— Sì? — disse il ragazzo in ebraico.
Avi sorrise. — Shalom — disse. Sapeva che il suo ebraico era arrugginito, ma aveva detto a Tischler di voler essere lui a parlare. Non poteva rischiare che il poliziotto israeliano dicesse qualcosa che potesse contaminare l’identificazione. — Mi chiamo Avi Meyer. Sto cercando Shlomo Malamud.
— È il mio zayde — disse il ragazzo. Ma poi i suoi occhi si restrinsero immediatamente. — Che cosa vuole?
— Solo parlargli… soltanto un momento.
— Di che cosa?
Avi sospirò. — Sono americano…
— Su questo non ci piove — disse il ragazzo, rendendo chiaro che ciò era stato ovvio fin dalla prima sillaba che Avi aveva pronunciato.
— …e quest’uomo è un agente della polizia israeliana. Glielo mostri — disse Avi, rivolgendosi a Tischler. Questi tirò fuori il suo tesserino e lo tenne alto in modo che il ragazzo lo vedesse.
Il ragazzo scosse il capo. — Il mio zayde è molto vecchio — disse — e non esce quasi mai di casa. Non ha fatto niente.
— Lo sappiamo. Ci occorre solo parlargli un momento.
— Forse dovreste tornare quando è a casa mio padre — disse il ragazzo.
— E quando sarà?
— Venerdì, per Shabbat. Adesso è ad Haifa, per affari.
— Quel che vogliamo richiederà solo un attimo. — Attraverso la soglia, Avi poté vedere che era apparso un vecchio, incurante della loro presenza, chino, che si trascinava verso la cucina.
— È lui? — chiese Avi.
Il ragazzo non dovette guardarsi indietro. — È molto vecchio — disse.
— Shlomo Malamud! — gridò Avi.
L’uomo si voltò lentamente, con un’espressione sorpresa sul volto solcato da profonde rughe e indurito dal sole.
— Mar Malamud! — gridò di nuovo Avi. L’uomo cominciò a strascicare i passi verso di loro.
— Va tutto bene — disse il ragazzo, cercando di trattenere suo nonno dal farsi più vicino. — Me ne sto occupando io.
— Mar Malamud — disse Avi, sovrastando la voce del ragazzo. — Ho fatto molta strada per porgerle solo una domanda, signore. Mi occorre che lei guardi alcune fotografie e mi dica se riconosce qualcuno.
L’uomo si muoveva lentamente verso di loro, ma il ragazzo stava ancora bloccando l’ingresso col suo corpo.
— Sprecate il vostro tempo — disse. — È cieco.
Avi si sentì sprofondare. Non di nuovo! Dannazione, perché non aveva pensato di controllare prima di lasciare gli States? Come avrebbe fatto a spiegare tutto questo al suo boss? «Sì, signore, proprio così, ho speso tremila dollari per volare dall’altra parte del mondo a mostrare delle foto a un branco di vecchi ciechi.»
Il vecchietto stava ancora avanzando lungo il corridoio. — Mi… mi spiace di averla disturbata — disse Avi, voltandosi per andarsene.
— Che volete voi due? — chiese Malamud, con voce secca come il deserto.
— Niente — disse Avi, e poi, quasi all’istante, pensando per un secondo di aver mal compreso l’ebraico: — Ha detto «voi due»? — Tischler non aveva pronunciato parola da quando erano arrivati.
— Parla forte, giovanotto. Ti sento a malapena.
Avi si voltò di scatto verso il ragazzino. — È cieco, o no?
— Certo che lo è — disse quello. — Be’, «legalmente» cieco.
— Signor Malamud, quanta vista le è rimasta?
— Non molta.
— Se le mostrassi una serie di fotografie, riuscirebbe a distinguerle?
— Forse.
— Possiamo entrare?
Il vecchio restò pensoso per lungo tempo. — Immagino — disse infine.
