Quella notte sognò Stoccolma.
— Buongiorno, Shari — disse Pierre, al suo ingresso nel laboratorio.
Shari era vestita con una camicetta beige sotto un abito in due pezzi. Si era tagliata di recente i lunghi capelli scuri. Come Pierre, Shari si stava tuffando nel lavoro, tentando di superare la perdita di Howard.
— Cos’è questo? — disse lei, reggendo un’autoradiografia che aveva trovato mentre faceva le pulizie. Il laboratorio sarebbe diventato un porcile se non fosse stato per i periodici tentativi di Shari di rimettere ordine.
Pierre guardò quel pezzo di pellicola. Tentò di sembrare indifferente. — Nulla. Solo spazzatura.
— Chiunque possieda questo DNA ha la corea di Huntington — disse Shari, prosaica.
— È solo un vecchio esame.
— È tuo, non è vero? — chiese Shari.
Pierre pensò di continuare a mentire, ma poi scrollò le spalle. — Credevo di averlo gettato via.
— Mi dispiace, Pierre. Mi spiace tanto.
— Non dirlo a nessuno.
— No, certo che no. Da quanto tempo lo sai?
— Poche settimane.
— Come l’ha presa Molly?
— Noi… abbiamo rotto.
Shari mise la pellicola in un cestino dei rifiuti. — Oh.
Si guardarono a vicenda per un attimo. La mente di Pietre fece ciò che supponeva che ogni maschio facesse in momenti come quelli. Pensò per un istante a lui e a Shari, alle possibilità che avevano. Entrambi erano portatori di geni malati. Lui aveva trentadue anni e lei ventisei, non una differenza scandalosa. Ma… ma c’erano altri abissi fra loro. E lui non le vide in faccia nessuna indicazione, nessun suggerimento, nessun accenno. Quel pensiero non le era passato per la testa.
Certi abissi non sono facili da attraversare.
— Non parliamo di questo — disse Pierre. — Io… ho da fare qualche ricerca che vorrei dividere con te. C’è qualcosa che ho trovato in biblioteca la notte scorsa.
Dall’espressione di Shari, sembrò che volesse approfondire oltre il soggetto della corea di Huntington, ma poi lei annuì e prese posto su uno sgabello.
Pierre le disse dell’articolo di «Scientific American», delle due forme di citosina, quella regolare e la variante della 5-metilcitosina; e dell’ipotetico enzima che avrebbe potuto tramutare la precedente nella successiva, ma l’avrebbe fatto solo se la citosina nella coppia CG dal lato opposto della doppia elica fosse già stata metilata.
— In via ipotetica — disse Shari, rimarcando le parole. — Se questo enzima esiste.
— Giusto, giusto — disse Pierre. — Ma supponiamo di sì. Che succede quando il DNA si riproduce? Be’, naturalmente, la doppia elica si apre nel mezzo, formando due filamenti. Un filamento contiene tutti i componenti di sinistra delle coppie di basi, magari qualcosa del genere… — Scrisse sulla lavagna che copriva gran parte di un muro:
Lato sinistro: T-C-A-C-G-T
— Vedi questa coppia CG? Okay, diciamo che la sua citosina è metilata. — Ripassò due volte il gesso, per evidenziare:
Lato sinistro: T-C-A-C-G-T
— Ora, nella riproduzione del DNA, i nucleotidi che vagano liberi vengono fissati nei punti appropriati su ciascun filamento, il che significa che il lato destro di questo finirà per sembrare così… — Il suo gesso volò attraverso la lavagna, scrivendo nella sequenza complementare:
Lato sinistro: T-C-A-C-G-T
Lato destro: A-G-T-G-C-A
— Vedi? Direttamente opposta alla coppia sinistra CG c’è il coppia destra GC. — Fece una pausa, in attesa che Shari gli facesse cenno col capo di aver capito. — Ora la metilase di mantenimento interviene e vede che non c’è parità tra i due lati della doppia elica, così aggiunge un gruppo metilico alla parte destra. — Passò a evidenziare anche il paio GC:
Lato sinistro: T-C-A-C-G-T
Lato destro: A-G-T-G-C-A
— Al tempo stesso, l’altra metà del filamento originale sta venendo riempita di nucleotidi liberi. Ma la metilase di mantenimento farebbe esattamente la stessa cosa con questa, duplicando la metilazione della citosina su entrambi i lati, se in origine era presente da una parte sola. Pierre batté le mani insieme per scuoter via la polvere di gesso. — Voilà! Postulando quell’unico enzima, si finisce con un meccanismo per preservare lo stato di metilazione della citosina da una generazione di cellule all’altra.
