Morty si chiese, afflitto, come mai lui non fosse stato scelto. Aveva cercato di assumere un aspetto rispettabile e aveva guardato tutti i potenziali maestri diritto negli occhi per dare loro l’impressione di avere un carattere eccellente e qualità estremamente apprezzabili.
Questo sembrava però non avere sortito l’effetto giusto.
«Ti va una polpetta?» gli chiese suo padre.
«No.»
«Le sta vendendo a un prezzo bassissimo.»
«No. Grazie.»
«Oh!»
Lezek esitò.
«Potrei chiedere a quell’uomo se ha bisogno di un apprendista» disse, cercando di essere d’aiuto. «Il mercato alimentare è molto affidabile.»
«Non penso che ne abbia bisogno» disse Morty.
«No, probabilmente no» confermò Lezek. «Immagino che sia un commercio per un uomo solo. Adesso poi se ne sta anche andando. Sai che ti dico, te ne lascerò un po’ della mia.»
«A dire il vero non ho molta fame, papà.»
«C’è pochissimo scarto.»
«No. Ma grazie lo stesso.»
«Oh.» Lezek si lasciò leggermente andare. Ballonzolò attorno per far scorrere un po’ di sangue nei piedi e fischiò un paio di note prive di melodia fra i denti. Sentiva che avrebbe dovuto dire qualche cosa, che avrebbe dovuto fornire un qualche consiglio, che avrebbe dovuto spiegare che la vita aveva i suoi alti e bassi, che avrebbe dovuto mettere un braccio attorno alle spalle del figlio e parlargli in modo esplicito dei problemi della crescita, che avrebbe dovuto chiarirgli … in breve… che il mondo è un buffo vecchio posto in cui non si dovrebbe mai, metaforicamente parlando, essere tanto orgogliosi da declinare l’offerta di una ottima polpetta di carne calda.
Adesso erano soli. Il ghiaccio, l’ultimo dell’anno, serrava la sua morsa sui sassi.
Su nella torre che si trovava sopra di loro una ruota dentata scattò, spostò una leva, rilasciò un dente d’arresto e fece cadere giù un grave peso di piombo. Si avvertì un terribile rumore cigolante e metallico e gli sportelli sul quadrante dell’orologio si spalancarono, facendo uscire i pupazzi del carillon. Agitando a scatti i loro martelli, come se fossero afflitti da una artrite robotica, essi cominciarono ad annunciare l’arrivo del nuovo giorno.
«Be’, ecco fatto» disse Lezek, speranzoso. Dovevano trovare un posto in cui andare a dormire… la notte di della Posta del Cinghiale non era adatta per camminare attraverso le montagne. Forse c’era una stalla da qualche parte…
«Non è ancora mezzanotte fino all’ultimo rintocco» disse Morty con voce assente.
Lezek scrollò le spalle. La semplice forza dell’ostinazione di Morty lo stava sconfiggendo.
«D’accordo» disse. «Allora aspetteremo.»
A quel punto sentirono il clip-clop di zoccoli che rimbombavano nella piazza deserta ben più fragorosamente di quanto non avrebbe dovuto permettere la normale acustica. A dire il vero, clip-clop era un termine assolutamente inadeguato per il genere di rumore che riecheggiava nella testa di Morty: clip-clop suggeriva l’immagine di un giocoso piccolo pony, che doveva avere addosso, possibilmente, un cappellino di paglia con due fori per farci passare le orecchie. Una strana sfumatura in questo rumore rendeva completamente chiaro il fatto che non ci fossero cappellini di paglia come optional.
Il cavallo entrò in piazza passando dalla strada del Centro, mentre il vapore gli si alzava a spirali dagli enormi e bianchi fianchi umidi e delle scintille si sollevavano dai ciottoli sotto i suoi zoccoli. Trottava in maniera baldanzosa, come un destriero da carica di guerra. Decisamente non aveva addosso alcun cappellino di paglia.
L’alta figura che gli stava in groppa era ben coperta contro il freddo. Quando il cavallo raggiunse il centro della piazza il cavaliere smontò, lentamente, e armeggiò con qualcosa che si trovava dietro la sella. Alla fine lui… o lei… tirò fuori un sacco del foraggio, lo fissò sopra le orecchie del cavallo e gli diede un’amichevole pacca sul collo.
