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— Non vedo cosa questo…

— Lo faccia e basta. Vuole?

Avi sospirò rassegnato e fissò la pellicola strizzando gli occhi. — Non lo so. Venti o trenta per cento.

— Circa un quarto, in altre parole.

— Credo.

— Un quarto. Ora, lei deve sapere qualcosa sulla genetica… chiunque lo sa. Quanto DNA riceve uno dai suoi genitori?

— Tutto quanto.

Pierre sorrise. — Non è quello che intendevo. Voglio dire, quale proporzione viene dalla madre e quale proporzione dal padre?

— Oh… è metà e metà, non è vero?

— Esattamente. Di tutto il DNA che compone un essere umano, metà precisa viene da ciascun genitore. Ora, mi dica questo: ha un fratello?

— Sì — disse Avi.

— Okay, bene. Adesso, se lei ha metà del DNA di sua madre, lo stesso vale per suo fratello, giusto?

— Certo.

— Ma è la stessa metà?

Avi si passò una mano sulla corta barba. — Che intende dire?

— Il DNA che ha ottenuto da sua madre è lo stesso o è diverso da quello che ha avuto suo fratello?

— Be’, non lo so. Immagino che se ho ricevuto una selezione casuale dei geni di mia madre, e anche Barry ha avuto una selezione a caso, si sovrapporrebbero di… cosa? Il cinquanta per cento?

— Esatto — disse Pierre. Non annuì deliberatamente, ma la testa gli dondolò in modo tale da far sembrare così. — Una sovrapposizione media del cinquanta per cento. Quindi, se mettessi fianco a fianco le sue impronte del DNA e quelle di suo fratello, cosa si aspetterebbe di vedere?

— Uhmm… metà delle mie barre negli stessi posti di metà delle sue?

— Proprio così! Ma qui che abbiamo? — Indicò i due pezzi di pellicola sul pannello illuminato.

— Una coincidenza del venticinque per cento.

— Quindi queste due persone è altamente improbabili che siano fratelli, giusto?

Avi annuì.

— Ma, del resto, sembrano essere imparentate, no?

— Presumo — disse Avi.

— Okay. Ora, quando mi interessai per la prima volta a questo caso lessi qualcosa che mi è rimasto impresso in mente. Sul modulo per ottenere lo status di rifugiato, John Demjanjuk scrisse che il cognome da nubile di sua madre era Marchenko.

— Già, ma era sbagliato. Il suo nome da ragazza era Tabachuk. Demjanjuk non riusciva a ricordarselo, disse, così scribacchiò un comune nome ucraino.

— E questo fatto mi ha sempre colpito per la sua stranezza. Io so il cognome da nubile di mia madre, Menard… e quello da nubile di «sua madre», Bergeron. Come poteva qualcuno «non» ricordarsi il nome della propria madre? Dopotutto, Demjanjuk riempì quel modulo negli anni ’40, quando era ancora sulla ventina. Non è come se fosse stato un vecchio con vuoti di memoria.

Avi si strinse nelle spalle. — Chissà? Il fatto è che non riuscì a ricordarlo in quel momento.

— Oh, io penso che lo ricordasse molto bene… ma piuttosto che non capì la domanda.

— Cosa?

— Non capì la domanda. Supponiamo che Demjanjuk… che, stando agli articoli che ho letto, aveva fatto solo la quarta elementare… supponiamo che abbia pensato che significasse semplicemente il nome che aveva sua madre prima di sposare suo padre.

— È la stessa cosa.

— Non necessariamente. Sarebbe la stessa cosa solo se sua madre non si fosse mai sposata prima.

— Ma… oh, merda. Merda, merda, merda.

— Vede? Qual era il nome di battesimo della madre di Demjanjuk?

— Olga. Morì nel 1970.

— Se Olga fosse nata come Olga Tabachuk, ma avesse sposato un uomo di nome Marchenko e più tardi avesse divorziato da lui prima di sposare il padre di John Demjanjuk…

— …Nikolai Demjanjuk…

— …allora, sentendosi chiedere il nome da ragazza di sua madre, e interpretandolo come se significasse il suo nome «precedente», John Demjanjuk avrebbe risposto «Marchenko». E se Olga avesse avuto un figlio chiamato Ivan nel 1911, da quel precedente Marchenko, e un altro figlio chiamato Ivan nove anni dopo da Nikolai Demjanjuk, allora…

— Allora Ivan Marchenko e Ivan Demjanjuk sarebbero fratellastri! — disse Avi.

