Выбрать главу

«Sono anime, non è vero?» chiese Morty. «Che aspetto hanno le persone?»

«ASPETTO DI PERSONE» disse la Morte. «DIPENDE TUTTO, FONDAMENTALMENTE, DAL CAMPO MORFOGENETICO CARATTERISTICO.»

Sospirò emettendo un fruscio di velo, prese i gattini dall’aria e li ripose con delicatezza da qualche parte all’interno degli oscuri recessi della sua tunica. Si sollevò.

«È L’ORA DEL CURRY» disse.

Il Curry Gardens, che si trovava all’angolo fra la Via di Dio e il Vicolo Insanguinato, era molto affollato, ma soltanto con la crema della società… almeno con quelle persone che si trovano a galleggiare sulla cresta dell’onda e che, di conseguenza, è estremamente saggio definire "crema". Cespugli profumati piantati fra i tavoli riuscivano quasi a nascondere l’odore di base della città stessa, che poteva essere paragonato al corrispettivo olfattivo di una fogna.

Morty mangiò come un lupo, tenne tuttavia a freno la propria curiosità e non si mise a osservare come potesse la Morte mangiare anche un solo boccone. Inizialmente il cibo si trovava lì e alla fine non c’era più, quindi doveva evidentemente essere successo qualche cosa nel frattempo. Morty ebbe la sensazione che la Morte non fosse effettivamente abituata a tutto questo ma che lo stesse facendo per mettere lui a suo agio, come uno zio scapolo un po’ avanti negli anni che si trova a trascorrere una vacanza con un nipote ed è terrorizzato all’idea di fare qualcosa di sbagliato.

Gli altri commensali non li degnarono di grande attenzione, nemmeno quando la Morte si appoggiò all’indietro e si accese una bellissima pipa. È richiesto un certo sforzo per riuscire ad ignorare uno che emette fumo dalle orbite degli occhi, ma tutti ci riuscirono alla perfezione.

«È una magia?» chiese Morty.

«CHE INTENDI DIRE?» disse la Morte. «SE SONO DAVVERO QUI, RAGAZZO?»

«Sì» disse lentamente Morty. «Io… io ho osservato le altre persone. La guardano ma non la vedono, penso. Lei fa forse qualcosa alle loro menti?»

La Morte scosse la testa.

«FANNO TUTTO DA SOLI» disse. «NON C’È ALCUNA MAGIA. LE PERSONE NON POSSONO VEDERMI, NON PERMETTEREBBERO MAI A SE STESSE DI FARLO. FINCHÉ NON È ARRIVATO IL LORO MOMENTO, OVVIAMENTE. I MAGHI MI POSSONO VEDERE E ANCHE I GATTI. MA L’UOMO MEDIO… NO, MAI.» Sbuffò un anello di fumo verso il cielo e aggiunse «STRANO MA VERO.»

Morty osservò il cerchio di fumo ondeggiare nell’aria e poi venire sospinto verso il fiume.

«Ma io la posso vedere» disse.

«È DIVERSO.»

Il cameriere klatchiano arrivò con il conto e lo lasciò di fronte alla Morte. L’uomo era scuro e tarchiato con un taglio di capelli simile a una noce di cocco esplosa a supernova e il suo volto rotondo assunse un aspetto perplesso quando la Morte annuì in maniera garbata. Scosse la testa come qualcuno che cerca di sbarazzarsi del sapone che gli è rimasto nelle orecchie e si allontanò.

La Morte infilò una mano nelle profondità della sua tunica e tirò fuori una grossa borsa di cuoio piena di monete di bronzo assortite, la maggior parte di esse azzurrognole e verdi per l’età. Esaminò attentamente il conto. Scelse quindi una dozzina di monete.

«VIENI» disse. «DOBBIAMO ANDARE.»

Morty le si mise a trotterellare dietro mentre lei camminava impettita fuori dal giardino e nella strada che era ancora molto affollata sebbene all’orizzonte si notassero già le prime avvisaglie dell’alba.

«E adesso che cosa facciamo?»

«COMPRIAMO DEI VESTITI NUOVI PER TE.»

«Ma questi erano nuovi oggi… cioè ieri.»

«DAVVERO?»

«Mio padre ha detto che quel negozio era famoso per i suoi vestiti» disse Morty mettendosi a correre per tenere il passo.

