«Perché no? A lui il grasso piace.»
«Smettila di ridacchiare o farai cadere entrambi. Adesso guarda questo pezzo…»
«…Egli strisciò nella polverosa oscurità della Scansia…» lesse Ysabell… «gli occhi fissi sul debole bagliore della luce di candela che si trovava in alto. Stanno spiando, pensò, cacciando il naso in cose che non li dovrebbero riguardare, quei piccoli diavoli…»
«Morty! Lui sta…»
«Stai zitta. Sto leggendo!»
«…presto metterò fine a tutto questo. Albert avanzò silenziosamente verso il fondo della scala, si sputò sulle mani e si preparò a scrollarla. La padrona non lo avrebbe mai saputo: si stava comportando in modo strano in quei giorni ed era tutta colpa di quel ragazzo, e…»
Morty guardò negli occhi terrorizzati di Ysabell.
La ragazza strappò quindi il libro di mano a Morty, allungò il braccio verso l’esterno alla massima estensione mentre il suo sguardo rimaneva legnosamente fisso su quello di lui e lo lasciò cadere.
Morty vide le labbra di lei muoversi e poi si rese conto che anche lui stava contando sotto voce.
Tre, quattro…
Si udì un tonfo sordo, un grido soffocato e il silenzio.
«Pensi di averlo ucciso?» chiese Morty dopo qualche istante.
«Come, qui? Comunque non mi è sembrato che tu avessi avuto qualche idea migliore.»
«No, ma… lui è un vecchio, dopo tutto.»
«No, non lo è» replicò seccamente Ysabell, cominciando a scendere dalla scala.
«Duemila anni?»
«Non un singolo giorno più di sessantasette.»
«Il libro diceva…»
«Ti ho già spiegato che il tempo, qui, non ha alcuna influenza. Non il tempo reale. Non stai mai ad ascoltare, ragazzo mio?»
«Morty» disse Morty.
«E smettila di camminarmi sulle dita, sto andando il più velocemente possibile.»
«Scusa.»
«E non avere quell’atteggiamento da guastafeste. Hai la minima idea di quanto ci si annoi vivendo qui?»
«Probabilmente no» rispose Morty, aggiungendo con genuina nostalgia «ho sentito parlare di noia ma non ho mai avuto l’opportunità di provarne.»
«È terrificante.»
«Se parliamo di questo, l’eccitamento non è poi una cosa che ti porta alle stelle.»
«Qualsiasi altra cosa deve essere migliore di questo.»
Si udì un gemito provenire dal basso e poi una sequela di improperi. Ysabell sbirciò nell’oscurità.
«È chiaro che non gli ho danneggiato i muscoli bestemmiatori» disse la ragazza. «Non penso che dovrei stare a sentire parole del genere. Potrebbe risultare negativo per la mia fibra morale.»
Trovarono Albert accasciato contro la base dello scaffale mentre farfugliava e si teneva un braccio.
«Non c’era alcun bisogno di fare tutto questo caos» gli disse seccamente Ysabell. «Non sei ferito: la mamma non permette che qui accadano cose simili e basta.»
«Che bisogno avevate di venir qui e far questo?» mugugnò lui. «Non volevo farvi alcun male.»
«Stavi per farci cadere di sotto» disse Morty, cercando di aiutarlo a rialzarsi. «L’ho letto. Sono anzi sorpreso che tu non abbia usato la magia.»
Albert gli gettò uno strano sguardo.
«E così lo hai scoperto, eh?» disse pacatamente. «Che buon pro ti faccia. Non avevi alcun diritto di spiare.»
Si alzò faticosamente in piedi, si scrollò di dosso la mano di Morty e barcollò indietro attraverso gli scaffali silenziosi.
«No, aspetta» disse Morty. «Io ho bisogno del tuo aiuto!»
«Già, è chiaro» commentò Albert da sopra le spalle. «È ovvio, no? Tu hai pensato: adesso andrò lì a spiare un po’ sulla vita privata di un tizio, poi gliela farò cascare in testa e quindi gli chiederò di aiutarmi.»
«Volevo soltanto scoprire se eri veramente tu» disse Morty, correndogli dietro.
«Lo sono. Ognuno di noi lo è.»
