Выбрать главу

«Mi spiace» disse Bentagliato. «Non riesco nemmeno a fare dei buoni tramezzini con la melassa.»

«Mi sembra che l’interfaccia si stia muovendo ad un lento passo di marcia» riprese Morty, leccandosi le dita sovrappensiero. «Puoi fermarla con la magia?»

Bersagliato scosse la testa. «Non io. Mi metterebbe al tappeto» disse allegramente.

«Che ti succederà allora, quando arriverà?»

«Oh, tornerò a vivere a Wall Street. O meglio, non ne sarò mai andato via. Tutto questo non sarà mai accaduto. Un vero peccato. La cucina qui è abbastanza buona e mi lavano la biancheria gratis. Quanto hai detto che era lontana, a proposito?»

«Mi sembra più o meno trenta chilometri.»

Bentagliato roteò gli occhi verso il cielo e mosse le labbra. Alla fine disse: «Questo significa che arriverà approssimativamente a mezzanotte di domani, proprio nel momento dell’incoronazione.»

«Di chi?»

«Di lei.»

«Ma lei è già una regina, no?»

«In un certo senso, sì, ma ufficialmente non è regina finché non sarà incoronata.» Bentagliato fece una specie di ghigno, il suo volto si trovava in chiaroscuro nella luce di candela, e aggiunse: «Se vuoi un suggerimento per comprendere questa cosa puoi considerarla come la differenza che esiste fra smettere di vivere ed essere morto.»

Venti minuti prima, Morty si era sentito tanto stanco da poter mettere radici. Adesso riusciva a sentire una specie di formicolio nel sangue. Era il genere di energia frenetica da notte fonda che si sa benissimo si pagherà più o meno verso il mezzogiorno dell’indomani; per il momento, però, sentiva che doveva mettersi in azione oppure i suoi muscoli sarebbero schizzati via dalla pura vitalità.

«Voglio vederla» disse. «Se tu non puoi fare niente, forse però potrei fare qualche cosa io.»

«Ci sono delle guardie fuori dalla sua porta» disse Bentagliato.

«Te lo dico soltanto a titolo di informazione. Non penso nemmeno lontanamente che esse possano fare la minima differenza.»

Era mezzanotte ad Ankh-Morpork, ma nella grande città gemella l’unica differenza esistente fra il giorno e la notte era che… be’, era più scuro. I mercati erano affollati di persone, gli spettatori erano ancora densamente ammassati attorno alle catapecchie delle prostitute, i secondi arrivati nelle eterne e bizantine faide cittadine fluttuavano silenziosamente lungo le fredde acque del fiume con pesi di piombo attaccati ai piedi, i trafficanti di svariati piaceri illeciti e a volte anche illogici portavano avanti i propri commerci clandestini, i borseggiatori borseggiavano, i coltelli rilucevano alla luce delle stelle nei vicoli, gli astrologi cominciavano il loro lavoro giornaliero e, nelle Tenebre, un banditore che aveva perso la strada agitava una campanella e gridava: «È mezzanotte e tutto va beeaaarrrggghhh…»

Tuttavia la Camera di Commercio di Ankh-Morpork non sarebbe stata entusiasta dell’affermazione che l’unica vera differenza fra la sua città e una palude, consisteva nel numero delle gambe degli alligatori, e, a dire il vero, nei quartieri scelti di Ankh, che tendevano a trovarsi sulla zona collinare dove c’era una possibilità che soffiasse un filo di vento, le notti erano gradevoli e profumate di abiscinia e fiori di cecillia.

Quella notte in particolare, la collina era anche profumata di salnitro, in quanto era il decimo anniversario dell’elezione del Patrizio[7] e lui aveva invitato qualche amico per un drink, nel caso specifico cinquecento, e stava offrendo uno spettacolo di fuochi artificiali. Le risate e l’occasionale gorgoglìo di passione riempivano i giardini del palazzo e la serata era appena arrivata a quell’interessante stadio in cui ognuno aveva bevuto troppo per il proprio carattere, ma non ancora esattamente a sufficienza da stramazzare al suolo. È il genere di stadio in cui una persona compie delle azioni che ricorderà poi, paonazzo di vergogna, più in là nella vita, del tipo di soffiare attraverso una trombetta di carta, ridendo tanto da sentirsi male.

