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Molly alzò gli occhi alla fila di indicatori illuminati sopra ognuna delle quattro porte. L’ascensore più vicino era ancora a otto piani di distanza.

— Aspettate! — disse l’uomo di nuovo, affrettando il passo per accorciare le distanze. — Dottor Tardivel, vorrei scambiare una parola con lei.

Molly si strinse a suo marito. — Ha già detto là dentro tutto quello che aveva da dire.

Il nero scosse la testa. Era sulla quarantina, con uno spolverio di neve fra i capelli tagliati corti. — Io non la penso così. Credo che abbia un sacco di altre dannate cose da dire. — Guardò direttamente Pierre. — Non è vero?

Le gambe di Pierre tentarono di sfuggirgli di sotto. — Be’…

— Che cosa gliene importa? — disse Molly, troncandogli le parole di bocca. L’ascensore era arrivato e le porte si aprirono.

Il nero infilò la mano nella giacca. Per un orribile istante, Pierre pensò che stesse per prendere una pistola. Ma tutto quel che tirò fuori fu una sottile e logora scatoletta di cuoio per biglietti da visita. Porse un biglietto a Molly. — Sono Barnaby Lincoln — disse. — Delle pagine economiche del «San Francisco Chronicle».

— Cosa…? — iniziò Pierre.

— Sono qui per un servizio sull’assemblea degli azionisti. Ma c’è qualcosa di più interessante in quel che stava dicendo.

— Non riescono a vedere il futuro… vedere dove ci sta portando tutto questo.

— Esattamente — disse Lincoln. — Occorre che ci sia dovunque una legislazione federale per impedire l’uso dei profili genetici da parte delle assicurazioni.

Pierre restò colpito. Ivan Marchenko era già libero da cinquant’anni; pochi minuti in più non sarebbero importati. — D’accord — disse Pierre.

— Possiamo prenderci un caffè da qualche parte?

— Va bene — disse Pierre. — Ma prima, ho bisogno che lei mi faccia un favore. Mi occorre una foto di Abraham Danielson.

Lincoln aggrottò la fronte. — Al vecchio non piace che scattino sue foto. Non ne abbiamo nemmeno una d’archivio al «Chronicle».

— Non ne sono sorpreso — disse Pierre. — Ha un teleobiettivo qui? Di sicuro potrà riprenderlo dal fondo della stanza. Ho bisogno di una buona, chiara sua immagine della testa e delle spalle.

— A che scopo?

Pierre restò muto per un momento. — Non posso dirglielo adesso, ma se scatta la foto, e me ne fa subito alcune stampe, prometto che sarà lei la persona che chiamerò per prima quando… — conosceva la metafora appropriata in francese, ma dovette lambiccarsi il cervello per un momento per uscirsene con l’equivalente inglese — …quando la storia esploderà.

Lincoln si strinse nelle spalle. — Aspetti qui — disse. Fece ritorno nell’auditorium. Quando si aprì la porta, Pierre riconobbe che era la voce di Craig Bullen a venire dagli altoparlanti. Tanto meglio: Abraham Danielson si era chiaramente seduto di nuovo e non sarebbe stato in guardia contro il tentativo di scattargli una foto adesso. Lincoln tornò pochi minuti dopo. — Ce l’ho — disse.

— Bene — disse Pierre. — Usciamo di qui.

38

— Avi Meyer — disse una familiare voce dall’accento di Chicago.

— Avi, sono Pierre Tardivel al LBNL. — Premette il pulsante di trasmissione del suo fax.

— Ehi, Tardivel. Che c’è di nuovo con Klimus?

— Niente, ma…

— Neanche noi abbiamo niente di nuovo. Ho un agente a Kiev; lavora a riportare alla luce documenti sul tempo che ha trascorso in un campo per rifugiati, ma…

— No, no, no — disse Pierre. — Klimus non è Ivan Marchenko.

— «Che»?

— Mi ero sbagliato. Non è lui Marchenko.

— Ne è sicuro?

— Assolutamente.

— Dannazione, Tardivel, abbiamo passato mesi a seguire questa pista su sua insistenza…

— Ho visto Marchenko. Faccia a faccia.

