Voltò la schiena al paesaggio cavolistico e si incamminò lungo i gradini del percorso tortuoso fino alla sezione principale del palazzo.
Eppure, pensò fra sé, pareva che la campagna venisse lavorata. La popolazione non sembrava essere contraria al fatto che stesse per avvenire un’incoronazione, sebbene non avesse ben chiaro in mente chi stesse per essere incoronato. Ci sarebbe stato uno sbandieramento nelle strade e Bentagliato aveva fatto in modo che la fontana della piazza principale zampillasse, se non vino, almeno una accettabile birra ricavata dai cavoli. Ci sarebbe stata gente che ballava danze popolari, se si fossero poi trovati con l’acqua alla gola. Ci sarebbero state corse di bambini. Ci sarebbe stato un manzo arrosto. La carrozza reale era stata nuovamente dorata e Bentagliato era ottimista rispetto al fatto che la gente potesse venire persuasa a notarla mentre essa passava.
L’Alto Sacerdote del Tempio del Cieco lo avrebbe costituito un problema. Bentagliato lo aveva classificato come una cara vecchia anima la cui esperienza col coltello era talmente inaffidabile che metà delle offerte sacrificali si stancavano di aspettare e se ne andavano via. L’ultima volta che aveva cercato di sacrificare una capra essa aveva avuto il tempo di dare alla luce due gemelli prima che egli l’avesse messa a fuoco e, quindi, il coraggio della maternità si era manifestato facendole scacciare tutto il clero dal tempio.
Le probabilità che egli riuscisse a sistemare la corona sulla testa giusta, perfino in circostanze normali, erano soltanto mediocri, aveva calcolato Bentagliato: sarebbe dovuto restare personalmente accanto al vecchio e avrebbe dovuto tentare di guidare le sue mani tremolanti.
Eppure, perfino quello non era il grosso problema. Il grosso problema era molto più grosso di così. Il grosso problema gli era stato gettato addosso dal Cancelliere dopo la colazione.
«Fuochi artificiali?» aveva detto Bentagliato.
«È il genere di cosa che si ritiene sappiano fare molto bene i suoi colleghi maghi, no?» aveva replicato il Cancelliere in tono secco quanto una pagnotta vecchia di una settimana. «Lampi e scoppi e che so io. Ricordo un mago, quando ero ragazzo…»
«Temo di non sapere nulla di fuochi artificiali» aveva replicato Bentagliato, con voce designata a comunicare che lui fosse molto fiero di questa ignoranza.
«Un sacco di razzi» aveva ricordato il Cancelliere con entusiasmo. «Candele di Ankh. Lampi di tuono. E cosucce da poter tenere in mano. Non sarà una vera incoronazione, senza fuochi artificiali.»
«Sì, certo, ma vede…»
«Buon uomo» aveva detto seccamente il Cancelliere «sapevamo di potere contare su di lei. Moltissimi razzi, capisce, e a completamento ci dovrebbe essere un pezzo… faccia attenzione… qualcosa di veramente mozzafiato come un ritratto di… di…» i suoi occhi lo fissarono con uno sguardo che stava diventanto deprimentemente familiare per Bentagliato.
«Della Principessa Keli» aveva detto stancamente.
«Ah. Già. Lei» aveva confermato il Cancelliere. «Un ritratto di… quello che ha detto lei… creato coi fuochi artificiali. Ovviamente tutte queste cose sono piuttosto semplici per voi maghi, alla gente piacciono. Non c’è nulla come un bello scoppio, una esplosione e un po’ di gente ai balconi che saluta per mantenere in perfetta forma i muscoli della lealtà, è quello che ho sempre sostenuto. Provveda lei. Razzi. Con simboli magici.»
Un’ora prima Bentagliato aveva sfogliato l’indice del Libro di Magia dei Mostri da Divertimento e aveva con grande cautela messo insieme un gran numero di comuni ingredienti dando poi loro fuoco.
"Che cosa strana sono le sopracciglia" aveva riflettuto fra sé. "Non le noti davvero mai finché non spariscono."
