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Pierre ricambiò il cenno del capo. — Ma quando uno fa dei sacrifici e poi scopre che non erano necessari, il rimpianto può essere troppo da sopportare. Ecco perché anche quelli di noi che scoprono di non avere la malattia finiscono per uccidersi. — Restò zitto per un lungo tempo. — Ma ora… ora che non si tratta solo di me, credo che dovrei fare il test.

Molly tese una mano e gli accarezzò la guancia. — No — disse. — No. Non farlo per me. Se mai vorrai, fallo per te stesso. Dicevo sul serio: voglio sposarti e, se scoprirai di avere la malattia, ce ne preoccuperemo a suo tempo. La mia proposta resta valida anche se non farai nulla.

Pierre sbatté le palpebre. Era sul punto di mettersi a piangere. — Sono così fortunato ad averti trovata.

Lei sorrise. — Provo lo stesso sentimento verso di te.

Si tennero strettamente l’uno all’altra. Quando il loro abbraccio finì, Pierre disse: — Ma non so, forse «dovrei» fare il test comunque. Ho fatto quel che mi avevi chiesto, sai. Mi sono visto con una della Condor Assicurazioni, un paio di settimane fa. Ma non ho potuto stipulare la polizza.

— Ancora non hai copertura sanitaria?

Pierre scosse il capo. — Vedi, ora come ora, mi rifiuterebbero in base alla mia storia familiare. Ma fra due mesi, il giorno di Capodanno, entrerà in vigore una nuova legge della California. Non impedisce alle compagnie assicurative di servirsi di dati sulla storia familiare, ma proibisce l’uso di informazioni genetiche, e quest’ultimo divieto ha la precedenza sul resto. Se faccio il test per la corea di Huntington, dovranno assicurarmi per forza, qualunque siano i risultati; non potranno nemmeno farmi pagare un premio più alto, finché non mostrerò sintomi.

Molly restò in silenzio un momento, per assimilare tutto ciò. — Intendevo davvero quel che ho detto: non voglio che tu faccia il test per me, e, be’, se non puoi assicurarti quaggiù, potremo sempre trasferirci in Canada, no?

— S… suppongo. Ma non voglio lasciare il LBL; trovarmi qui è l’opportunità di tutta una vita.

— Be’, ci sono trenta milioni di americani senza assicurazione sanitaria. Ma in gran parte riescono…

— No. No, una cosa è farti rischiare di sposare qualcuno che potrebbe diventare molto malato; un’altra è chiederti di rischiare in più anche la rovina finanziaria. Dovrei fare il test.

— Se pensi che sia la cosa migliore — disse Molly. — Ma ti sposerò in ogni caso.

— Non dire così adesso. Aspetta finché non avremo i risultati.

— Quanto ci vorrà?

— Be’, di norma un laboratorio richiede mesi di esami psicologici prima di effettuare il test, per accertarsi che uno voglia davvero farlo e sia in grado di affrontare i risultati. Ma…

— Sì?

Pierre si strinse nelle spalle. — Non è un test difficile… non più di ogni altro test genetico. Come ho detto, potrei farlo io stesso nel mio laboratorio al LBL.

— Non voglio che tu ti senta costretto a farlo.

— Non sei tu a costringermi; è la compagnia d’assicurazioni. — Rimase zitto per un po’. — Tutto bene — disse finalmente. — È tempo che io lo scopra.

13

— Spiegami quel che farai — disse Molly, seduta su uno sgabello nel laboratorio di Pierre. Erano le dieci di mattina di un sabato. — Voglio capire esattamente che sta succedendo.

Pierre annuì. — Okay — disse. — Giovedì, ho estratto campioni del mio DNA da una goccia del mio sangue. Ne ho separato le mie due copie del cromosoma quattro, ho tagliato via particolari segmenti usando speciali enzimi, e mi sono messo a ricavare immagini radioattive di questi segmenti. Ci vuole un po’ per sviluppare queste immagini, ma dovrebbero essere pronte ora, così potremo controllare direttamente cosa dice il mio codice genetico nel gene specificamente associato alla corea di Huntington. Questo gene contiene un’area chiamata IT15 («interessante trascrizione numero quindici»), un nome datole tempo fa, quando ancora la gente non sapeva a che servisse.

