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Attraverso occhi arrossati, in una maschera di fango e alghe, egli sbirciò verso la sagoma indistinta che gli stava sopra e gridò: «Perché mai mi hai dovuto salvare?»

La risposta lo preoccupò. Ci ripensò mentre ritornava a casa con le scarpe che gli facevano cif-ciaf per l’acqua. Essa gli rimase fissa nel fondo della mente mentre Gwladys si lamentava per lo stato dei suoi vestiti. Gli vorticò nel cervello mentre sedeva e starnutiva con atteggiamento colpevole, accanto al fuoco, visto che il fatto che lui fosse malato era un’altra cosa che Gwladys non approvava. Mentre giaceva rabbrividendo nel letto, essa si piazzò nei suoi sogni come un iceberg. In preda alla febbre egli balbettò: «Che diavolo voleva dire con: "PER DOPO"…?»

Le torce brillavano nella città di Sto Lat. Interi squadroni di uomini erano incaricati di rinnovarle costantemente. Le strade rilucevano. Le fiammelle sfrigolanti ricacciavano indietro le ombre che si erano fatte innocentemente i fatti propri tutte le notti per secoli e secoli. Esse illuminavano gli antichi angoli in cui gli occhi di ratti allibiti scintillavano nelle profondità delle loro tane. Esse costringevano i ladri a restare in casa. Esse rilucevano sulle foschie notturne, formando un’aureola di luce giallastra che oscurava la alte e fredde fiamme che si diffondevano dal Centro. Come prima cosa, però, esse brillavano sul volto della Principessa Keli.

Si trovava ovunque. Ricopriva ogni superficie piatta. Binky passò al galoppo leggero lungo le strade inondate di luce tra la Principessa Keli sulle porte, sui muri e sui frontoni. Morty notò cartelloni raffiguranti la sua amata su ogni superficie in cui i muratori erano stati in grado di fare attaccare la colla di farina.

Cosa anche più strana, nessuno sembrava degnare queste immagini di grande attenzione. Anche se la vita notturna di Sto Lat non era colorita e carica di avvenimenti come quella di Ankh-Morpork, allo stesso modo in cui un cestino della carta straccia non può competere con una discarica municipale, le strade erano comunque stracolme di gente e stridule delle grida di mercanti ambulanti, giocatori d’azzardo, venditori di dolciumi, saltimbanchi, donne per appuntamenti, borsaioli e vi era anche qualche occasionale commerciante onesto che era arrivato lì per sbaglio e adesso non riusciva a raccogliere il denaro sufficiente per andarsene. Mentre Morty cavalcava oltre loro gli arrivarono alle orecchie brandelli di conversazioni in almeno una mezza dozzina di lingue: con una consapevolezza quasi intorpidita lui si rese conto di essere in grado di capirle tutte.

Alla fine smontò e condusse il cavallo lungo la Wall Street, alla vana ricerca della casa di Bentagliato. La trovò solamente in quanto una protuberanza sul cartellone più vicino stava emettendo farfuglii e bestemmie attutiti.

Morty allungò una mano con circospezione e scostò un pezzo di carta.

«Graffie mille» disse la gargolla che fungeva da battaglio. «Roba da non crederfi, eh? Un momento la vita è normale e il momento dopo ti trovi la bocca impaftata di colla.»

«Dov’è Bentagliato?»

«Fi è trafferito al palazzo.» Il battaglio lanciò al ragazzo un’occhiata impudica e strizzò un occhio di ferro battuto. «Fono arrivati degli uomini e hanno portato via tutta la fua roba. Poi ne fono arrivati altri e hanno cominciato ad appiccicare immagini della fua ragazza da tutte le parti. Baftardi» aggiunse.

Morty avvampò.

«La sua ragazza?»

Il battaglio, essendo di fede demoniaca, sogghignò per il suo tono. La risata risuonò come unghie che passano su una lima.

«Già» disse. «Anche a me è fembrato che faceffero le cofe un po’ troppo in fretta.»

Morty era già risalito in sella a Binky.

«Afcolta!» gridò il battaglio dietro la sua schiena. «Afcolta! Non mi potrefti ftaccare da qui, ragazzo?»

