— Sì?
— Non voglio metterlo nei guai, ma… be’, c’è Felix Sousa, un professore all’UCB.
— Sousa? Qualcun altro?
— No. Conosce Sousa?
Avi sogghignò. — Il tipo dei bianchi-superiori-ai-neri.
Pierre annuì. — Non c’è niente che possano fare per tappargli la bocca. Ma se c’è qualche nazista qui, è lui.
Avi annuì. — Va bene, grazie. Non menzioni questa conversazione con nessuno.
— Ancora non capisco…
Ma Avi Meyer era già fuori dalla porta.
— Susan? Sono Avi. Sì… sì. Cosa? Corrìna, Corrina, con Whoopi Goldberg. Sì, era okay; meglio del cibo, comunque. Sì, ho visto Tardivel questo pomeriggio. Non si è spinto a dirlo apertamente, ma penso che senta che l’aggressione era diretta proprio a lui, il che rende il collegamento ancora più stretto. Domani passerò la giornata a esaminare gli archivi del SFPD e dell’ufficio dello sceriffo della contea di Alameda sul Millennial Reich. No, sto evitando Klimus, almeno per qualche tempo. Non voglio scoprire le carte…
20
— Dato che stiamo per avere un bambino — disse Molly, seduta sul loro divano del soggiorno — c’è qualcosa che voglio tu faccia.
Pierre mise giù il telecomando. — Oh?
— Non ho mai avuto nessuno che studiasse il mio… mio dono. Ma dato che avremo un figlio, penso che forse dovremmo saperne di più al riguardo. Ho passato l’inferno quando cominciò a succedermi quando compii tredici anni, pensai che mi fosse fuso il cervello.
Pierre annuì. — Sono certamente curioso di conoscere il lato scientifico di quel che sai fare, ma non ho voluto impicciarmi.
— E ti amo per questo. Ma «dovremmo» sapere. Dev’esserci qualcosa di diverso nel mio DNA. Potresti scoprire cos’è?
Pierre si accigliò. — È quasi impossibile trovare la causa genetica di qualcosa con un solo campione. Per trovare il gene della corea di Huntington, hanno usato campioni di sangue provenienti da settantacinque famiglie di tutto il mondo sofferenti della malattia. Ma poiché sei l’unica telepate dichiaratamente riconosciuta sul pianeta, non penso che ci sia qualcosa che possiamo fare per cercare uno specifico gene.
— Be’ — disse Molly — se non possiamo scoprirlo lavorando dal DNA in su, che ne diresti di invertire la procedura? La mia idea è che ci sia qualcosa di chimicamente differente nel mio cervello, un neurotrasmettitore, diciamo, che non ha nessun altro, una sostanza che forse mi consente di usare la mia rete neurale come ricevente. Se potessimo isolarla e stabilire la sua sequenza di amminoacidi, potresti ricercare nel mio DNA il codice che specifica quegli amminoacidi?
Pierre alzò le spalle. — Suppongo di sì, se fosse un neurotrasmettitore a base proteica. Ma nessuno di noi ha l’esperienza per fare un lavoro di questo genere. Dovremmo coinvolgere qualcun altro, per prendere i campioni di fluido e separarne i neurotrasmettitori. E anche in tal caso, abbiamo solo un vago indizio che sia questa la causa della tua telepatia. Eppure — disse, con voce che assumeva un tono distante — se potessimo identificare il neurotrasmettitore, forse un giorno riuscirebbero a sintetizzarlo. Forse tutto quello che ci occorre per leggere nelle menti è avere le giuste sostanze chimiche nel cervello.
Ma Molly stava scuotendo la testa. — Non vorrei sembrare sessista — disse — ma ho sempre sospettato che la sola ragione per cui sono sopravvissuta tanto a lungo è perché sono una donna. Rabbrividisco al pensiero di cosa farebbe un maschio, reso violento dal testosterone, captando pensieri offensivi… probabilmente ucciderebbe chiunque gli stia intorno. — Il suo sguardo tornò a incontrare quello di Pierre. — No. Forse un giorno, nel remoto futuro, l’umanità potrà essere in grado di affrontare qualcosa del genere. Ma non adesso; non è il momento giusto.
Pierre stava eseguendo un’elettroforesi quando il telefono del suo laboratorio squillò per la terza volta quella mattina. Sospirò, attraversò la stanza sulla poltrona a rotelle, e alzò la cornetta.
