Pierre afferrò la mano di Molly. Prese a indietreggiare, ma all’improvviso si rese conto di quanto fosse grave la ferita dell’assalitore. L’uomo avrebbe sanguinato a morte senza immediato soccorso. — Trova un telefono — disse Pierre a Molly. — Chiama il nove-uno-uno. — Lei corse via, verso la Haviland Hall.
Pierre rotolò l’uomo sul dorso, e mentre lo faceva il coltello scivolò fuori. Lo raccolse e lo gettò quanto più lontano poteva, nel caso che avesse sopravvalutato la lesione. Poi, strappando i bottoni, aprì la leggera camicia di cotone dell’aggressore, che era adesso intrisa di sangue, esponendo lo squarcio. L’uomo era in stato di shock: la sua carnagione, anche se era difficile notarlo nella fioca luce, si era fatta di un bianco grigiastro. Pierre si tolse il pullover beige della McGill University, e ne fece un cuscinetto per far pressione sull’emorragia.
Molly tornò qualche minuto dopo, ansimante per la corsa. — Sta venendo un’ambulanza, e anche la polizia — disse. — Come sta?
Pierre mantenne la pressione sul pullover appallottolato, ma il tessuto era ormai zuppo e viscido. — Sta morendo — disse, alzando lo sguardo verso di lei, con voce angosciata.
Molly si fece più vicina, ergendosi sull’assalitore. — Non lo riconosci?
Pierre scosse il capo. — Lo ricorderei, quel mento.
Lei si inginocchiò accanto all’uomo, poi chiuse gli occhi, ascoltando la voce che solo lei poteva udire.
«Non è giusto» pensò l’uomo. «Ho ucciso solo gente che secondo Grozny lo meritava. Ma io non merito di morire. Non sono un fottuto…»
La voce interiore si arrestò bruscamente. Molly riaprì gli occhi e poi, gentilmente, tolse le mani coperte di sangue di Pierre dal pullover inzuppato. — È andato — disse.
Pierre, che era ancora in ginocchio, si ritrasse lentamente. La sua faccia era bianca come un lenzuolo e la mascella gli pendeva semiaperta. Molly riconobbe i segni; proprio come l’aggressore pochi momenti prima, lo stesso Pierre era ora sotto shock. Lo aiutò a distaccarsi dal corpo e lo fece sedere giù sull’erba, alla base di un pino.
Dopo quella che parve un’eternità, udirono infine l’avvicinarsi delle sirene. La polizia cittadina arrivò per prima, passando dal cancello nord, seguita pochi istanti dopo da un’auto della polizia del campus che giunse dalla direzione della Moffit Library. I due veicoli frenarono fianco a fianco, vicino a dove cominciava il boschetto di pini.
I poliziotti cittadini erano una coppia sale e pepe: un massiccio nero e una donna bianca più alta e ossuta. Il nero sembrava essere l’ufficiale anziano. Prese un pacchetto sigillato di guanti di latex da un compartimento e se li schiaffò sulle mani carnose, poi si mise a esaminare il cadavere. Controllò il polso dell’uomo, poi gli spostò la testa e tentò ancora alla base del collo. — Cristo — disse.
— Karen?
La sua partner si fece più vicina e puntò il raggio di una torcia sulla faccia. — Si è preso un bel colpo, questo è sicuro — disse la donna, indicando la ferita che avevano inferto le chiavi di Pierre. Poi sbatté le palpebre. — Di’, non l’avevamo già fermato poche settimane fa?
Il nero annuì. — Chuck Hanratty. Feccia. — Scosse il capo, ma sembrò più per stupore che per tristezza. Si alzò in piedi, si strappò i guanti, e scambiò per un attimo uno sguardo col poliziotto del campus, un bianco paffuto dai capelli candidi che cercava di evitare di far cadere gli occhi sul corpo. Poi si rivolse a Pierre e Molly. — Nessuno di voi è ferito?
— No — disse Molly, con voce lievemente tremante.
— Solo un po’ scossi.
La donna poliziotto stava esplorando la zona con la sua torcia. — Quello è il coltello? — disse, guardando Pierre e indicando l’arma, che era atterrata alla base di un altro pino.
Pierre alzò lo sguardo, ma non parve sentire.
