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«ALLORA QUESTO È IL DIVERTIMENTO.»

«Sono felice che siamo riusciti a stabilire almeno questo. Attento alla sedia» disse bruscamente Lord Rodley, che si stava sentendo, in quel preciso istante, molto infelice e sgradevolmente sobrio.

Una voce dietro di lui disse tranquillamente: «QUESTO È IL DIVERTIMENTO. BERE ECCESSIVAMENTE È DIVERTIMENTO. NOI STIAMO PROVANDO DIVERTIMENTO. LUI STA PROVANDO DIVERTIMENTO. QUESTO È UN PO’ DI DIVERTIMENTO.»

«CHE DIVERTIMENTO.»

Dietro alla Morte il piccolo drago di palude del Patrizio si teneva forte alle anche ossute e pensava: "Guardie o non guardie, la prossima volta che passiamo davanti ad una finestra aperta scapperò via a gambe levate.

Keli balzò a sedere sul letto.

«Non avanzare di un altro singolo passo» intimò. «Guardie!»

«Non siamo riusciti a fermarlo» disse la prima guardia, facendo sporgere la testa dallo stipite della porta con espressione carica di vergogna.

«È semplicemente balzato dentro…» disse la guardia, posta dall’altro lato della stessa.

«Inoltre il mago ha detto che era tutto a posto e a noi è stato ordinato di ascoltare tutto quello che dice perché…»

«D’accordo, d’accordo. Potrebbero venire uccise delle persone qua attorno» disse Keli con atteggiamento irato e riappoggiò la balestra sul comodino dimenticando, sfortunatamente, di bloccarla con la sicura.

Si udì uno scatto, il colpo della corda contro il metallo, un sibilo nell’aria e un gemito. Il gemito proveniva da Bentagliato. Morty turbinò su se stesso volgendosi verso di lui.

«Ti senti bene?» gli chiese. «Ti ha colpito?»

«No» rispose il mago con un fil di voce. «No, non lo ha fatto. E tu come ti senti?»

«Un po’ stanco, perché?»

«Oh, nulla. Nulla. Niente spifferi da qualche parte? Nessuna leggera sensazione di mancamento?»

«No. Perché?»

«Oh, nulla, nulla.» Bentagliato si voltò ed esaminò attentamente la parete dietro a Morty.

«Ai morti non viene concessa alcuna pace?» chiese amaramente Keli. «Pensavo che l’unica cosa di cui si potesse essere sicuri, quando si era morti, fosse almeno una buona dormita.» Aveva l’aspetto di una persona che avesse pianto fino a quel momento. Con una intuizione che lo sorprese, Morty si rese conto che lei lo sapeva e che la cosa la rendeva più infuriata che mai.

«Non mi sembra molto giusto» disse lui. «Io sono venuto per aiutarti. Non è vero, Bentagliato?»

«Eh?» disse Bentagliato, che aveva appena trovato il dardo della balestra conficcato nell’intonaco e lo stava fissando con estremo sospetto. «Oh, sì. È vero. Tuttavia non funzionerà. Scusatemi, qualcuno di voi ha un pezzetto di corda?»

«Aiutare?» esclamò bruscamente Keli. «Aiutare? Se non fosse per te…»

«Tu saresti già morta» commentò Morty. Lei lo guardò a bocca aperta.

«Però io non lo saprei» rispose la ragazza. «È questa la cosa peggiore.»

«Penso che voi due fareste meglio ad andare via» disse Bentagliato alle guardie, che stavano tentando di assumere un aspetto poco appariscente. «Però vorrei che mi lasciaste quella lancia, per favore. Grazie.»

«Ascoltami» disse Morty. «Qui fuori ho un cavallo. Ne resteresti stupita. Posso portarti ovunque. Non dovrai aspettare qui.»

«Non ne sai molto di monarchia, eh?» chiese Keli.

«Ehm. No?»

«Vuole dire che preferisce essere una regina morta nel suo castello che una comune viva da qualche altra parte» intervenne Bentagliato che aveva infilato la lancia nella parete vicino al dardo e stava ora tentando di calcolarne la traiettoria. «Non funzionerebbe comunque. La cupola non è centrata sul palazzo, è centrata su questa qui.»

«Su chi?» disse Keli. La sua voce avrebbe potuto mantenere il latte fresco per un mese.

«Su sua Altezza» rispose automaticamente Bentagliato, strizzando un occhio per guardare lungo la saetta.

