— Tutti gli incaricati della Condor usano queste penne?
Tiffany scosse il capo. — No, no, solo quelli al vertice, come me. Ci pagano commissioni extra per questo, così…
Pierre annuì cupo. — Così nessuno abbandona mai la compagnia. — La sua voce si fece dura. — Vuole un consiglio? Lasci l’incarico. Si licenzi oggi, subito, e cominci a cercarsi un lavoro da un’altra parte… prima che tutti gli altri della Condor la usino come straccio per i pavimenti.
— La prego — disse Tiffany — la mia segretaria non sa nemmeno chi dovevo vedere stamattina. Non dica loro che mi ha preso la penna, la supplico.
Pierre la guardò per un momento. — Sta bene… se non farà sapere a nessuno che abbiamo noi la penna, non rivelerò dove l’abbiamo presa. Facciamo un patto?
— Grazie! — disse Tiffany. — Grazie!
Pierre annuì, e puntò un braccio tremante verso la porta anteriore. — Ora vada all’inferno, via dalla mia casa.
Tiffany si alzò, agguantò la valigetta diplomatica, e uscì in tutta fretta dalla porta. Pierre si distese in poltrona e guardò Molly. Rimasero entrambi in silenzio per lungo tempo. Finalmente, Molly disse: — E così, che facciamo adesso?
Pierre alzò lo sguardo al soffitto, pensando. — Be’, una cospirazione come questa dovrebbe essere ai massimi livelli della compagnia, così ci occorre andare a trovare il presidente: qual è il suo nome?
Molly andò a prendere il rapporto annuale della Condor, e cominciò a scorrere le pagine finché non trovò l’elenco dei dirigenti. — «Craig D. Bullen, M.B.A. (Harvard), Presidente e Amministratore Delegato.»
— Okay, andremo a trovare questo Craig Bullen, e…
— E come diamine potremmo riuscirci?
— Può non essergli importato quel che avevo da dire sui loro aborti forzati, ma sono dannatamente sicuro che mi presterà attenzione come genetista.
— Huh?
— Gli spedirò un’altra lettera su carta intestata dell’Human Genome Center, dicendogli che c’è stata una grande scoperta, qualcosa che rivoluzionerà le statistiche attuariali, e che sono pronto a fargli dare un’occhiata in anticipo. Diavolo, perfino i dipendenti come Tiffany sanno tutto del Progetto Genoma Umano; puoi scommettere che il presidente della compagnia sta seguendo la cosa da vicino e farà salti di gioia per l’opportunità di surclassare i suoi concorrenti.
Molly annuì, impressionata. — Ma anche se accetterà di vederti, cosa faremo dopo?
Pierre sorrise. — Metteremo Wonder Woman al lavoro.
36
Molly e Pierre guidarono fino al Condor Health Insurance Building sulla Toyota di Pierre. Il palazzo era situato in un ben alberato appezzamento di trenta acri alla periferia di San Francisco, non lontano dall’oceano. La torre al centro della proprietà era un monolito di vetro e acciaio, che si innalzava per quaranta piani sopra il paesaggio circostante. Era attorniata da parcheggi su tutti e quattro i lati. L’intera proprietà era delimitata da un alto recinto in maglie metalliche.
Raggiunsero il posto di blocco all’ingresso, dissero alla guardia che avevano un appuntamento con Craig Bullen, e attesero che ricevesse la conferma per telefono. La barriera, dipinta in strisce oblique gialle e nere, si alzò, ed essi entrarono, parcheggiarono, e si diressero verso l’ingresso anteriore.
Lo spazioso atrio era tutto in ottone e marmo rosso. Due gigantesche bandiere americane stavano issate su altrettante aste, e in mezzo si trovava un laghetto con pesci rossi della lunghezza di un avambraccio di Pierre, che guizzavano nell’acqua. Un’altra guardia era seduta dietro un ampio tavolo di marmo. Pierre e Molly si presentarono e ricevettero i contrassegni di VISITATORI.
— Gli uffici dei dirigenti sono al trentasettesimo piano — disse la guardia, indicando una fila di ascensori. L’insegna sopra le porte rivestite in finto marmo diceva: SOLO DAL 31MO AL 40MO.
