La coscia di pollo non aveva fatto molto per riempire il vuoto lasciato nello stomaco dall’assenza del pranzo e lei sottrasse un paio di mele da una bancarella, prendendosi mentalmente un appunto per far scoprire al ciambellano quanto costassero le mele e per fargli inviare dei soldi al proprietario della bancarella.
Scarmigliata, alquanto sudicia e con un leggero odore di sterco di cavallo, arrivò infine alla porta di Bentagliato. Il battaglio le procurò qualche problema. Per quella che era la sua esperienza, le porte le si aprivano davanti: c’erano delle persone addette che lo facevano.
Era talmente sconvolta che non notò nemmeno che il battaglio le fece l’occhietto.
Provò ancora una volta e pensò di avere udito un lontano botto. Dopo qualche tempo la porta si aprì di pochi centimetri e lei ebbe un colpo d’occhio su una faccia rotonda e rubizza che aveva in cima dei capelli riccioluti. Il piede destro di lei la stupì, inserendosi intelligentemente nel piccolo varco aperto.
«Esigo di vedere il mago» proclamò lei. «Prego, introducimi all’istante.»
«Al momento è alquanto impegnato» disse quel volto. «Stavi cercando una pozione amorosa?»
«Una che?»
«Ho… abbiamo uno speciale unguento di Bentagliato, Schermo di Passione» disse il volto, e le fece l’occhietto in maniera allarmante. «Ti fornisce dei bei salti alla cavallina garantendoti nel frattempo il fallimento del raccolto, se intendi quel che voglio dire.»
Keli si adombrò. «No» mentì freddamente «non capisco.»
«Colpi d’ariete? Lunghe fermate femminili? Collirio di Belladonna?»
«Esigo…»
«Mi dispiace, siamo chiusi» disse il volto e chiuse la porta. Keli ritirò il piede appena in tempo.
Mormorò fra sé qualche parola che avrebbe sbalordito e scioccato i suoi tutori e picchiò con forza contro lo stipite.
Il tamburellamento del suo martellare contro la porta rallentò improvvisamente mentre le affiorava alla mente una nuova consapevolezza.
Lui l’aveva vista! L’aveva sentita!
Lei ricominciò a picchiare contro la porta con rinnovato vigore, strillando con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Una voce al suo orecchio disse: «Non funfionerà. Lui è molto teftardo.»
Lei si guardò lentamente attorno ed incontrò lo sguardo impertinente del battaglio. Inarcava le sopracciglia metalliche mentre le parlava con pronuncia impacciata attraverso l’anello di ferro lavorato.
«Io sono la Principessa Keli, erede al trono di Sto Lat» disse lei altezzosa, cercando di nascondere il proprio terrore. «E non parlo con arredamenti da porta.»
«Beniffimo, io fono invece un battaglio e poffo parlare con tutti quelli che mi aggradano» disse gentilmente la gargolla. «E poffo anche dirti che il maeftro ha avuto una giornata pefante e che non vuole effere difturbato. Però potrefti provare ad ufare la parolina magica» aggiunse. «Da parte di una donna attraente funfiona nove volte fu otto.»
«Parola magica? Qual è la parola magica?»
Il battaglio sghignazzò in maniera ben udibile. «Non ti è ftato infegnato niente, fignorina?»
Lei si raddrizzò in tutta la sua altezza, cosa che non valeva affatto lo sforzo. Sentiva di avere avuto a sua volta una giornata pesante. Suo padre aveva ammazzato personalmente centinaia di nemici in battaglia. Lei sarebbe dovuta essere in grado di affrontare un battaglio.
«Io sono stata educata» lo informò lei con gelida precisione «dai più insigni istruttori del paese.»
Il battaglio non sembrò rimanere particolarmente impressionato.
«Fe non ti hanno nemmeno infegnato la parolina magica» disse in tono pacato «non poffono certo effere ftati poi tanto infigni.»
Keli allungò una mano, afferrò il pesante anello e lo sbatté contro la porta. Il battaglio le gettò un’occhiata impudica.
«Fì, trattami in modo rude» biascicò. «È la cofa che preferifco!»
«Sei disgustoso!»
«Fì. Oooo, quefto fì che è ftato bello, fallo ancora…»
La porta si aprì di uno spiraglio. Si vedeva soltanto un ciuffo di capelli ricci.
