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«Lui mi dà la caccia» pensò Pierre «ma io lo avrò.» Col passo del capitano Achab, usando il bastone come se fosse la gamba di legno, Pierre avanzò più rapidamente che poteva. Sapeva che una ritirata sarebbe stata stupida. Se si fosse lasciato sospingere contro il muretto alto un metro intorno al bordo del tetto, Marchenko non avrebbe avuto alcun problema a spingerlo di sotto, facendolo piombare per quaranta piani fino a spiaccicarsi. Pierre si mosse verso il centro del tetto, col vento che gli sferzava i capelli, infilandosi tra i suoi abiti con dita di ghiaccio.

L’ampia faccia di Marchenko era contorta dal furore, non solo per causa sua, intuì Pierre, ma anche per chi, chiamato, non era ancora giunto a prenderlo. Non c’era ancora alcun segno dell’avvicinarsi di un elicottero, sebbene il cielo fosse solcato da alcune scie di reattori, simili ai segni della frusta sul dorso di un prigioniero.

Appena cinque metri li separavano adesso. La testa calva di Marchenko luccicava di un velo di sudore, che, nella rossastra luce del tardo pomeriggio, sembrava quasi sangue. L’arrampicata per le scale era stata ardua anche per lui; qualunque uscita segreta ci fosse dal suo ufficio, in apparenza gli aveva dato accesso alla tromba delle scale piuttosto che agli ascensori.

Marchenko allargò le braccia, come se si aspettasse che Pierre gli scivolasse via. Pierre voleva alzare il bastone abbastanza da usarlo come arma, qualcosa che avrebbe potuto fare solo, comprese, se si fosse appoggiato per sostenersi alla baracca degli attrezzi o alle cabine degli ascensori. Cominciò a muoversi di traverso, verso la più vicina delle strutture in cemento.

Marchenko colmò le distanze tra loro. Stava ancora tenendo il telefono nella mano sinistra, ma sferrò un colpo con la destra. Il suo pugno colpì Pierre sulla spalla, ma non fu abbastanza forte da fargli male sul serio. Marchenko in apparenza se ne rese conto; ficcò la mano destra nella tasca dei calzoni e ne trasse un mazzo di chiavi, che procedette a infilarsi fra le dita scheletriche, proprio come aveva fatto Pierre più di due anni prima, quando lo sgherro di Marchenko, Chuck Hanratty, aveva tentato di ucciderlo.

Adesso erano a circa tre metri dalla cabina dell’ascensore. Pierre pensò di sentire un altro colpo d’arma da fuoco che veniva dalla porta, ancora aperta, delle scale. Apparentemente gli uomini dell’osi erano alle prese con quelli della sicurezza a uno dei piani superiori. Eppure, Avi doveva, senza dubbio, aver già chiamato dei rinforzi.

Pierre appoggiò la schiena contro il muro della cabina dell’ascensore. Sollevò il suo bastone e lo sbatté giù con più forza che poteva. Aveva mirato in cima alla testa di Marchenko, ma il suo braccio aveva tremato abbassandosi e l’impatto era invece stato sulla spalla destra. Ci fu il rumore secco di qualcosa che si rompeva. Pierre sperò che fosse la scapola di Marchenko, ma scoprì che era stato il bastone. Quando Pierre lo ritrasse, vide che si era parzialmente spezzato nel mezzo, nel punto in cui aveva sostenuto il suo peso durante il capitombolo di prima giù per le scale. Tuttavia, l’impatto aveva fatto cadere il telefono cellulare dalla mano rinsecchita di Marchenko. Colpì il cemento e le batterie schizzarono fuori dal suo vano.

Altri spari sullo sfondo. Pierre guardò oltre Marchenko e allora vide un elicottero all’orizzonte, ma era impossibile dire se stesse venendo verso di loro. Marchenko prese a indietreggiare. Non si era reso conto dell’elicottero, ma in apparenza aveva capito che per lui era uno svantaggio lasciare Pierre con tutte e due le mani libere.

— Fatti avanti, pezzo di merda — lo schernì Marchenko con la sua voce stridula e dal forte accento. — Vieni a prendermi, fottuto pezzo di merda. — Agitò la mano, facendo luccicare le chiavi al sole. — Avanti, stronzo…

— Morceau de merde — ribatté Pierre. Si allontanò dalla parete della cabina con una spinta della mano sinistra, e si appoggiò sul bastone danneggiato, sperando che continuasse a sorreggerlo finché esercitava la pressione solo verso il basso.