Con gli occhi cerchiati di rosso e puzzando leggermente di fumo, Bentagliato trotterellò verso gli appartamenti reali passando oltre frotte di domestiche molto impegnate a svolgere quelli che costituiscono i loro compiti, che sembrano sempre necessitare della presenza di almeno tre di esse. Ogni volta che avvistavano Bentagliato, generalmente si zittivano, si affrettavano ad allontanarsi a testa bassa e poi a scoppiare in risolini soffocati lungo il corridoio. Questa cosa infastidì parecchio Bentagliato. "Non tanto" pensò velocemente fra sé "per qualche strana considerazione di tipo personale, quanto perché ai maghi dovrebbe essere riservato un maggior rispetto." Come se non bastasse, parecchie delle domestiche avevano un modo di guardarlo che gli stimolava immediatamente e distintamente dei pensieri molto poco da mago.
"È proprio vero" pensò. "La via del progresso culturale è simile a un percorso che passa attraverso mezzo miglio di vetri rotti."
Bussò alla porta della suite di Keli. La aprì una domestica.
«La tua padrona è qui?» domandò lui, col tono più altezzoso che riuscisse a tirar fuori.
La ragazza si portò una mano sulla bocca. Le spalle le si misero a fremere. Gli occhi le scintillavano. Tra le dita le trapelò un suono simile a quello provocato da uno sbuffo di vapore.
"Non posso farci niente" pensò Bentagliato "sembra proprio che io abbia questo effetto sorprendente sulle donne."
«Si tratta di un uomo?» disse la voce di Keli che arrivava da dentro. Gli occhi della ragazza sembrarono vagare nel vuoto: piegò la testa come se non fosse stata certa di quello che aveva udito.
«Sono io, Bentagliato» rispose Bentagliato.
«Oh, allora va bene. Puoi entrare.»
Bentagliato passò oltre la ragazza e cercò di ignorare la risata soffocata che quella emise quando scappò via dalla stanza. Era chiaro che tutti sapevano che un mago non aveva bisogno di uno chaperon. Era soltanto il tono tipico della principessa "Oh, allora va bene" che lo aveva ferito dentro.
Keli stava seduta davanti alla sua toeletta e si spazzolava i capelli. Pochissimi uomini al mondo vengono a scoprire che cosa indossa una principessa sotto i suoi abiti e Bentagliato si unì a quelli con estrema riluttanza e con un rimarchevole autocontrollo. Soltanto il frenetico ballonzolare del suo pomo d’Adamo lo tradì. Non c’era alcun dubbio, non avrebbe potuto essere in grado di operare magie per giorni.
Lei si voltò e lui annusò una zaffata di talco profumato. Per settimane, maledizione, per settimane.
«Sembra che tu abbia un po’ caldo, Bentagliato. C’è qualcosa che non va?»
«Naaaarrg.»
«Come, scusa?»
Lui cercò di scuotersi. "Concentrati sulla spazzola, amico, la spazzola." «Soltanto qualche esperimento magico, mia signora. Qualche bruciacchiatura superficiale.»
«Si sta muovendo ancora?»
«Temo di sì.»
Keli si voltò nuovamente verso lo specchio. Aveva una espressione durissima.
«Abbiamo un po’ di tempo?»
Questa era proprio la domanda che il mago aveva temuto. Luì aveva fatto tutto quello che era stato in suo potere. L’Astrologo Reale era stato incalzato tanto a lungo da fargli ammettere che l’indomani sarebbe stato l’unico giorno possibile in cui la cerimonia potesse avere luogo e così Bentagliato l’aveva organizzata in modo che essa incominciasse un secondo dopo la mezzanotte. Aveva implacabilmente decurtato la partitura della fanfara di trombe. Aveva calcolato il tempo dell’invocazione agli dei dell’Alto Sacerdote e poi l’aveva tagliata pesantemente: ci sarebbe stato un bel trambusto quando gli dei lo avessero scoperto. La cerimonia dell’unzione con i sacri olii era stata ridotta ad un veloce buffetto dietro alle orecchie. Gli skateboard erano una invenzione sconosciuta nel Disco: se non lo fossero stati, il percorso di Keli lungo il corridoio sarebbe stato anticostituzionalmente veloce. Ma non era ancora sufficiente. Cercò di farsi animo.