Il ragazzino, sembrando alquanto offeso, si fece da parte con riluttanza. Avi e Tischler seguirono Malamud mentre procedeva a passo di lumaca fino in cucina. Trovò una sedia, se riuscisse davvero a vederla, o sapesse semplicemente dov’era, Avi non poté dirlo. Dopo essersi seduto, fece cenno ad Avi e Tischler di fare lo stesso. Avi aprì la valigetta e ne estrasse un piccolo registratore, lo accese, poi lo pose sul tavolo vicino a Malamud. Poi tirò fuori il foglio con le fotografie, lo aprì al centro e lo collocò di fronte a Malamud. Il foglio consisteva di tre file di otto foto, ventiquattro in tutto.
— Queste sono foto recenti — disse Avi. — Mostrano tutte uomini di ottanta-novant’anni. Ma stiamo tentando di identificare qualcuno che lei potrebbe aver conosciuto in gioventù… nei primi anni ’40.
Il vecchio alzò lo sguardo, con gli occhi pieni di speranza. — Avete trovato Saul?
Avi guardò il ragazzino. — Chi è Saul?
— Suo fratello — disse. — Scomparve durante la guerra. Mio nonno fu portato a Treblinka; Saul lo portarono a Chelm.
— L’ho cercato fin da allora — disse Malamud. — E ora l’avete trovato!
Avi sapeva che quello era l’ideale. Se Malamud pensava di star cercando qualcun altro e individuava ugualmente Ivan Grozny, l’identificazione sarebbe stata molto difficile da screditare in tribunale. Ma Avi non se la sentì di servirsi dell’uomo in quel modo. — No — disse. — No, mi spiace tanto, ma questo non ha niente a che fare con suo fratello.
L’uomo ricadde visibilmente nella disperazione. — Allora cosa?
— Se solo potesse guardare queste foto…
Malamud impiegò un momento a ricomporsi, poi annaspò in cerca di un paio di occhiali nel taschino sul petto. Avevano lenti enormemente spesse. Se li mise in equilibrio sul grosso naso butterato e sbirciò le immagini per pochi attimi. — Non riesco ancora a vederle molto bene — disse.
Avi sospirò. Ma poi Malamud continuò: — Ezra, va a prendermi la lente.
Il ragazzo, ora alquanto affascinato dalla procedura, parve riluttante ad andarsene, ma, dopo un momento d’esitazione, scomparve in un’altra stanza e poi tornò brandendo una lente d’ingrandimento degna di Sherlock Holmes. Il vecchio si tolse gli occhiali, tese il braccio, lasciò che Ezra gli mettesse la lente in mano, e poi si chinò sulle foto di nuovo.
— No — disse, guardata la prima foto, e: — No — di nuovo, dopo aver dato uno sguardo alla seconda.
— Ricordi — disse Avi, sapendo che sarebbe dovuto restar zitto, ma incapace di farlo — sta cercando qualcuno di quaranta e rotti anni fa. Cerchi di immaginarseli da giovani.
L’uomo grugnì, come per dire che non c’era bisogno di rammentarglielo, poteva essere vecchio, ma non stupido. Si mosse da un viso all’altro, con l’occhio solo a pochi centimetri dalle immagini. — No. No. Nemmeno lui. No… oh, Dio! Oh, cielo… oh, cielo. — Il suo dito era sulla foto di Danielson. — È lui! Dopo tutti questi anni, l’avete trovato!
Avi sentì accelerare il battito. — Chi? — disse, tentando di tenere la voce sotto controllo. — Chi è?
— Quel mostro di Treblinka. — Il volto dell’uomo si era fatto completamente bianco e la mano gli tremava tanto che sembrò quasi che stesse per far cadere la lente d’ingrandimento. Ezra accorse e la prese gentilmente a suo nonno.
— Chi è? — chiese Avi. — Qual è il suo nome?
— Ivan — disse il vecchio, praticamente sputando quella parola. — Ivan Grozny.
— Ne è sicuro? — disse Avi. — Ha qualche dubbio?
— Quegli occhi. Quella bocca. No… nessun dubbio. È lui, il demonio in persona.
Avi chiuse gli occhi. — Grazie — disse. — Se stiliamo una deposizione, la firmerà?