— A Berkeley?

— No, a San Francisco. E Molly l’ha visto in strada, che indossava un impermeabile.

— Che roba è questa? La nuova versione degli avvistamenti di Elvis? — Avi sospirò forte. Il suo tono mostrò che rimpiangeva di essersi fatto coinvolgere da un investigatore dilettante. — Dannazione, Tardivel, chi additerà la prossima volta? Ross Perot? Ha orecchie enormi, dopotutto. O Patrick Stewart? «Quello sì» che è calvo e con un’aria sospetta. O il Papa? Pure lui ha un accento est-europeo, e…

— Dico sul serio, Avi. L’ho visto. Sta usando il nome Abraham Danielson, adesso. È stato il fondatore di una compagnia chiamata Condor Health Insurance.

Clicchettio di tasti sullo sfondo. — Non abbiamo nessun fascicolo su un tizio con quel nome, e… Condor? Non sono la gente che ha quella politica abortista che non le piace? Maledizione, Tardivel, le avevo detto di non fottere la Giustizia. Potrei farla incarcerare per questo. Prima ci fa dare la caccia al suo boss perché le ha rotto i coglioni in qualche modo; adesso cerca di metterci contro il tizio la cui compagnia offende la sua delicata sensibilità…

— No, le dico che l’ho in pugno questa volta.

— Certo che ce l’ha.

— Realmente, dannazione. Quel tipo è un mostro…

— Perché incoraggia gli aborti.

— Perché è Ivan Grozny. Perché dirige il Millennial Reich. E perché ha ordinato l’esecuzione di migliaia di persone qui in California.

— Può provarlo? Può provare una sola parola di tutto ciò? Perché se non può…

— Dia un’occhiata al suo fax, Avi.

— Cosa? Oh… un secondo solo. — Pierre poté sentire Avi metter giù la cornetta e muoversi per l’ufficio. Un momento dopo la cornetta fu raccolta di nuovo. — Dove ha preso questa foto?

— L’ha scattata un reporter del «San Francisco Chronicle».

— E sarebbe… qual era il nome che ha detto?… Abraham Danielson?

— Proprio lui.

— Merda, certo che «sembra» Marchenko.

— A chi lo dice — replicò Pierre con soddisfazione.

— Metterò il mio assistente a frugare negli archivi dell’immigrazione; ci potrebbero volere un paio di settimane. Ma se restiamo con un pugno di mosche, Tardível…

— Lo so, lo so. Me la vedrò brutta.

Amanda non aveva detto ancora niente a voce, per quanto, stando a Molly, potesse articolare mentalmente alcune centinaia di parole… molte più di quante le restassero da imparare nel linguaggio dei segni americano.

Il sabato pomeriggio significava che era l’ora della visita settimanale di Klimus. Il vecchio arrivò alle 3.00. Non portò nessun regalo per Amanda, non lo faceva mai, ma, come al solito, aveva un piccolo blocco d appunti nel taschino sul petto. Si accomodò sul divano, prendendo note sul comportamento di Amanda e sulla sua abilità di comunicare con le mani. Durante tutto questo, Molly dovette tenere Amanda a distanza dalla sua zona: Amanda capiva che a meno che non fosse vicina a sua madre, sua madre non poteva leggerle nel pensiero, ma ancora non capiva che quella capacità era un segreto, e così Molly si limitò a star lontana, sperando che nulla nel comportamento di Amanda destasse sospetti in Klimus.

Dopo due ore di tutto ciò, Klimus si alzò per andarsene, ma Molly si mise a sedere accanto a lui sul divano. — La prego, resti — disse.

Klimus apparve sorpreso. Si era ormai abituato all’ostilità di Molly e di Pierre.

— Per che cosa? — chiese.

— Solo per parlare — disse Molly, avvicinandosigli ancora di più.

— Di cosa?

— Oh, questo e quello. Di tutto. In realtà non ci conosciamo tanto bene, e, be’, se deve proprio far parte della famiglia, immaginavo che dovremmo…

— Sono un uomo molto occupato — disse Klimus.