— E?
— E pensa al nostro lavoro sui codoni sinonimi. — Fece un gesto verso il poster alla parete intitolato IL CODICE GENETICO.
— Sì?
— È possibile che ci sia un livello aggiuntivo di codificazione nascosto nel DNA, se la scelta del sinonimo usato è significativa. Ora, abbiamo un secondo, possibile tipo di codificazione supplementare nel DNA: il codice che dipende dalla metilazione o no della citosina. Sono pronto a scommettere che uno di questi codici supplementari, o entrambi, è la chiave per giungere al vero significato del cosiddetto DNA intronico.
— Quindi che facciamo adesso? — chiese Shari.
— Be’, come si dice che abbia detto Einstein «Dio è sottile, ma non è malizioso.» — Sorrise a Shari. — Non importa quanto siano complessi i codici, dovremmo essere in grado di decifrarli.
Pierre andò a casa. Il suo appartamento sembrava troppo grande. Si sedette sul divano del soggiorno, tirando oziosamente un filo arancione scucito da uno dei cuscini.
Stavano facendo progressi, lui e Shari. Si stavano avvicinando a una scoperta. Di questo si sentiva sicuro.
Ma non era emozionato. Non era eccitato.
«Dio, che idiota che sono.»
Cominciò a prepararsi per andare a letto, gettando calze e biancheria sul pavimento del soggiorno: non c’era più alcuna ragione per non farlo.
Aveva riletto Camus di nuovo. La sua ponderosa copia delle Opere complete stava rovesciata su uno dei cuscini verdi e arancioni del divano. Camus, che aveva ottenuto il Nobel per la letteratura nel ’57; Camus, che commentava l’assurdità della condizione umana. «Non voglio essere un genio» aveva detto. «Ho già abbastanza problemi nel cercare di essere un uomo.»
Pierre si sedette di nuovo sul divano e sospirò nelle tenebre. L’assurdità della condizione umana. L’assurdità di tutto quanto. L’assurdità di essere un uomo.
Gli passò per la mente anche Bertrand Russell… un Premio Nobel del 1950. «Temere l’amore» aveva affermato «è temere la vita… e quelli che temono la vita sono già morti per tre quarti.»
Morti per tre quarti… lo stesso poteva dirsi per un sofferente di corea di Huntington a trentadue anni.
Pierre si infilò nel letto, giacendo in posizione fetale.
Faticò a dormire… ma quando ci riuscì, non sognò Stoccolma, bensì Molly.
15
— Non posso lasciarti ridare l’esame — disse Molly allo studente seduto di fronte a lei — ma se intraprenderai un altro progetto di ricerca, posso darti fino a dieci punti extra. Se prendi otto o più, passerai… giusto per un pelo. Sta a te la scelta.
Lo studente stava guardando le sue mani, che riposavano in grembo. — Farò il progetto. Grazie, professoressa Bond.
— Così va bene, Alex. Tutti meritano una seconda possibilità.
Lo studente si alzò in piedi e lasciò l’angusto e ingombro ufficio. Pierre, che era rimasto appena fuori della porta in attesa che Molly restasse sola, avanzò fin sulla soglia, reggendo una dozzina di rose rosse di fronte a sé.
— Sono così dispiaciuto — disse.
Molly alzò lo sguardo, con gli occhi spalancati.
— Mi sento un verme completo.
Molly non disse niente.
— Posso entrare? — disse lui. Lei annuì, ma ancora non parlò.