Amanda cominciò a piangere.
— Lo sai, tesoro, l’assemblea degli azionisti della Condor si terrà il mese prossimo — disse Molly nel fine settimana. Stavano mangiando carne, grigliata nel loro giardino. Molly aveva tagliato il filetto di Pierre in pezzi maneggevoli; lui non aveva difficoltà a usare i coltelli sul cibo soffice, ma aveva problemi quando era necessario fare tagli consecutivi nello stesso punto.
Pierre annuì. Le sue mani si muovevano incessantemente ora, e le gambe facevano lo stesso per la maggior parte del tempo. — Ma probabilmente non ci lasceranno entrare dopo quel che è successo quando abbiamo visto Craig Bullen.
— Legalmente non possono sbarrarti l’ingresso. Sei un azionista.
— Eppure, sarebbe più facile se passassimo inosservati.
— Potremmo andarci camuffati — disse Molly.
— Camuffati? — Il tono di Pierre indicò la sua sorpresa.
— Certo. Niente di teatrale, ma… be’, potresti farti crescere la barba. Ti restano quattro settimane, dopotutto, e… — La sua voce si spense, ma Pierre capì quel che stava pensando: che il suo lavoro di rasatura era andato costantemente peggiorando via via che le mani si erano messe a tremare sempre più. Una barba gli avrebbe comunque semplificato la vita.
Lui annuì. — Okay, vada per la barba. E tu?
— No, io dovrei prendere pillole di testosterone per questo.
Pierre sogghignò. — Voglio dire, cos’hai intenzione di fare per camuffarti?
— Be’, conosco piuttosto bene Constance Brinkley, del Center for Theater Arts. Un sacco dei suoi studenti di recitazione fanno corsi di psicologia. Sono certa che potrebbe prestarmi una parrucca castana.
Pierre ci rifletté sopra. — Una vera missione in incognito, eh?
Dopo un mese di crescita, la barba di Pierre si rivelò molto più soddisfacente di quanto avesse immaginato. Molly si era portata a casa la parrucca la sera prima. Pierre restò sbigottito di quanto facesse apparire diversa sua moglie: la pelle sembrava bianca quasi quanto la porcellana al confronto, e i suoi occhi color fiordaliso spiccavano penetranti. Le aveva chiesto di portare la parrucca a letto quella notte, e questa lo ispirò a raggiungere nuovi livelli di creatività. Molly lo prese gentilmente in giro, dicendo che era il suo vibratore di un metro e ottanta.
Il giorno dopo, Molly guidò fino a San Francisco; Pierre le aveva silenziosamente ceduto il posto dopo che un incontrollabile movimento del braccio li aveva quasi fatti piombare nel Pacifico dall’Highway 1.
Mentre si avvicinavano alla Condor Tower, Pierre vide un piccolo elicottero che gli volava sulla testa. Pur non potendo notare le insegne che portava, era dipinto di giallo e nero, i colori della Condor. Scosse il capo mentre lo osservava atterrare sul tetto del grattacielo di quaranta piani. Altri premi ben spesi.
Parcheggiarono l’auto e andarono dentro.
Molly e Pierre scesero con l’ascensore nel seminterrato della Condor Tower. Nelle ultime settimane, Pierre aveva camminato con l’aiuto di un bastone. Erano stati approntati lunghi tavoli per far registrare gli azionisti e avanzò lentamente verso di essi, dove ricevette una copia dell’agenda dell’assemblea. Centinaia di persone si aggiravano in quel luogo, bevendo caffè o acqua minerale e assaggiando stuzzichini serviti da donne in eleganti livree. Molly e Pierre entrarono nell’auditorium, che aveva circa settecento posti. Trovarono due sedie insieme quasi nel mezzo, una di esse su un corridoio. Pierre prese quella sul corridoio e si tenne strettamente al manico del suo bastone, tentando di controllare il tremore. Molly si mise a sedere, si aggiustò leggermente la posizione della parrucca, e diede un’occhiata all’agenda.
Sul palco, una fila di nove uomini e una donna, tutti bianchi, aveva preso posto dietro un lungo tavolo in mogano. Craig Bullen era nel mezzo. Indossava un completo grigio con un garofano rosso infilato nel risvolto della giacca. Conferì con gli uomini che stavano da entrambi i lati, poi si alzò in piedi e si portò verso il podio. — Signore e signori — disse nel microfono — benvenuti all’assemblea generale annuale della Condor Health Insurance. Mi chiamo Craig Bullen e sono il presidente della compagnia.