«Mia cara, ho detto che siamo chiu…»
Keli sprofondò.
«Per favore aiutami» disse. «Per favore!»
«Vifto?» disse il battaglio con aria trionfante. «Prima o poi tutti ricordano la parolina magica!»
Keli aveva presenziato a funzioni ufficiali ad Ankh-Morpork e aveva visto maghi anziani dell’Università Invisibile, l’università di magia più importante del Disco. Alcuni di essi erano stati alti e la maggior parte era stata grassa, quasi tutti poi erano stati vestiti in maniera lussuosa o, almeno, avevano ritenuto di esserlo.
In effetti esistevano delle mode per quanto riguardava la magia come per la maggior parte delle arti mondane, e la tendenza ad apparire come vecchi consiglieri era stata soltanto temporanea. Precedenti generazioni avevano smaniato per avere un aspetto emaciato ed interessante, oppure druidico e stracciato, oppure misterico e saturnino. Keli però era abituata a maghi simili ad una specie di piccola montagna dai bordi di pelliccia con una voce ansimante e Igneus Bentagliato non rispondeva precisamente a quella immagine.
Era giovane. Be’, per quello non ci si poteva fare nulla, presumibilmente anche i maghi dovevano nascere giovani. Non aveva la barba e l’unica cosa con cui era bordata la sua tunica alquanto sudicia era un orlo sfrangiato.
«Gradiresti da bere o qualcos’altro?» chiese il mago scalciando in maniera surrettizia una vestaglia sporca sotto la tavola.
Keli si guardò attorno per cercare un posto su cui sedersi che non fosse occupato da biancheria o stoviglie sporche e scosse la testa. Bentagliato notò la sua espressione.
«Temo che ci sia un po’ di disordine» aggiunse immediatamente, dando una gomitata ai resti di una salsa all’aglio e facendola cadere sul pavimento. «La signora Nugent viene a fare i mestieri due volte alla settimana, di solito ma è andata a trovare sua sorella che ha uno dei suoi periodi. Sei sicura? Non è un problema. Ho visto giusto ieri una tazza pulita proprio qui.»
«Ho un problema, Bentagliato» disse Keli.
«Aspetta un momento.» L’uomo allungò una mano verso un gancio che si trovava sopra il camino e tirò giù un cappello a punta che aveva visto tempi migliori, sebbene, a giudicare dall’aspetto, essi non dovessero essere stati molto migliori, e poi disse: «Benissimo. Spara.»
«Che cosa c’è di tanto importante nel cappello?»
«Oh, è assolutamente essenziale. Devi avere il cappello adatto per praticare la magia. Noi maghi conosciamo bene questo genere di cose.»
«Se lo dici tu. Ascolta: puoi vedermi?»
Lui la scrutò. «Sì. Sì, direi decisamente che posso vederti.»
«E sentirmi? Tu riesci a sentirmi, vero?»
«Chiaro e forte. Sì. Ogni sillaba al posto giusto. Nessun problema.»
«Allora saresti sorpreso se ti dicessi che non può farlo nessun altro in tutta la città?»
«Eccetto io?»
Keli sbuffò. «E il battaglio della tua porta.»
Bentagliato prese una seggiola e si sedette. Strizzò leggermente gli occhi. Una espressione estremamente dubbiosa gli passò sul volto. Si alzò in piedi, allungò una mano dietro di sé e tirò fuori una massa piatta e rossastra che doveva essere stata un tempo mezza pizza.[2] La fissò con grande rimpianto.
«L’ho cercata per tutta la mattina, ci crederesti?» disse. «Era una quattro stagioni con aggiunta di peperoncino.» Spiluccò tristemente la sagoma spiaccicata e, all’improvviso, si ricordò di Keli.
2
La prima pizza venne creata sul Disco dal mistico klatchiano Ronron "Joe Rivelazione" Shuwadhi, che sosteneva di avere ottenuto la ricetta, in sogno, dal Creatore dello stesso Mondo Disco, il Quale aveva apparentemente confidato che quello era stato tutto ciò che aveva stabilito di creare già dall’inizio. Quei viaggiatori del deserto che avevano visto l’originale, che si tramanda sia miracolosamente conservato nella Città Proibita di Ee, dicono che quello che il Creatore aveva in mente allora era un piccolo affare con formaggio e peperoni con qualche oliva nera (
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