Morty tirò le redini di Binky così selvaggiamene che il cavallo indietreggiò e danzò follemente a ritroso sull’acciottolato, quindi allungò una mano e afferrò l’anello del battaglio. La gargolla lo guardò in volto e si sentì improvvisamente un battaglio davvero terrorizzato. Gli occhi di Morty balenavano come crogioli, la sua espressione era simile a una fornace, la sua voce aveva un calore sufficiente a far fondere il ferro. Il battaglio non sapeva che cosa egli sarebbe stato in grado di fare, ma preferiva non scoprirlo.

«Come mi hai chiamato?» sibilò Morty.

Il battaglio rifletté velocemente. «Fignore?» rispose.

«E che cosa mi hai chiesto di fare?»

«Ftaccarmi da qui?»

«Non ho alcuna intenzione di farlo.»

«D’accordo» disse il battaglio «d’accordo. A me va beniffimo cofì. Vorrà dire che refterò attaccato qui ancora un po’, allora.»

Guardò Morty partire al galoppo lungo la strada e rabbrividì dal sollievo, sbatacchiandosi leggermente fra sé per il nervosismo.

«Te la seeeei cavaaata per un peeelo» disse uno dei cardini.

«Chiudi il becco!»

Morty passò davanti ai soldati della guardia notturna, il cui compito sembrava consistere nel suonare campane e gridare il nome della Principessa, anche se lo facevano con una certa qual incertezza, visto che lo ricordavano con fatica. Lui li ignorò, in quanto stava ad ascoltare alcune voci nella sua testa che gli dicevano:

"Lei ti ha incontrato soltanto una volta, pazzo. Perché dovrebbe interessarsi di te?"

"Già, però io le ho salvato la vita…"

"Questo significa che essa appartiene a lei. Non a te. Inoltre, lui è un mago."

"E allora? I maghi non sarebbero tenuti a… a uscire con le ragazze, sono dediti al celebrato."

"Celebrato?"

"Non sono tenuti a fare sai-quel-che-intendo…"

"Cosa, proprio mai sai-quel-che-intendo?" disse la voce interna e suonava come se stesse ridacchiando.

"Si dice che faccia male alla magia" pensò Morty amaramente.

"Che buffo posto per tenere la magia."

Morty era sconcertato. "Chi sei?" chiese.

"Io sono te, Morty. Il tuo io interno."

"Benissimo, vorrei che tu ti levassi dalla mia testa, è già sufficientemente affollata con me."

"Abbastanza" disse la voce "stavo soltanto cercando di esserti di aiuto. Ma ricordati, se dovessi mai avere bisogno di te, tu sarai sempre nei paraggi."

La voce si dissolse.

"Bene" pensò tristemente Morty "dovevo proprio essere io. Sono l’unica persona che mi chiama Morty."

Il colpo provocato da questa rivelazione, fece quasi passare inosservato il fatto che, mentre Morty era stato impegnato nel monologo, aveva cavalcato attraverso le porte del palazzo. Ovviamente le persone cavalcavano attraverso le porte del palazzo ogni giorno, ma la maggior parte di esse aveva bisogno che esse fossero state prima aperte.

Le guardie che si trovavano dall’altra parte si erano irrigidite per il terrore, in quanto avevano pensato di avere visto un fantasma. Probabilmente sarebbero rimaste anche più terrorizzate se avessero saputo che quello che avevano visto era tutto meno che un fantasma.

Anche la guardia posta all’esterno delle porte della grande sala aveva visto tutto, ma aveva avuto il tempo per recuperare una parte della sua presenza di spirito, o quel poco che ne era rimasta, e per sollevare la lancia mentre Binky trottava attraverso il cortile.

«Alt!» gracchiò. «Alt. Chi va là?»

Morty lo vide per la prima volta.

«Cosa?» disse, ancora perso nei propri pensieri.

La guardia si passò la lingua sulle labbra aride e indietreggiò. Morty scivolò giù dalla sella e cominciò ad avanzare.

«Volevo dire, che succede qui?» provò a dire di nuovo la guardia, con un misto di cocciutaggine e stupidità suicida che lo segnalava per una prossima promozione.

Morty afferrò con delicatezza la lancia e la scansò dall’arco della porta. Mentre così faceva, la luce della torcia gli illuminò il volto.