«Tutti hanno bisogno di un po’ di sonno. Anch’io» insinuò lui.
«MI ODIANO TUTTI, SAI?»
«Sì, lo hai già detto. Ma adesso sono le tre meno un quarto.»
Lo straniero si voltò un po’ barcollante, e fissò la stanza silenziosa.
«NON C’È PIÙ NESSUNO QUI DENTRO A PARTE IO E TE» disse.
L’oste sollevò l’assicella e passò dall’altra perte del bancone, aiutando lo straniero a scendere dal suo sgabello.
«NON HO UN SOLO AMICO. PERFINO I GATTI SI PRENDONO GIOCO DI ME.»
Tirò fuori repentinamente una mano ed afferrò una bottiglia di Liquore Amanita prima che l’oste fosse riuscito a spingere il cliente verso la porta, chiedendosi come mai una persona tanto magra potesse essere così pesante.
«NON HO ALCUN BISOGNO DI UBRIACARMI, TE L’HO DETTO. PERCHÈ ALLA GENTE PIACE UBRIACARSI? È FORSE DIVERTENTE?»
«Li aiuta a dimenticare la vita, vecchio mio. Adesso resta appoggiato qui mentre io apro la porta…»
«DIMENTICARE LA VITA. HAH. HAH.»
«Puoi tornare tutte le volte che vuoi, mi hai sentito?»
«TI PIACEREBBE DAVVERO VEDERMI DI NUOVO?»
L’oste gettò un’occhiata indietro al mucchietto di monete sul bancone. Valevano certamente un po’ di stravaganza. Almeno questo era un tipo tranquillo e sembrava anche innocuo.
«Oh, sì» disse, spingendo lo straniero in strada e recuperando la bottiglia con un movimento delicato. «Fa’ pure un salto qui quando vuoi.»
«QUESCTA È LA COSA PIÙ CARINA CHE…»
La porta sbatté sul resto della frase.
Ysabell balzò a sedere sul letto.
Sentì bussare nuovamente alla porta in maniera delicata e urgente. Si tirò su le coperte fino al mento.
«Chi è?» sussurrò.
«Sono io, Morty» disse un sibilo che proveniva da sotto la porta. «Fammi entrare, ti prego!»
«Aspetta!»
Ysabell armeggiò freneticamente sul comodino che aveva di fianco al letto per cercare i fiammiferi, ribaltando una boccetta di acqua di colonia e facendo sparire una scatola di cioccolatini che conteneva ormai soltanto cartacce appallottolate. Appena ebbe acceso la candela si accomodò sul letto per ottenere il massimo effetto, abbassò la scollatura della camicia da notte in modo che rivelasse qualcosa di più e disse: «Non è chiuso a chiave.»
Morty avanzò barcollando all’interno della camera: puzzava di cavallo, ghiaccio e scumble.
«Spero» disse in modo malizioso Ysabell «che tu non ti sia introdotto qui per sfruttare la tua posizione di vantaggio all’interno di questa casa.»
Morty si guardò attorno. Ysabell era sommersa dalle trine. Perfino la toeletta sembrava indossare una sottoveste. L’intera stanza non pareva tanto arredata quanto vestita con biancheria intima.
«Stammi a sentire, non ho affatto tempo per gingillarmi» disse. «Porta quella candela in biblioteca. E, per l’amor del cielo, mettiti addosso qualcosa di più sensato, stai straripando.»
Ysabell abbassò lo sguardo e poi la sua testa balzò nuovamente su.
«Allora?»
Morty infilò nuovamente il capo all’interno della stanza. «È una questione di vita o di morte» aggiunse e scomparve.
La ragazza osservò la porta richiudersi scricchiolando alle spalle di lui, mettendo in mostra la vestaglia blu con i fiocchi che la Morte aveva avuto la bella idea di regalarle per l’ultima Notte della Posta del Cinghiale e che lei non aveva avuto cuore di gettar via, nonostante il fatto che fosse di una misura troppo piccola e avesse un coniglio ricamato sulla tasca.
Alla fine tirò giù le gambe dal letto, si infilò la castigata vestaglia e si incamminò lungo il corridoio. Morty la stava aspettando.
«Sei sicuro che mia madre non ci sentirà?» chiese lei.
«Non è ancora rientrata. Sbrigati.»
«Come fai a esserne sicuro?»