— Il coltello — disse lei di nuovo. — Il coltello che l’ha ucciso.
Pierre annuì.
— Stava cercando di ammazzarci — disse Molly. Il nero la guardò. — Lei è studentessa qui?
— No, sono del corpo insegnante — disse lei. — Dipartimento di psicologia.
— Nome?
— Molly Bond.
Con un cenno del capo l’agente indicò Pierre, che stava ancora a fissare il vuoto. — E lui?
— È Pierre Tardivel. È dell’Human Genome Center, su al Lawrence Berkeley Laboratory.
L’agente si rivolse al poliziotto del campus. — Conosce questi due?
L’anziano poliziotto stava lentamente riguadagnando la compostezza; quel genere di cose era ben diverso dal rimorchiare le auto in sosta nei posti riservati agli handicappati. Scosse la testa.
L’agente maschio si voltò di nuovo verso Molly e Pierre. — Fatemi vedere le vostre patenti di guida e i tesserini dell’università — disse.
Molly aprì la borsetta e mostrò all’ufficiale i documenti richiesti. Pierre, infreddolito senza il pullover addosso, ancora scosso dalla morte dell’uomo, le braccia coperte fino ai gomiti di sangue che si andava incrostando, riuscì a tirar fuori il portafoglio marrone, ma si limitò a fissarlo come se non sapesse aprirlo. Molly glielo prese gentilmente ed esibì la sua identità al poliziotto.
— Canadese — disse l’uomo, come se fosse una cosa di cui essere molto sospettosi. — Ha i documenti di soggiorno?
— Documenti… — ripeté Pierre, ancora intontito.
— Ha una carta verde — disse Molly. Frugò nel portafoglio, la trovò, e la mostrò all’ufficiale. Il poliziotto nero annuì. La sua collega intanto aveva preso una macchina Polaroid dall’autopattuglia e stava scattando foto della scena.
Finalmente l’ambulanza arrivò. Passò dal cancello nord, ma non poté scendere fin dove si trovavano loro. Tutti i veicoli avevano spento le sirene prima di parcheggiare, ma l’ambulanza lasciò accesa la luce rotante sul tetto, facendo danzare ombre arancioni su tutta la scena. L’aria era piena di gracchianti chiamate sulle radio della polizia e dell’ambulanza. Due paramedici, entrambi maschi, si precipitarono verso l’uomo a terra. Era giunto fin lì anche qualche spettatore.
— Niente polso — disse il poliziotto. — Nessun segno di respirazione.
I paramedici fecero alcuni controlli, poi annuirono. — È andato, questo è sicuro — disse uno. — Forza, prendiamolo su.
— Karen? — disse l’ufficiale.
La poliziotta annuì. — Ho preso abbastanza foto.
— Torna in auto — disse l’uomo. Si rivolse a Pierre e Molly. — Avremo bisogno delle deposizioni di tutti e due.
— È stata autodifesa — disse Molly.
Per la prima volta, l’agente mostrò un po’ di calore umano. — Naturalmente. Non preoccupatevi; è solo routine. Il tizio che vi ha assaliti aveva un bel record criminale: rapina, aggressione, incendio di una croce.
— Di una croce? — disse Molly, scioccata.
Il poliziotto annuì. — Un bel tipo, quel Chuck Hanratty. Era invischiato in un gruppo neonazista chiamato Millennial Reich. Di solito se ne stanno oltre la Baia a San Francisco, ma hanno reclutato anche qui a Berkeley. — Si guardò intorno, verso i vari edifici. — La vostra auto è qui?
— Eravamo a piedi — disse Molly.
— Be’, guardate, è mezzanotte passata e, francamente, il suo amico sembra un po’ fuori di sé. Perché non lasciate che l’agente Granatstein e io vi diamo un passaggio? Potrete venire alla Centrale domani per fare una deposizione. — Le porse una carta.
— Perché — disse Pierre, finalmente riscuotendosi un po’ — un neonazista dovrebbe aggredirmi?
Il nero si strinse nelle spalle. — Non è un gran mistero. Andava dietro al suo portafoglio e alla sua borsa.
Ma Molly sapeva che non era vero. Prese la mano incrostata di sangue di Pierre e lo guidò verso l’auto della polizia.