— Esattamente! Fratellastri, ciascuno dei quali con circa il venticinque percento del DNA in comune. In effetti, ha anche senso che siano entrambi calvi. Il gene della calvizie maschile è ereditato dalla madre; risiede sul cromosoma x. E ciò spiega perché siano tanto simili… perché un testimone dopo l’altro li abbia scambiati fra loro.

— Ma aspetti… aspetti. Così non funziona. Nikolai e Olga Tabachuk si sposarono il 24 gennaio 1910, e Ivan Marchenko nacque «dopo» di ciò… il 2 marzo 1911. Ciò significa che sarebbe stato concepito nell’estate del 1910… «dopo» che Olga aveva già abbandonato il cognome di Demjanjuk.

Pierre aggrottò la fronte un momento, ma poi, pensando brevemente alla propria madre e a Henry Spade, esclamò: — Un triangolo!

Avi lo guardò. — Che?

— Un triangolo… non vede? Pensi al matrimonio dello stesso John Demjanjuk nel 1947. Ricordo di aver letto che aveva ronzato attorno alla donna di un altro uomo mentre quello era via. — Pierre fece una pausa. — Sa, qualche volta noi riassumiamo il credo del genetista come «tale il padre, tale il figlio»… ma «tale la madre, tale il figlio» è altrettanto valido per molte cose. A mia moglie, psicologa comportamentale, non piacerebbe ammetterlo, ma in certe famiglie si ripetono particolari tipi di infedeltà. Diciamo che Olga Tabachuk abbia sposato Marchenko, poi divorziato da lui, e infine sposato Nikolai Demjanjuk.

Avi annuì. — Sta bene.

— Ma Nikolai lascia il loro villaggio e si dirige a… in che città è nato Demjanjuk?

— Dub Macharenzi.

— A Dub-comesichiama. Va lì, in cerca di lavoro o qualcosa del genere, dicendo che tornerà a prendere la moglie una volta trovato un posto. Be’, come si dice, via il gatto… Olga torna ad andare a letto col suo ex, Marchenko. Rimane incinta e dà alla luce il figlio di Marchenko, un bambino che chiamano Ivan. Ma poi Nikolai le manda a dire di venire a raggiungerlo a Dub-comecazzoè. Olga abbandona il piccolo Ivan, lasciandolo con Marchenko. In effetti… be’, ecco qualcosa che a mia moglie «piacerebbe»: Ivan Marchenko sviluppa una predilezione per tagliare i capezzoli alle donne. Chiamiamola una vendetta per essere stato abbandonato da sua madre.

Avi stava annuendo lentamente. — Sa, ha un senso. Se Olga avesse realmente abbandonato il piccolo Ivan Marchenko, e se il suo secondo marito, Nikolai Demjanjuk, non avesse mai saputo di quell’incidente, quando infine ebbe un figlio da Nikolai, ciò potrebbe spiegare perché decise di chiamare anche «lui» Ivan… in modo da non potersi mai tradire riferendosi accidentalmente al suo figlio legittimo col nome di quello bastardo. — Avi abbassò lo sguardo sulle autoradiografie. — Così… così una di queste è stata fatta dal campione di tessuto che le ho mandato e che avevamo preso da John Demjanjuk, giusto?

Pierre assentì, e toccò quella a sinistra. — Questa, a essere precisi.

— E l’altra… non sarà di Abraham Danielson?

— Proprio così.

— Com’è riuscito a ottenere un campione di tessuto da lui? Pensavo che l’avesse solo visto da lontano.

— Ho fatto costruire un piccolo congegno. — Lentamente si alzò dallo sgabello e, tenendosi al bordo arrotondato del bancone per sorreggersi, si trascinò fino a uno scaffale e ne raccolse un piccolo oggetto. Tornò dov’era seduto Avi e tese la mano tremante in modo che Avi potesse vedere cosa stava reggendo. Era impossibile dargli un’occhiata attenta, dato il modo in cui la mano di Pierre continuava a muoversi: Avi allungò il braccio e prese il minuscolo congegno dal palmo di Pierre. Sembrava una minuscola puntina da disegno, con un aculeo molto corto e sottile.