Entrarono nella cabina, con pareti a specchio e luce diffusa, e si diressero in alto. La musichetta di sottofondo era una versione strumentale di Reflections.
Quando uscirono dall’ascensore, delle frecce indicarono loro l’ufficio del presidente. Pierre si ficcò entrambe le mani in tasca per aiutarsi a controllarne il tremito. Quando giunsero alle porte a vetri che andavano dal pavimento al soffitto, Pierre sbarrò gli occhi. La segretaria bruna di Bullen era un sogno: avrebbe potuto essere la Playmate dell’anno di «Playboy». Sorrise, coi denti bianchi come il latte.
— Salve — disse Pierre. — Dottori Tardivel e Bond, per vedere il signor Bullen.
Lei si portò all’orecchio la cornetta di un telefono. Pierre pensò per un attimo che doveva venire da «Silicone» Valley. Molly, captando la parola «silicone», gli diede un lieve buffetto sul braccio.
Avendo ottenuto l’okay, lei si alzò e, sculettando sopra i tacchi neri a spillo, scortò Pierre e Molly nel sancta sanctorum, aprendo la pesante porta in legno e indicandogli di accomodarsi.
Una buona fetta dei profitti della Condor Health Insurance era chiaramente andata spesa nell’ufficio di Craig Bullen. Era largo sei metri e lungo dodici, rivestito in caldo legno rossastro, sandalo, immaginò Pierre, con intricati bassorilievi di cani che cacciavano cervi. Nella stanza erano appesi otto dipinti a olio di paesaggi, tutti senza dubbio originali. Pierre restò sbalordito nel vedere che quello più vicino a lui, raffigurante le brughiere scozzesi, era di John Constable, e, come ogni buon canadese, riconobbe immediatamente accanto a esso il caratteristico stile di Emily Carr. Il dipinto della Carr mostrava uno dei suoi tipici totem indiani.
Bullen si alzò da dietro l’enorme scrivania in mogano e percorse la stanza in tutta la sua lunghezza. Era un uomo atletico e dalle ampie spalle sulla quarantina, col viso scuro e segnato tipico di chi passava spesso il tempo sdraiato su spiagge assolate. Aveva una testa squadrata, occhi castani, e i suoi capelli mostravano un principio di calvizie in cima alla fronte. Il suo completo su misura era blu scuro, e portava ai polsi impressionanti gemelli d’oro larghi due centimetri.
— Dottor Tardivel — disse con voce profonda, tendendo una grossa mano. — È un piacere averla qui.
— Grazie — disse Pierre, prendendo rapidamente la mano che gli veniva offerta e scuotendola con abbastanza vigore da celare i suoi disturbi di movimento.
La stretta di Bullen fu salda, forse fin troppo, un’aggressiva esibizione virile. Si rivolse a Molly: — E lei è?
— Mia moglie, dottoressa Molly Bond — disse Pierre, rinfilandosi le mani in tasca. Bloccò il piede sinistro col destro, cercando di prevenire il tremito.
Bullen strinse la mano anche a lei. — Lei è molto bella — disse, sorridendole. — Non immaginavo che il dottor Tardivel avrebbe portato qualcuno con sé, ma adesso che la vedo, sono lietissimo che l’abbia fatto.
Molly arrossì lievemente. — Grazie.
Bullen prese a camminare. — Prego, prego, entrate.
Un lungo tavolo per conferenze di legno lucido riempiva parte della stanza; aveva quattordici sedie. Bullen ne percorse un lato fino a un grosso e antico globo terrestre, e dischiuse l’emisfero settentrionale, rivelando all’interno un assortimento di bottiglie di liquore.
— Vi andrebbe qualcosa da bere? — disse. Pierre scosse il capo. — No, grazie — disse Molly.
— Caffè? Una bibita, forse? Rosalee sarà lieta di portarvi qualunque cosa desideriate.
Pierre pensò per mezzo secondo di chiedere qualcosa, solo per gettare un altro sguardo a quella spettacolare segretaria. Sorrise tristemente fra sé. Non si può sfuggire ai propri geni. — No, grazie.
— Molto bene — disse Bullen. Richiuse il globo e prese posto al tavolo per conferenze. — Ora, dottor Tardivel, mi aveva riferito di aver fatto un grande passo avanti nel suo laboratorio di ricerca.