«Non lo dimenticare.»

«Non lo dimenticherò, ma non è questo il punto» disse il mago. Estrasse il dardo dall’intonaco e ne provò la punta con il dito.

«Ma se rimarrai qui, morirai!» disse Morty.

«Allora dovrò mostrare al Disco come muore una regina» rispose Keli, assumendo l’aspetto più orgoglioso possibile, avendo addosso uno scialletto fatto a maglia, di lana rosa, per la notte.

Morty si sedette sul fondo del letto tenendosi la testa fra le mani.

«Io so benissimo come muore una regina» mormorò. «Esse muoiono esattamente come tutte le altre perone. E alcuni di noi preferirebbero che questo non accadesse.»

«Scusate tanto, vorrei soltanto dare un’occhiata a quella balestra» disse Bentagliato con un tono confidenziale, allungando una mano fra i due. «Non badate a me.»

«Andrò incontro al mio destino con orgoglio» riprese Keli, ma nella sua voce si poteva avvertire un debole tremolio di incertezza.

«No, non lo farai. Voglio dire, so benissimo di che cosa sto parlando. Credimi sulla parola. L’orgoglio non c’entra per niente. Muori e basta.»

«Sì, però dipende dal modo in cui tu lo fai. Io morirò in modo nobile, come la Regina Ezeriel.»

Morty corrugò la fronte. La storia era un libro chiuso per lui.

«E chi sarebbe?»

«Visse a Klatch, ebbe una miriade di amanti e si sedette su un serpente» disse Bentagliato, che stava caricando la balestra.

«Lo ha fatto deliberatamente! Era stata sfortunata in amore!»

«Tutto quel che riesco a ricordare è che soleva fare il bagno nel latte di asina. Che buffa cosa, la storia» aggiunse pensosamente Bentagliato. «Diventi regina, regni per trent’anni, promulghi delle leggi, dichiari guerra ai popoli e poi l’unica cosa per cui vieni ricordata è che puzzavi di yogurt e che sei stata morsa sul…»

«È una mia antica antenata» intervenne severamente Keli. «Non intendo ascoltare parole simili.»

«Adesso potreste stare zitti tutti e due per un momento e ascoltare me!» gridò Morty.

Il silenzio calò sulla stanza come un sudario. A quel punto Bentagliato emise un sospiro e fece scattare il dardo puntato in mezzo alla schiena di Morty.

La notte distribuiva le sue disgrazie e procedeva lentamente. Anche le feste più selvagge erano terminate e i loro ospiti barcollavano verso casa in direzione dei propri letti oppure verso quelli di qualcun altro. Decurtati di questi compagni di viaggio, autentici figli del giorno che avevano perso la strada del proprio habitat temporale, i veri sopravvissuti della notte si davano da fare nel serio commercio dell’oscurità.

Questo non era molto diverso dal commercio che si svolgeva ad Ankh-Morpork durante il giorno, eccettuato il fatto che i coltelli balenavano più di frequente e le persone non sorridevano un gran che.

Le Tenebre erano silenti, a parte che per i fischi di segnalazione dei ladri e il fruscio vellutato di dozzine di persone che si stavano recando al lavoro nel più assoluto silenzio.

Nel Vicolo del Prosciutto stava quasi per iniziare il famoso gioco d’azzardo ambulante coi dadi di Wa lo Zoppo. Parecchie dozzine di figure incappucciate stavano inginocchiate o accosciate attorno al piccolo cerchio di terra battuta in cui i tre dadi ad otto facce di Wa, rimbalzavano e impartivano la loro fuorviante lezione sulle probabilità statistiche.

«Tre!»

«Occhi di Thupal, per Io!»

«Ti ha battuto, Gobbo! Questo ragazzo sa come far rotolare i suoi dadi!»

«È UN TRUCCO.»

M’guk il Gobbo, ometto piccolo dalla faccia piatta proveniente da una delle tribù del Centro, la cui abilità nel gioco dei dadi era famosa in qualsiasi posto due persone si mettevano insieme per truffarne una terza, raccolse i dadi e li fissò. Maledisse in cuor suo Wa, la cui abilità nel barare coi dadi era ugualmente nota fra gli addetti ai lavori ma che aveva, apparentemente, fallito, augurò una dolorosa e prematura morte al giocatore in ombra che gli stava seduto davanti e lanciò i dadi a terra.