— Tardivel — sbottò nel microfono.
— Ciao, Pierre. Sono Jasmine Lucarelli, Endocrinologia.
Il tono di Pierre si riscaldò immediatamente. — Oh, ciao, Jasmine. Grazie mille per esserti fatta risentire.
— Uh-huh. Senti… dove hai detto che hai preso quel campione di fluido che mi hai spedito?
Pierre esitò brevemente. — Ah, era di una donna.
— Non ho mai visto niente del genere. Il campione conteneva tutti i soliti neurotrasmettitori, serotonina, acetilcolina, GABA, dopamina, e così via, ma c’era dentro una proteina che non avevo mai visto prima. Abbastanza complessa, pure. Sto solo presumendo che sia un neurotrasmettitore per via della sua struttura di base: uno dei suoi principali costituenti è la colina.
— Hai elaborato la sua struttura completa?
— Non personalmente — disse la dottoressa Lucarelli. — Uno dei miei studenti l’ha fatto per me.
— Puoi spedirmi una copia?
— Certo. Ma vorrei ancora sapere da dov’è venuta questa roba.
Pierre espirò. — È… è un tiro mancino, penso. Uno studente di biochimica l’ha rabberciata insieme, cercando di farsi beffe del suo professore.
— Merda — disse Lucarelli. — Che gente, eh?
— Già. Comunque, grazie per averci dato un’occhiata. Se mi spedirai le tue note sulla struttura chimica, te ne sarò grato… io, ah, voglio metterne una copia nella scheda dello studente, in caso che tenti di nuovo qualche bravata del genere.
— Certamente.
— Grazie mille, Jasmine.
— Nessun problema.
Pierre riagganciò il telefono, col cuore che gli batteva forte.
Pierre aveva passato gli ultimi quattordici giorni a studiare l’insolito neurotrasmettitore del cervello di Molly. Se fosse la chiave della sua telepatia o solo un suo sottoprodotto, non lo sapeva. Ma la sostanza, nonostante la sua complessità, non era che un’altra proteina, e come tutte le proteine aveva come costituenti di base gli amminoacidi. Pierre elaborò le varie sequenze di DNA che avrebbero potuto codificare l’opera della più caratteristica catena di amminoacidi presente nella molecola. C’erano molte combinazioni possibili, a causa dei codoni sinonimi, ma le calcolò tutte quante. Poi fabbricò segmenti di RNA in grado di complementare le varie sequenze di DNA che andava cercando.
Pierre prese una provetta piena del sangue di Molly e usò azoto liquido per congelarla a meno settanta gradi Celsius. Ciò frantumò le membrane cellulari dei corpuscoli rossi, ma lasciò intatti i più resistenti corpuscoli bianchi. Poi scongelò il sangue, e i corpuscoli rossi si dissolsero in frammenti.
Successivamente, centrifugò la provetta a 1.600 giri al minuto. I milioni di corpuscoli bianchi, gli unici oggetti rimasti nel campione di sangue adesso, furono sospinti all’estremità della provetta, formando una solida pallina bianca. Rimosse la pallina e per un paio d’ore la mise a bagno in una soluzione contenente proteinase K, che digerì le membrane cellulari dei corpuscoli bianchi e altre proteine. Poi introdusse fenolo e cloroformio, che spazzarono via i detriti di proteine in venti minuti, infine aggiunse etanolo, che nelle due ore seguenti fece precipitare le delicate fibre del DNA purificato di Molly.
In seguito Pierre lavorò ad aggiungere i suoi speciali segmenti di RNA al DNA di Molly, e guardò per vedere se si agganciassero da qualche parte. Ci vollero circa un centinaio di tentativi prima che avesse fortuna. Saltò fuori che la sequenza che codificava la produzione del neurotrasmettitore relativo alla telepatia era sul braccio corto del cromosoma tredici.
Pierre usò il suo terminale per collegarsi al GSDB, il Genome Sequence Database, che conteneva tutte le sequenze genetiche che erano state mappate dalle centinaia di laboratori e università di tutto il mondo che lavoravano alla decodificazione del genoma umano. Voleva vedere come sembrava quella parte del cromosoma tredici nella gente normale. Per buona sorte, il gene in questione era stato sequenziato in dettaglio dal gruppo di Leeds. Il valore normale era CAT CAG GGT GCT CAT, ma il campione di Molly cominciava con TCA TCA GGG TGT CCA… completamente differente, il che…