— E se hai la IT15, hai la corea di Huntington?

— Non è così semplice. Chiunque ha la IT15. Come tutti i geni, il compito della IT15 è quello di codificare la sintesi di una molecola proteica. La proteina che fa la IT15 è stata recentemente denominata «huntingtina».

— Allora, se chiunque ha la IT15 — disse Molly — e qualunque corpo produce huntingtina, cosa determina se hai o meno la malattia?

— Le persone con la corea di Huntington hanno una forma mutante di IT15, che causa una produzione eccessiva di huntingtina. L’huntingtina ha un ruolo cruciale nell’organizzare il sistema nervoso nelle primissime settimane di sviluppo di un embrione. A un certo punto dovrebbe cessare di essere prodotta, ma nei portatori di corea di Huntington non è così, e ciò causa danni al cervello. Sia nella versione normale, sia in quella mutante della IT15, c’è una fila di triplette di nucleotidi che si ripetono: citosina-adenina-guanina, o CAG, che si ripetono più e più volte. Bene, nel codice genetico, ogni tripletta innesca la produzione di uno specifico amminoacido, e gli amminoacidi sono i mattoni che costituiscono le proteine. Incidentalmente, capita che CAG sia uno dei codici per produrre un amminoacido chiamato glutammina. Negli individui sani, la IT15 contiene fra undici e trentotto ripetizioni di questa tripletta CAG. Ma quelli con la corea di Huntington hanno fra quarantadue e un centinaio o giù di lì di triplette CAG.

— Okay — disse Molly — quindi guardiamo ognuno dei tuoi cromosomi quattro, troviamo l’inizio della fila di triplette CAG, poi ci limitiamo a contare il numero di ripetizioni di quella tripletta. Giusto?

— Giusto.

— Sei sicuro di voler procedere? Pierre annuì. — Sono sicuro.

— Allora facciamolo.

E lo fecero. Fu un lavoro meticoloso, quello di esaminare attentamente la pellicola dell’autoradiografia. Linee quasi impercettibili rappresentavano ogni nucleotide. Pierre usò un pennarello per scrivere le lettere sotto ogni tripletta: CAG, CAG… Molly, nel frattempo, segnava il numero di ripetizioni su un foglio di carta.

Senza campioni di sangue di Elisabeth Tardivel e Henry Spade, non c’era modo di dire quale dei suoi cromosomi quattro fosse venuto da suo padre, quindi doveva controllarli entrambi. Sul primo, la sfilza di triplette CAG finì dopo diciassette ripetizioni.

Pierre si abbandonò a un sospiro di sollievo. — Ci resta l’altro — disse.

Cominciò a controllare la sequenza sul secondo cromosoma. Nessuna reazione quando il conteggio arrivò a undici; era il minimo normale. Quando giunsero a venticinque, comunque, Pierre si ritrovò con la mano tremante.

Molly gli toccò il braccio. — Non preoccuparti — disse. — Hai detto che potresti averne fino a trentotto ed essere ancora normale.

Pierre annuì. — Ma quello che non ho detto è che il settanta per cento delle persone normali hanno ventiquattro ripetizioni o meno.

Molly si morse il labbro inferiore. Pierre continuò la sequenza. Ventisei, ventisette, ventotto.

La vista gli si andava offuscando. Trentacinque. Trentasei. Trentasette. Trentotto. Dannazione. Stradannazione.

«Trentanove.» Stramaledetto Dio.

— Eppure — disse Molly, tentando di darsi un tono coraggioso — trentotto può essere il limite normale, ma ne devi avere almeno quarantadue…

Quaranta. Quarantuno. Quarantadue.

— Mi dispiace, tesoro — disse Molly. — Mi spiace tanto.

Pierre mise giù il pennarello. Il suo intero corpo era scosso da tremiti.

— Dio, quanto mi dispiace — disse Molly.

Il cinquanta per cento di probabilità. Come lanciare una moneta. Testa o croce.

Pierre non disse nulla. Il cuore gli batteva furiosamente.