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«Cerca di non starmi fra i piedi, eh?» disse lui precipitosamente. «E non farmi nemmeno delle domande.»

Corse lungo qualche gradino laccato e si affrettò attraverso le stanze silenziose, fermandosi di tanto in tanto per ottenere qualche riferimento dalla clessidra. Alla fine passò lungo un corridoio e sbirciò attraverso una grata a volute in una lunga e bassa stanza in cui la corte era riunita per il pasto serale.

Il giovane Imperatore del Sole era seduto a gambe incrociate al capo della stuoia e indossava un mantello pieno di fronzoli e penne che si estendeva alle sue spalle. Esso sembrava decisamente troppo grosso per la sua età. Il resto della corte stava seduto attorno alla stuoia secondo un ordine di precedenza complesso e rigido, tuttavia non era assolutamente possibile non notare immediatamente chi fosse il Visir, che stava ingozzando lo squishi e le alghe bollite che aveva nella ciotola con atteggiametno decisamente sospetto. Sembrava che nessuno stesse per morire.

Morty avanzò lungo il passaggio, svoltò all’angolo e andò quasi a sbattere contro parecchi imponenti membri della Guardia Celeste, che erano ammassati attorno ad uno spioncino che si trovava nella parete di carta e si stavano passando l’un l’altro una sigaretta nel tipico modo che usano i soldati in servizio: con il palmo della mano a coppa.

Morty tornò in punta di piedi alla grata e si mise ad origliare la conversazione:

«Io sono il più sfortunato dei mortali, oh, Presenza Immanente, per trovare una cosa come questa nel mio per altro soddisfacentissimo squishi» disse il Visir, portando in avanti i bastoncini.

Tutta la Corte allungò il collo per vedere meglio. Anche Morty lo fece. Tuttavia non poté esimersi dall’essere d’accordo con quella affermazione… quell’affare era una specie di ammasso blu-verdognolo con dei filamenti gommosi che pendevano giù da esso.

«Il preparatore del cibo verrà punito, Nobile Rappresentante di Erudizione» disse l’Imperatore. «Chi ha fatto questa cosa?»

«No, o Percettivo Padre della Tua gente, mi stavo riferendo al fatto che questo boccone è, io credo, la vescica e la milza di un’anguilla di mare profondo: a quanto si tramanda è il cibo più prelibato che esista, tanto da potere essere mangiato soltanto dagli eletti degli stessi dei, così viene scritto, nel numero dei quali io non oserei mai includere il mio miserabile essere.»

Con un agile guizzo trasferì il pezzetto di cibo alla ciotola dell’Imperatore in cui esso ballonzolò fino a fermarsi. Il ragazzo lo guardò per un istante e poi lo arrotolò sui bastoncini.

«Già» disse «ma non è anche stato scritto, nientemeno che dal grande filosofo Ly Tin Wheedle che un erudito può essere inquadrato anche al di sopra di un principe? Mi sembra di ricordare che tu stesso mi abbia dato da leggere quel brano, una volta, o Fedele e Assiduo Ricercatore della Conoscenza.»

Il pezzo di cibo percorse un altro breve arco nell’aria e ricadde con atteggiamento contrito nella ciotola del Visir. Lui lo raccolse con un movimento rapido e lo tenne in equilibrio per un secondo spostamento. Gli occhi gli si restrinsero fino a diventare due fessure.

«Questo potrebbe essere vero parlando in generale, o Fiume di Giada di Saggezza, ma, nel caso specifico, non posso venire valutato più dell’Imperatore che amo come fosse il mio stesso figlio e che ho servito dal giorno della disgraziata morte del suo defunto padre e, di conseguenza, depongo questa umile offerta ai tuoi piedi.»

Gli occhi della corte seguirono l’organo a brandelli al suo terzo volo al di sopra della stuoia: tuttavia l’Imperatore aprì il proprio ventaglio ed eseguì una magnifica volé che mandò a finire il boccone di nuovo nella ciotola del Visir con una forza tale da sollevare uno spruzzo di alghe

«Che qualcuno lo mangi, per l’amor del cielo!» gridò Morty restando completamente inudito. «Ho fretta!»