«Questo posto dà una sensazione diversa quando lei non c’è. È… è come la differenza che passa quando un cappotto si trova addosso al proprietario e quando invece si trova appeso ad un gancio. Non lo hai notato?»
«Che cosa dobbiamo fare di tanto importante?»
Morty aprì la porta della biblioteca. Una folata di aria calda e secca scivolò fuori e i cardini emisero un cigolìo di protesta.
«Stiamo per salvare la vita di qualcuno» rispose lui. «Più precisamente quella di una principessa.»
Ysabell rimase istantaneamente affascinata.
«Una principessa vera? Voglio dire, riesce a sentire un pisello attraverso dodici materassi?»
«Riesce…?» Morty sentì svanire dentro di sé una preoccupazione anche se era di scarsa rilevanza. «Oh, Già. Avevo immaginato che Albert avesse detto una cosa sbagliata.»
«Sei innamorato di lei?»
Morty restò immobilizzato fra gli scaffali, conscio dell’indaffarato debole scribacchiare dei libri all’interno delle copertine.
«È difficile esserne sicuri» disse. «Ho l’aspetto di uno che lo è?»
«Sei arrossito leggermente. E lei cosa prova per te?»
«Non lo so.»
«Ah» disse Ysabell con l’aria di chi la sa lunga, assumendo il tono dell’esperto. «L’amore non ricambiato è quello del tipo peggiore. Tuttavìa non mi sembra una buona idea prendere il veleno oppure ucciderti» aggiunse poi, pensierosa. «Che stiamo facendo qui? Vuoi trovare il suo libro e scoprire se ti sposerà?»
«L’ho già letto e lei è morta» disse Morty. «Ma soltanto tecnicamente. Voglio dire, non è realmente morta.»
«Bene, altrimenti saremmo scaduti nella necromanzia. Che cosa stiamo cercando?»
«La biografia di Albert.»
«È perché? Non penso che ne abbia una.»
«Tutti ne hanno una.»
«Be’, a lui non piace che la gente gli ponga delle domande personali. Io l’ho cercata una volta e non sono riuscita a trovarla. Albert di per sé stesso non è uno su cui scrivere molto. Perché mai sarebbe tanto interessante?» Ysabell accese un paio di candele con quella che aveva in mano e riempì la biblioteca di ombre danzanti.
«Ho bisogno di un mago molto potente e penso che lui lo sia.»
«Cosa, Albert?»
«Sì. Soltanto che adesso cercheremo Alberto Malich. Penso che abbia più di duemila anni.»
«Cosa, Albert?»
«Sì. Albert.»
«Non porta mai il cappello da mago» disse Ysabell in tono dubbioso.
«Lo ha perso. Comunque questa cosa non è determinante. Dove possiamo cominciare a guardare?»
«Be’, se sei sicuro… penso nella Scansia. È il posto in cui la mamma mette le biografie vecchie più di cinquecento anni. È da questa parte.»
La ragazza fece strada oltre gli scaffali sussurranti verso una porta posta alla fine di un vicolo cieco. Essa si aprì con una certa fatica e il lamento dei cardini riecheggiò per l’intera biblioteca: a Morty sembrò per un istante che tutti i libri avessero interrotto momentaneamente il proprio lavoro soltanto per mettersi ad ascoltare.
Alcuni scalini scendevano giù verso l’oscurità vellutata. C’erano polvere e ragnatele e l’aria aveva uno strano odore, come se fosse stata bloccata in una piramide per un millennio.
«La gente non viene qui molto spesso» disse Ysabell. «Ti farò strada io.»
Morty si sentì di doverle qualche cosa.
«Devo ammettere» disse «che sei davvero una persona affidabile come un mattone.»
«Vuoi dire rossastra, squadrata e tozza? Sai davvero come si parla ad una ragazza, amico mio.»
«Morty» disse automaticamente Morty.
La Scansia era buia e silenziosa come una caverna sotterranea. Le mensole erano distanziate l’una dall’altra a mala pena lo stretto necessario perché una persona potesse passarci in mezzo e torreggiavano ben al di sopra del cerchio di luce formato dalla candela. Esse erano particolarmente strane in quanto erano silenziose. Non c’erano più vite da scrivere: i libri dormivano. Morty, però, sentiva che essi dormivano come i gatti, con un occhio aperto. Erano coscienti.