanto ad esso si trovava un fazzoletto di pizzo umido.
Morty si alzò tardi e si affrettò verso la cucina aspettandosi, da un istante all’altro, di sentire toni profondi di disapprovazione. Non successe nulla.
Albert si trovava di fronte al lavello di pietra, e fissava pensieroso la padella per le patatine fritte, chiedendosi, probabilmente, se fosse arrivato il momento di cambiare l’olio o se fosse il caso di lasciarlo lì ancora per un anno. Si voltò mentre Morty scivolava su una sedia.
«Hai avuto parecchio da fare, allora» disse. «Ho sentito che sei stato a girovagare per casa fino alle ore piccole. Potrei prepararti un uovo. Oppure c’è del porridge.»
«Uovo, grazie» disse Morty. Non aveva mai avuto il coraggio sufficiente a provare il porridge di Albert, che conduceva una vita privata per proprio conto nelle profondità della sua casseruola e corrodeva i cucchiai.
«La padrona ti vuole vedere, dopo» aggiunse Albert «ma ha detto che non ti devi precipitare da lei.»
«Ah.» Morty fissò la tavola. «Ha detto qualcos’altro?»
«Ha detto che non aveva avuto una serata libera da migliaia di anni» disse Albert. «Stava canticchiando. Non mi piace questa cosa. Non l’ho mai vista in questo stato.»
«Oh.» Morty prese la palla al balzo. «Albert, tu sei qui da molto tempo?»
Albert guardò verso di lui da sopra gli occhiali.
«Forse» disse. «È difficile tenere il conto del tempo esterno, ragazzo. Sono qui da quando è morto il vecchio re.»
«Quale re, Albert?»
«Mi sembra si chiamasse Artorollo. Ometto piccolo e grasso. Voce stridula. Comunque l’ho visto soltanto una volta.»
«Dove?»
«Ad Ankh, ovviamente.»
«Cosa?» disse Morty. «Ad Ankh-Morpork non esistono re, lo sanno tutti!»
«È successo un bel po’ di tempo fa, te l’ho detto» continuò Albert. Si versò una tazza di te dalla teiera personale della Morte e si sedette, con uno sguardo sognante negli occhi cisposi. Morty aspettava trepidante.
«Ed erano re a quei tempi, veri re, non del tipo che c’è adesso in giro. Erano monarchi» proseguì Albert, versando con grande cura del te nel piattino e sventolandolo con atteggiamento cerimonioso con il bordo della sua sciarpa. «Voglio dire, erano saggi e giusti, insomma, abbastanza saggi. Non ci avrebbero pensato due volte prima di farti staccare la testa appena ti avessero beccato» aggiunse con l’espressione di chi approva. «E tutte le regine erano alte e pallide e indossavano quella specie di passamontagna…»
«Il soggolo?» chiese Morty.
«Già, proprio quello e le principesse erano belle quanto il giorno è lungo e tanto nobili che… che potevano far passare un pisciarello attraverso dodici materassi…»
«Cosa?»
Albert esitò. «Be’, comunque era qualcosa del genere» ammise. «E c’erano balli, tornei ed esecuzioni. Gran bei tempi.» Sorrise sognante ai suoi ricordi.
«Non come i tempi di adesso» disse, emergendo di cattivo umore dal suo sogno ad occhi aperti.
«Hai degli altri nomi, Albert?» chiese Morty. Ma il breve incantesimo era stato rotto e il vecchio non sarebbe stato più adescato.
«Oh, lo so» disse bruscamente «appena hai il nome di Albert ti precipiterai a guardare quel che c’è scritto di lui in biblioteca, non è così? Investigando e cacciando il naso. Ti conosco, stai immerso nella lettura fino alle ore piccole a controllare le vite delle giovani donne…»
Gli araldi della colpa dovevano aver sbandierato le loro trombe ossidate all’interno degli occhi di Morty, in quanto Albert emise una risata chioccia e lo pungolò con un dito ossuto.
«Potresti almeno rimetterli dove li hai trovati» disse «e non lasciarne dei mucchi in giro da far riporre al vecchio Albert.»
«In ogni caso non è giusto smaniare per piccole povere morte. Potrebbe finire con l’accecarti.»
«Ma io ho soltanto…» cominciò a dire Morty, poi si ricordò del fazzoletto di pizzo umido che aveva in tasca e chiuse la bocca.
Lasciò Albert bofonchiare fra sé mentre lavava i piatti e scivolò nuovamente in biblioteca. La pallida luce del sole si proiettava all’interno, passando dalle immense finestre, sbiadendo dolcemente le copertine dei pazienti, antichi volumi. Di tanto in tanto, un granello di polvere rifletteva la luce mentre fluttuava attraverso i dardi dorati e lampeggiava come una supernova in miniatura.
Morty sapeva che se si fosse messo ad ascoltare con grande concentrazione, avrebbe potuto sentire il crepitio da insetto dei libri mentre essi si auto-scrivevano.
Un tempo Morty l’aveva trovato inquietante. Ora lo trovava… rassicurante. La cosa dimostrava che l’universo stava scorrendo liscio come l’olio. La sua coscienza, che aveva cercato un po’ di sollievo, gli ricordò allegramente che l’universo poteva anche stare procedendo liscio come l’olio ma che certamente si stava dirigendo dalla parte sbagliata.
Si fece strada attraverso il labirinto di scansie fino alla misteriosa pila di libri e trovò che era sparita. Albert era stato in cucina e Morty non aveva mai visto la Morte entrare personalmente nella biblioteca. E allora che ci stava cercando Ysabell?
Gettò un’occhiata alla parete di scansie che gli torreggiavano sopra e sentì lo stomaco farglisi di ghiaccio quando pensò a quello che stava per accadere…
Non poteva farci assolutamente nulla. Doveva trovare qualcuno con cui parlarne.
Nel frattempo anche Keli stava trovando difficile la vita.
Questo in quanto la causalità aveva una incredibile forza di inerzia. Il colpo mal assestato di Morty, provocato da rabbia, disperazione e amore nascente, l’aveva indirizzata su una nuova rotta ma essa, la causalità, non se ne era ancora accorta. Lui aveva dato un calcio alla coda del dinosauro, ma ci sarebbe voluto del tempo prima che l’altra estremità si rendesse conto che era arrivato il momento di dire: "Ahi!"
In breve, l’universo sapeva che Keli era morta e fu di conseguenza alquanto sorpreso di scoprire che lei non aveva ancora smesso di camminare e di respirare.
Questo si rendeva evidente in piccoli dettagli. I cortigiani che le avevano gettato furtive e strane occhiate durante la mattinata non sarebbero stati in grado di dire perché la vista di lei li faceva sentire insolitamente a disagio. Con estremo imbarazzo da parte loro e con grave dispetto da parte sua, essi si trovarono a ignorarla o a parlare a voce bassissima.
Il Ciambellano scoprì che aveva dato istruzioni perché lo stendardo reale fosse issato a mezz’asta e, per tutto l’oro del mondo, non avrebbe saputo spiegare il perché. Venne gentilmente condotto al proprio letto in preda a una lieve crisi di nervi dopo avere ordinato mille metri di stamigna nera senza nessun motivo apparente.