«Tu sei davvero il più premuroso dei servitori, o Devoto e Reale Unico Compagno del mio Defunto Padre e Nonno Quando Essi Trapassarono e, di conseguenza, io pretendo che il tuo premio sia il cibo fra i più rari e squisiti.»

Il Visir cincischiò la cosa con incertezza e fissò lo sguardo dell’Imperatore. Esso era luminoso e terribile. L’uomo cercò disperatamente di accampare una scusa.

«Ahimè, sembra che io abbia mangiato già troppo…» cominciò a dire, ma l’Imperatore fece un gesto perché rimanesse in silenzio.

«Indiscutibilmente esso necessita di un adeguato condimento» aggiunse e sbatté le mani. La parete che aveva alle spalle si strappò da capo a piedi ed entrarono quattro Guardie Celesti: tre di esse brandivano spade cando mentre la quarta cercava disperatamente di ingoiare un mozzicone acceso.

Al Visir cadde la ciotola dalle mani.

«Il mio più fedele servitore crede di non avere più nemmeno uno spazio libero per questo boccone finale» disse l’Imperatore. «Senza dubbio voi potete investigare nel suo stomaco per controllare se è vero. Perché mai quest’uomo ha del fumo che gli esce dalle orecchie?»

«È ansioso di entrare in azione, o Eminenza del Cielo» disse velocemente il sergente. «Temo che non ci sia modo di fermarlo.»

«Allora fa che sia lui a prendere il coltello, e… oh, il Visir sembra avere ancora un briciolo di fame, dopo tutto. Ben fatto.»

Ci fu un silenzio assoluto mentre le guance del Visir si gonfiavano ritmicamente. A quel punto egli deglutì.

«Delizioso» disse. «Superbo. Davvero cibo degno degli dei, e adesso, se vorrete scusarmi…» Allungò le gambe e fece per alzarsi. Cominciarono ad apparirgli delle perle di sudore sulla fronte.

«Desideri dipartire?» domandò l’Imperatore sollevando le sopracciglia.

«Urgenti questioni di Stato, o Perspicace Rappresentante di…»

«Siediti. Alzarsi così presto dopo i pasti può essere dannoso per la digestione» riprese l’Imperatore, e le guardie annuirono in segno d’assenso. «Inoltre non ci sono urgenti questioni di Stato a meno che tu non ti riferisca a quelle che si trovano nella boccettina rossa con scritto "Antidoto" che è riposta nella credenzina laccata di nero sulla stuoia di bambù nei tuoi quartieri, o Lampada dell’Olio di Mezzanotte.»

Il Visir cominciò a sentire le orecchie che gli ronzavano. Il suo volto si fece cianotico.

«Vedi?» disse l’Imperatore. «L’attività svolta in momenti poco tempestivi a stomaco pieno conduce a brutti malanni. Che questo messaggio raggiunga velocemente ogni angolo del mio Paese, che tutti gli uomini sappiano della tua sfortunata condizione e ne traggano insegnamento.»

«Io… devo… congratularmi… con Vostra… Personalità di… una tale… considerazione» disse il Visir e cadde a faccia in giù su un piatto di granchi bolliti dal guscio molle.

«Ho avuto un insegnante eccellente» esclamò l’Imperatore.

«ED ERA ANCHE ORA» osservò Morty, facendo vibrare la spada.

Un istante dopo l’anima del Visir si alzò dalla stuoia e guardò Morty da capo a piedi.

«Chi sei, barbaro?» disse seccamente.

«LA MORTE.»

«Non la mia Morte» disse fermamente il Visir. «Dov’è il Celestiale Dragone Nero di Fuoco?»

«NON È POTUTO VENIRE» rispose Morty. Nell’aria si stavano formando delle ombre attorno all’anima del Visir. Parecchie di esse indossavano vestiti da imperatore, ma se ne stavano creando attorno molte altre e sembravano tutte estremamente ansiose di dare il benvenuto al nuovo arrivato nella terra dei morti.

«Penso che ti siano venute a trovare un bel po’ di persone» disse Morty e scappò via di fretta. Mentre raggiungeva il corridoio, l’anima del Visir cominciò a strillare…