Qualche ritardatario era ancora in procinto di sedersi, ma tutti gli altri scoppiarono in applausi. Pierre resistette alla voglia di fischiare. L’applauso proseguì più a lungo di quanto richiesto dalle semplici convenzioni sociali. L’auditorio era pieno per tre quarti. Molte persone erano in apparenza singoli azionisti, ma Molly aveva individuato alcuni tipi che erano probabilmente rappresentanti di fondi di investimento interessati alla compagnia.
Bullen stava sorridendo da un orecchio all’altro. — Grazie — disse quando l’applauso finalmente si spense. — Grazie mille. È stato un anno spettacolare, vero?
Altri applausi.
— Sul nostro bilancio avremo qualche parola da dirvi più tardi, ma per ora, lasciate che vi illustri i nostri progressi dell’anno passato. Cominceremo presentandovi i revisori…
Furono presentati tutti i soliti rapporti, e qualche membro del pubblico fece domande. Un giovanotto se la prese per il fatto che il rapporto annuale non era stampato su carta riciclata. Pierre sorrise. Lo spirito del radicalismo californiano non era morto.
Bullen tornò sul podio. — Ovviamente, il maggior impatto sul nostro afflusso di capitali l’ha avuto la nuova legge 1145 del senatore Patrick Johnston, diventata esecutiva il primo gennaio di tre anni fa. Quella legge ci ha impedito di negare polizze a coloro i cui test genetici dimostravano di avere serie malattie, finché il male non si è ancora manifestato. Le compagnie d’assicurazioni californiane si sono battute duramente a Sacramento per far sconfiggere questo obbrobrio, e in effetti sono riuscite a spingere il governatore Wilson a porre il veto. Ma, come saprete, il senatore Johnston ha continuato a reintrodurla, e Wilson alla fine l’ha firmata. — Gettò uno sguardo al pubblico. — Queste sono le cattive notizie. Quelle buone sono che stiamo proseguendo a lottare in Oregon e nello stato di Washington per far sì che nessuna simile aberrazione venga introdotta lì. Finora, la legge californiana è ancora l’unica del suo genere nella nazione… e intendiamo farsi che rimanga tale.
Il pubblico applaudì. Pierre fumava di rabbia.
Al termine delle presentazioni formali, Bullen, la cui profonda voce era adesso percettibilmente rauca, chiese se ci fosse qualcosa da dire. Pierre diede una lieve gomitata a Molly, che alzò una mano al posto suo; non voleva che la gente gli vedesse il braccio agitarsi selvaggiamente come quello di un moccioso delle elementari, e poi Bullen indicò Molly.
Lei si alzò un momento. — In realtà — disse a voce alta — è mio marito che desidera parlare. — Lentamente, meticolosamente, Pierre si mise in piedi, appoggiandosi sul suo bastone. Avanzò fino al microfono installato in mezzo al corridoio. Aveva i piedi divaricati mentre si muoveva, e il braccio libero, quello che non teneva il bastone, si alzava e ricadeva al suo fianco. Alcuni fecero versi di sgomento. Qualcuno, poche file più indietro, disse a un altro che quel tizio doveva essere ubriaco. Molly si voltò e gli lanciò uno sguardo rovente.
Pierre raggiunse infine il microfono. Era troppo basso per lui, ma sapeva di non avere abbastanza coordinazione per allentare il giunto che gli avrebbe permesso di rialzare una delle sezioni telescopiche. Eppure, afferrò l’asta con la mano sinistra per aiutarsi a stabilizzare i movimenti, e si abbassò il più possibile.
— Salve — disse al microfono. — Io… non sono solo un azionista; sono anche un genetista. — Bullen si drizzò a sedere al suo posto, forse riconoscendo l’accento di Pierre. Fece un cenno a qualcuno giù dal palco. — Ho sentito il signor Bullen dirvi che cosa malefica sia la legge californiana contro la discriminazione genetica. Ma non è vero… è una cosa meravigliosa. Io vengo dal Canada, dove crediamo che il diritto alle cure sanitarie sia inalienabile come il diritto di parola. La legge del senatore Johnston riconosce che nessuno di noi può controllare il nostro retaggio genetico.