In effetti duecento degli ospiti del Patrizio, stavano ora caracollando e facendosi strada, sbattendo i piedi, impegnati nella Danza del Serpente, una curiosa tradizione di Morpork che consisteva nell’ubriacarsi per benino, nel tenere per la vita la persona che si aveva davanti e poi nel traballare e ridacchiare fragorosamente in un lungo serpentare che si intrufolava nel maggior numero di stanze possibili, preferibilmente in quelle che contenevano suppellettili frangibili, mentre si batteva un piede più o meno a tempo con il ritmo, o almeno a tempo con il ritmo di una qualsiasi altra persona. Questa danza stava ormai proseguendo da una mezz’ora ed era passata attraverso ogni stanza del palazzo, coinvolgendo anche due troll, il cuoco, il primo boia del Patrizio, tre camerieri, un borsaiolo che si trovava lì di passaggio e un piccolo dragone di palude.

In un punto imprecisato, più o meno al centro della danza, si trovava il grasso Lord Rodley di Quirm, erede delle favolose proprietà Quirm, la cui preoccupazione attuale era data dalle dita aguzze che gli stavano aggrappate alla vita. Immerso nel bagno d’alcool, il suo cervello cercò di attirare la sua attenzione.

«Ehi» gridò quello alle proprie spalle, mentre oscillavano per la decima ilare volta attraverso l’immensa cucina «non stringere così, per favore.»

«SONO TERRIBILMENTE SPIACENTE.»

«Senza offesa, vecchio mio. Ti conosco?» chiese Lord Rodley, pestando vigorosamente sul ritmo ritardato.

«RITENGO CHE SIA IMPROBABILE. SARESTI COSÌ GENTILE DA SPIEGARMI, PER FAVORE, QUAL È IL SIGNIFICATO DI QUESTA ATTIVITÀ?»

«Come?» gridò Lord Rodley, al di sopra del rumore provocato da qualcuno che aveva scalciato l’anta di una credenza a vetri fra gridolini di gaiezza.

«CHE COS’È QUESTA COSA CHE STIAMO FACENDO?» chiese la voce, con pazienza glaciale.

«Non sei mai stato ad una festa prima d’ora? Attento al vetro, a proposito.»

«TEMO DI NON USCIRE FUORI SPESSO QUANTO MI PIACEREBBE. TI PREGO, SPIEGAMI QUESTO. HA QUALCOSA A CHE FARE CON IL SESSO?»

«No, a meno che non ci blocchiamo bruscamente, vecchio mio, non so se capisci quel che intendo!» disse sua signoria e dette una gomitatina al suo compagno invitato.

«Ahi!» esclamò. Uno schianto più avanti sottolineò il decesso del buffé freddo.

«NO.»

«Cosa!?»

«NON SO QUELLO CHE INTENDI DIRE.»

«Attento alla panna, è scivoloso qui… ascolta, è semplicemente una danza, d’accordo? Lo si fa per divertimento.»

«DIVERTIMENTO.»

«Esattamente. Dada, dada, da… scalcia!» Ci fu una sensibile pausa.

«CHI SAREBBE QUESTO DIVERTIMENTO?»

«No, il divertimento non è una persona, è quello che provi tu.»

«STIAMO PROVANDO DEL DIVERTIMENTO?»

«Mi pareva di sì» rispose con una sfumatura di incertezza sua signoria. La voce che aveva all’orecchio lo stava vagamente preoccupando: sembrava arrivare direttamente nel suo cervello.

«CHE COSA È IL DIVERTIMENTO?»

«È questo!»

«SCALCIARE VIGOROSAMENTE È DIVERTIMENTO?»

«Be’, fa parte del divertimento. Scalcia!»

«ASCOLTARE MUSICA ASSORDANTE IN STANZE SOFFOCANTI È DIVERTIMENTO?»

«Anche.»

«COME SI MANIFESTA QUESTO DIVERTIMENTO?»

«Be’… stanimi a sentire, o provi divertimento o non ne provi, non puoi chiederlo a me, lo sai e basta, d’accordo? A proposito, come mai ti trovi qui?» aggiunse. «Sei un amico del Patrizio?»

«DICIAMO CHE MI PROCURA DEL LAVORO. RITENEVO DI DOVERE IMPARARE QUALCHE COSA DEI PIACERI UMANI.»

«Sembra che tu abbia ancora parecchia strada da fare.»

«LO SO. SCUSA LA MIA DEPRECABILE IGNORANZA. VOGLIO SOLTANTO IMPARARE. TUTTE QUESTE PERSONE, SCUSAMI ANCORA… STANNO PROVANDO DIVERTIMENTO?»

«Certo!»

вернуться

7

Ankh-Morpork aveva perso tempo con una gran quantità di forme di governo ed era finita con quella specie di democrazia conosciuta come Un Uomo, Un Voto. Il Patrizio era l’Uomo: egli aveva il Voto.