«AGGIUNGONO CERTAMENTE UNA NOTA ULTERIORMENTE ORRIBILE ALLA POVERTÀ.»

Svoltarono in una strada più grande che conduceva in un quartiere più ricco della città (le torce erano più vicine l’una all’altra e gli escrementi più lontani). Qui non c’erano bancarelle e venditori ambulanti, ma lussuosi edifici con insegne appese all’esterno. Non erano semplici negozi, erano dei veri e propri empori: avevano grande scelta di merce, poltroncine e sputacchiere. La maggior parte di essi era ancora aperta a quest’ora della notte, in quanto il commerciante medio di Ankh non riesce a dormire a forza di pensare ai soldi che non sta guadagnando.

«Ma questa gente non va mai a letto?» chiese Morty.

«QUESTA È UNA CITTÀ» disse la Morte e aprì la porta di un negozio di abbigliamento. Quando uscirono fuori, una ventina di minuti più tardi, Morty indossava un abito nero che gli calzava a pennello con un leggero ricamo argentato mentre il negoziante osservava una manciata di antiche monete di rame e si chiedeva come avesse fatto di preciso ad esserne entrato in possesso.

«Come tira fuori tutte quelle monete?» chiese Morty.

«A COPPIE.»

Un barbiere che teneva aperta la bottega tutta la notte, aggiustò i capelli di Morty con un taglio all’ultima moda fra i rampolli cittadini mentre la Morte si rilassava nella poltroncina accanto, canticchiando fra sé e sé. Con sua grande sorpresa, si sentiva di buon umore.

Dopo qualche minuto, infatti, tirò indietro il cappuccio, gettò un’occhiata all’apprendista del barbiere, che gli annodò un asciugamano attorno al collo in quel tipico modo ipnotizzato di chi non riesce a distinguere bene le cose, che cominciava ormai a essere familiare a Morty, e disse: «UNO SPRUZZO DI COLONIA E UNA RINFRESCATINA, BRAV’UOMO.»

Uno stregone attempato che si stava facendo dare una spuntatina alla barba, all’altra estremità del negozio, si irrigidì quando udì quei toni plumbei e gravi e si girò di scatto. Impallidì e bofonchiò qualche incantesimo di protezione dopo che la Morte si era girata, lentissimamente, per ottenere il massimo effetto, e gli aveva lanciato un ghigno.

Qualche minuto dopo, sentendosi piuttosto fiero di sé e infreddolito attorno alle orecchie, Morty si stava dirigendo nuovamente verso le scuderie in cui la Morte aveva lasciato il cavallo. Tentò, tanto per provare, di incedere con una camminata baldanzosa, ritenendo che i nuovi vestiti e il taglio di capelli lo richiedessero. Non sembrò funzionare un gran che.

Morty si svegliò.

Rimase sdraiato, fissando il soffitto, mentre i suoi ricordi eseguivano una veloce marcia indietro e gli eventi della giornata precedente gli si cristallizzavano nella mente come piccoli cubetti di ghiaccio.

Non poteva assolutamente avere incontrato la Morte. Non poteva avere consumato un pasto con uno scheletro che aveva occhi dai bagliori azzurrognoli. Doveva essere stato uno strano sogno. Non poteva avere cavalcato, sulla parte posteriore della sella, in groppa a un grosso cavallo bianco che aveva galoppato su nel cielo e poi essere andato a finire…

…dove?

La risposta gli piombò nella mente con la inevitabilità di una cambiale in scadenza.

Qui.

Tastando con le mani arrivò fino ai capelli tagliati e poi giù sulle lenzuola che erano di uno strano e lucido tessuto liscio. Era ben più sottile della lana alla quale era abituato a casa che era ruvida e puzzava sempre di pecora: questo dava una sensazione paragonabile al caldo ghiaccio secco.

Si precipitò giù dal letto e si guardò attorno nella stanza. Tanto per cominciare essa era spaziosa, molto più spaziosa dell’intera casa in cui aveva abitato, ed era asciutta come le vecchie tombe sotto gli antichi deserti. L’aria sembrava avere ribollito per ore prima di essere stata lasciata raffreddare. Il tappeto che aveva sotto i piedi era sufficientemente spesso da poter nascondere una tribù di pigmei e produceva minuscole scariche elettriche mentre lui vi camminava sopra a piedi nudi. Tutto era arredato con i toni del porpora e del nero.