Amanda cominciò a piangere. Pierre immediatamente balzò in piedi e si affrettò a raggiungerla, prendendola in braccio, appoggiandosela su una spalla e facendola dondolare dolcemente su e giù. — Su, su, gioia — la coccolò. — Su, su. — Sorrise a Klimus, rimasto in sala da pranzo. — Mi spiace di questo — disse.
— Niente affatto, niente affatto — disse Klimus. Tirò fuori il suo blocco note e scribacchiò qualcos’altro.
28
Sei settimane dopo
— Guarda la mammina, tesoro. Su, guarda la mammina. Fai la brava bambina. Ora, papà ti pungerà il braccio un pochino. Ti farà male, ma non troppo, e durerà solo un secondo. Okay, tesoro? Ecco il mio dito. Dagli una bella strizzata. Così. Okay, eccoci pronti. No, no… non piangere, gioia. Non piangere. È passato ora. Andrà tutto benone, baby… Andrà tutto benone.
Pierre controllò un piccolo campione del DNA di Amanda. A sua figlia mancava la mutazione del cromosoma tredici, e quindi presumibilmente, una volta cresciuta, non sarebbe stata telepate. Molly parve avere sentimenti curiosamente contrastanti al riguardo, ma Pierre dovette ammettere di essere sollevato.
Il lavoro iniziale di Pierre aveva mostrato che solo uno dei due cromosomi tredici di Molly aveva la mutazione telepatica, il che significava che Amanda aveva avuto solo il cinquanta per cento di probabilità di ereditarlo da sua madre (Amanda, naturalmente, avrebbe ricevuto uno dei tredici di Molly e uno dei tredici di Klimus). Così in realtà non c’era niente di strano che la bimba non avesse ereditato il gene mutato di sua madre, eppure…
Eppure, durante una semplice amplificazione PCR del DNA di Molly, la trasposizione era stata «corretta», così…
E identico era adesso il caso di Amanda, che, come in un’estrazione a caso, aveva fortunatamente ricevuto da sua madre il cromosoma tredici non mutato, o…
O «nessuna» delle cellule uovo di Molly conteneva il DNA trasposto? Era stato in qualche modo corretto anche lì, come durante la replicazione PCR?
Ovviamente, la mutazione non poteva essere corretta ogni volta che appariva, o si sarebbe aggiustata durante lo sviluppo dello stesso embrione di Molly, più di trent’anni prima. Eppure, in qualche modo, adesso veniva soppressa. Pierre doveva sapere se la correzione fosse presente negli ovuli non fertilizzati di Molly, o se si svolgesse solo dopo che l’ovulo era fertilizzato e aveva iniziato a dividersi.
Grazie al preliminare trattamento ormonale, Molly aveva portato a maturazione un gran numero di ovuli in un unico ciclo. Gwendolyn Bacon ne aveva estratti quindici per il tentativo di fecondazione in vitro, ma aveva detto a Klimus di provare a fertilizzarne solo la metà, il che significava che sette o otto degli ovuli non fertilizzati di Molly erano presumibilmente ancora lì nell’edificio 74.
Dopo una telefonata a Molly, Pierre lasciò il proprio laboratorio e raggiunse quella stessa piccola sala operatoria in cui le cellule uovo di Molly erano state estratte più di un anno prima. Pierre conosceva uno dei tecnici di lì: non ebbe difficoltà a fargli trovare e consegnare le cellule uovo di Molly, sette delle quali erano ancora congelate.
Naturalmente, era possibile che sette uova scelte a caso ereditassero tutte, da parte materna, lo stesso cromosoma tredici, ma le probabilità erano contrarie.
Eppure, apparentemente, questo era accaduto. Nessuna delle cellule uovo aveva la mutazione. A meno che…
I due cromosomi tredici di Molly differivano fra loro in altri modi, naturalmente. Pierre iniziò a testare altri punti dei cromosomi estratti dagli ovuli, e…
No, «non» avevano tutti ricevuto lo stesso cromosoma tredici. A quattro di essi era toccato uno dei cromosomi tredici di Molly, quello che, nel corpo di Molly, non aveva la mutazione, mentre tre avevano ricevuto l’altro dei tredici di Molly, quello che «aveva» la mutazione.
Eppure, incredibilmente, la mutazione era stata corretta in ciascuno degli ovuli.
Un mese dopo, Pierre e Molly si recarono al San Francisco International Airport. Pierre stava per incontrare sua suocera e sua cognata per la prima volta. Amanda avrebbe dovuto essere battezzata il giorno dopo; sebbene i Bond non fossero cattolici, la madre di Molly aveva insistito per cogliere almeno quell’occasione di vedersi.
— Eccole là! — disse Molly, indicando oltre un mare di gente in lotta con le borse e i carrelli dei bagagli.
Pierre scrutò la folla. Aveva già visto foto di Barbara e Jessica Bond, ma nessuna delle facce gli balzò subito all’occhio. Ma poi due donne li salutarono dal fondo, con gran sorrisi sulle facce. Si fecero strada a spintoni lungo il piccolo corridoio in cui la folla si stava incanalando per uscire. Molly si precipitò ad abbracciare sua madre e poi, dopo un momento d’esitazione, abbracciò anche sua sorella.
— Mamma, Jess — disse Molly — questo è Pierre.
Ci fu un altro momento impacciato; poi la signora Bond si avvicinò e lo abbracciò. — È meraviglioso incontrarti, finalmente — disse, con appena un lievissimo accenno di sarcasmo nella voce. Non era stata lieta che Molly si sposasse senza nemmeno invitarla.
— È un piacere anche per me incontrarla — disse Pierre.
— Ehi — disse Jessica con una nota stuzzicante nella voce, forse tentando di alleviare la tensione suscitata dal commento di sua madre. — Ci avevi detto che era franco-canadese, ma non che aveva un accento così sexy.
Molly ridacchiò, qualcosa che Pierre non l’aveva mai sentita fare prima. All’improvviso lei e Jessica erano tornate adolescenti. — Vatti a cercare il tuo, di immigrante — disse, poi si rivolse a Pierre. — Tesoro, questa è Jessica.
Jessica gli porse la mano, col dorso in su. — Enchantée — disse.
Pierre si adeguò al ruolo che gli veniva richiesto. Si inchinò e le baciò il dorso della mano. — C’est moi, qui est enchanté, mademoiselle. — Lei ridacchiò. Jessica era una bellezza mozzafiato. Molly aveva menzionato che aveva fatto per un certo periodo di tempo la modella e poté vedere perché. Era la versione più alta, più provocante di sua sorella. Il suo trucco era applicato con perizia: ombretto nero, uno spruzzo di cipria e rossetto rosa. Molly era in piedi proprio accanto a lui; Pierre provò un attimo d’ansia, ma si rilassò quando si rese conto di aver fatto quelle osservazioni in francese.
— Temo che la nostra auto sia parcheggiata a una bella distanza — disse. Le borse delle donne non erano molto grosse. Soltanto pochi mesi prima, Pierre le avrebbe prese una per mano e le avrebbe trasportate con facilità. Ma le sue condizioni si stavano aggravando di giorno in giorno, a passi piccoli ma percettibili.