L’aria cominciò ad assumere una qualità spessa, untuosa, e le profonde ombre attorno a Morty acquistarono ai bordi una sfumatura di arcobaleni blu e purpurei. Il cavaliere avanzò verso di lui, col nero mantello che svolazzava e i piedi che producevano dei leggeri ticchettii sui ciottoli. Erano gli unici rumori che si potevano sentire… il silenzio aveva attanagliato la piazza come se le avesse compresso sopra enormi cumuli di bambagia.
Quell’effetto impressionante venne alquanto attenuato da una lastra di ghiaccio.
OH, BASTARDA.
Non si trattava precisamente di una voce. Le parole erano certamente presenti, tuttavia erano arrivate nella testa di Morty senza preoccuparsi di passare prima attraverso le orecchie.
Lui corse in avanti per aiutare la figura caduta a terra e si trovò ad afferrare una mano che non era nulla di più se non lucido osso, levigato e alquanto ingiallito, come una vecchia palla da biliardo. Il cappuccio della sagoma cadde all’indietro e un nudo teschio voltò le orbite vuote nella sua direzione.
Tuttavia esse non erano completamente vuote. Nelle loro profondità, come se fossero finestre che guardavano attraverso abissi spaziali, c’erano due piccole stelle azzurre.
A Morty venne in mente che si sarebbe dovuto sentire terrorizzato, e così rimase alquanto scioccato nello scoprire che non lo era affatto. C’era uno scheletro seduto lì, di fronte a lui, che si sfregava le ginocchia bofonchiando fra sé, ma era uno scheletro vivente, destava una notevole impressione ma, per qualche strambo motivo, non era particolarmente terrificante.
«GRAZIE, RAGAZZO» disse il teschio. «COME TI CHIAMI?»
«Ehm» disse Morty. «Mortimer, signore. Però mi chiamano Morty.»
«MA GUARDA CHE COINCIDENZA» disse il teschio. «AIUTAMI A RIMETTERMI IN PIEDI.»
La figura si sollevò barcollando, spazzolandosi il vestito. Adesso Morty poteva vedere che essa aveva una pesante cintura attorno alla vita, dalla quale pendeva una spada dall’elsa bianca.
«Spero che non si sia fatto male, signore» disse lui cortesemente.
Il cranio sogghignò. Era ovvio, pensò Morty, non aveva un gran che da scegliere.
«NON MI SON FATTA NULLA, NE SONO CERTA.» Il teschio si guardò attorno e sembrò notare allora per la prima volta Lezek, che pareva essersi congelato sul posto. Morty ritenne che fosse necessaria una spiegazione.
«Mio padre» disse, cercando di spostarsi in modo protettivo di fronte all’Oggetto in Mostra Numero Uno senza procurargli offesa. «Mi scusi, signore, ma lei è la Morte?»
«ESATTO. IL RAGAZZO MERITA IL MASSIMO PUNTEGGIO PER QUANTO RIGUARDA L’OSSERVAZIONE.»
Morty deglutì.
«Mio padre è un buon uomo» disse. Rifletté per un istante, poi aggiunse «Abbastanza buono. Preferirei che lei lo lasciasse in pace, se per lei è lo stesso. Non so che cosa lei gli abbia fatto, ma mi piacerebbe che la smettesse. Senza offesa.»
La Morte fece un passo indietro, piegando il cranio da una parte.
«HO SEMPLICEMENTE POSTO NOI DUE AL DI FUORI DEL TEMPO PER QUALCHE ISTANTE» disse. «LUI NON VEDRÀ NÉ UDRÀ NULLA CHE LO DISTURBI. NO, RAGAZZO, È PER TE CHE SONO VENUTA.»
«Per me?»
«STAI CERCANDO UN IMPIEGO?»
Una luce di speranza albeggiò in Morty. «Lei sta cercando un apprendista?» chiese.
Le orbite si voltarono verso di lui, con i loro puntini che balenavano.
«OVVIAMENTE.»
La Morte agitò una mano ossuta. Ci fu un’ondata di luce purpurea, una specie di "puff" visibile e Lezek si scongelò. Sopra la sua testa, gli automi del carillon proseguirono il loro lavoro di annunciare la mezzanotte, quando al Tempo venne permesso di tornare indietro.