«Ma se non mi aiuterai succederà qualcosa di terribile! C’è quella principessa, e lei…»
«Le cose terribili accadono in continuazione, ragazzo…»
«…Morty…»
«…e nessuno si aspetta che io ci possa fare niente.»
«Ma tu eri il più grande!»
Albert si fermò per un momento, ma non si guardò attorno.
«Ero il più grande, ero il più grande. E non cercare di oliarmi. Non sono oliabile.»
«Ci sono delle statue che ti raffigurano e tutto il resto» disse Morty cercando di non sbadigliare.
«Allora erano anche più pazzi.» Albert raggiunse la base degli scalini che dava sulla biblioteca vera e propria, ci salì sopra e rimase fermo, stagliandosi contro la luce di candela della stanza.
«Vuoi dire che non mi aiuterai?» domandò Morty. «Nemmeno pur essendo in grado di farlo?»
«Date al ragazzo una ricompensa» latrò Albert. «Ricordati, non serve a nulla pensare di poterti appellare alla mia generosa natura che si nasconde sotto questa esteriorità incallita» aggiunse «perché anche il mio interno è maledettamente incallito, a questo punto.»
Lo udirono attraversare il pavimento della biblioteca come se avesse avuto qualcosa di personale contro di esso e sbattersi la porta alle spalle.
«Allora?» chiese Morty con un po’ di incertezza.
«Che cosa ti aspettavi?» disse seccamente Ysabell. «A lui non interessa un accidenti di nessuno a parte che di mia madre.»
«È solo che io pensavo che una persona come lui mi avrebbe aiutato se mi fossi spiegato adeguatamente» sospirò Morty. Colò a picco. La carica di energia che lo aveva sorretto attraverso la lunga notte era improvvisamente evaporata riempiendogli la testa di piombo. «Sapevi che lui era un famoso mago?»
«Questo non significa nulla, i maghi non sono necessariamente gentili. Non ti devi immischiare negli affari dei maghi perché un rifiuto spesso offende, l’ho letto da qualche parte.» Ysabell si avvicinò a Morty e lo guardò un po’ preoccupata. «Hai lo stesso aspetto di un avanzo su un piatto» disse.
«’to bene» rispose Morty, salendo con passo appesantito su per i gradini e avviandosi verso le gracchianti ombre della biblioteca.
«Non è vero. Ti farebbe bene un bel sonno, ragazzo mio.»
«M’ty» mormorò Morty.
Sentì Ysabell sollevargli il braccio sopra la spalla. Le pareti si stavano muovendo dolcemente, perfino il suono della sua stessa voce stava provenendo da una immensa distanza e lui pensò confusamente quanto sarebbe stato bello stendersi su un bel lastrone di pietra e dormire per sempre.
La Morte sarebbe tornata presto, si disse, sentendo il proprio corpo che si faceva aiutare a percorrere i corridoi senza protestare. Non esisteva via di scampo, doveva dire tutto alla Morte. Non era poi un tipetto così duro. La Morte lo avrebbe aiutato: tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato spiegarle come stavano le cose. E poi avrebbe potuto smettere di preoccuparsi di tutto e andare a dormi…
«E quale era la sua precedente occupazione?»
«COME, SCUSI?»
«Che cosa faceva per vivere?» domandò il giovanotto magro che stava dietro alla scrivania.
La figura che si trovava davanti a lui si assestò meglio, sentendosi a disagio.
«SCORTAVO LE ANIME NELL’ALTRO MONDO. IO ERO LA TOMBA DI OGNI SPERANZA. ERO L’ESTREMA REALTÀ. ERO L’ASSASSINA CONTRO CUI NESSUN CHIAVISTELLO RESISTEVA.»
«D’accordo, questo l’ho capito, ma non ha qualche abilità particolare?»
La Morte ci pensò un po’ su.
«SUPPONGO DI AVERE UNA CERTA QUAL ESPERIENZA CON GLI ATTREZZI DA AGRICOLTORE» si azzardò a dire dopo qualche istante.
Il giovanotto scosse fermamente la testa.
«NO?»
«Questa è una città, signor…» abbassò lo sguardo e ancora una volta provò un vago disagio che non riuscì a comprendere appieno… «signor… signor… signor, e siamo un po’ a corto di campi.»