Ora Marchenko stava danzando all’indietro, attirando Pierre più vicino alla baracca degli attrezzi: dove il vecchio avrebbe potuto, probabilmente, trovare un’arma migliore di un mazzo di chiavi. Pierre sperò che Marchenko incespicasse mentre camminava all’indietro. Poteva non essere in grado di sottometterlo con la forza, ma superava ancora il vegliardo di almeno dieci chili di peso. Sedersi su di lui avrebbe potuto bastare a sopraffarlo.

Marchenko si guardò alle spalle per assicurarsi che il cammino fosse sgombro, e vide l’elicottero, adesso a solo un paio di chilometri di distanza. Anche Pierre gettò un’occhiata dietro di sé, ma non vide emergere nessuno dalla tromba delle scale.

Continuarono a trascinarsi attraverso il tetto, col vento che li schiaffeggiava come mani invisibili. Finalmente, raccogliendo tutte le forze, Pierre balzò avanti. Non fu granché come salto, ma riuscì a sbattere contro il petto di Marchenko, e il vecchio ruzzolò indietro sul duro cemento. Pierre si mise a cavalcioni di Marchenko. La mano con le chiavi lo sferzò, e Pierre le sentì conficcarsi nella guancia. Arcuò il dorso e tentò di sferrare a sua volta un pugno, mirando alla faccia di Marchenko. Colpì il bersaglio, e sentì rompersi qualcosa. La bocca di Marchenko si aprì in un urlo di dolore, e Pierre vide che i denti in alto erano tutti sbilenchi, il suo pugno gli aveva fracassato la mascella superiore.

Pierre tentò di ripetere l’impresa, ma questa volta mancò l’avversario e la mossa gli fece perdere l’equilibrio, permettendo a Marchenko di spingerlo via e di lottare per rimettersi in piedi. Pierre poté vedere che la testa calva di Marchenko era scorticata nel punto in cui aveva colpito il cemento.

Marchenko raggiunse la baracca degli attrezzi. Aveva un lucchetto alla porta, ma una delle chiavi insanguinate che teneva in mano lo aprì. Pierre, steso sulla schiena, si sforzò di prendere fiato e di trattenere le gambe, che stavano danzando selvaggiamente. Marchenko si chinò per entrare e riemerse un momento dopo reggendo un lungo piede di porco nero, presumibilmente usato per aprire casse scaricate dagli elicotteri. Avanzò fino a incombere su Pierre.

— Prima che tu muoia — disse Marchenko, mentre alzava il piede di porco sulla testa — devo saperlo. Sei ebreo?

Pierre scosse il capo lievemente.

Marchenko sembrò rattristato. — Peccato. Avrebbe reso tutto quanto perfetto. — Calò giù la barra metallica. Pierre si voltò da parte giusto in tempo, e l’estremità del piede di porco fece schizzar via una scheggia dal tetto.

Il rumore dell’elicottero sovrastava, adesso, quello del vento. Pierre gli gettò uno sguardo. Non era lo stesso velivolo giallo e nero che aveva visto tutti quei mesi prima. No, questo sembrava privato, civile, tutto bianco e argenteo. Marchenko aveva probabilmente chiamato a venire a salvarlo uno dei suoi accoliti del Millennial Reich.

Il vecchio tirò un altro colpo col piede di porco. Pierre rotolò sulla destra; il metallo sprizzò scintille abbattendosi sul cemento. Pierre rotolò di nuovo sul dorso, e, pregando di poter mantenere una salda presa, sollevò in alto il bastone. Ma quando incontrò la barra metallica di Marchenko, il legno del bastone si spezzò in due. Una parte schizzò alta in cielo, roteando.

Marchenko abbatté il piede di porco con un arco sulle ginocchia di Pierre. Lui urlò quando la sua rotula sinistra si fratturò. Marchenko alzò la barra di nuovo, cercando stavolta di dargliela in testa. Pierre strisciò per terra. Il suo braccio si tese, ondulando come un serpente, e si chiuse sulla caviglia di Marchenko, strattonando il vecchio giù. Marchenko cadde insieme al piede di porco con uno scricchiolio di costole rotte.

Pierre alzò lo sguardo. L’elicottero era ora sospeso sulla scena, preparandosi ad atterrare, col rotore che spazzava via polvere e detriti dal tetto. L’uomo sul sedile destro, che lo pilotava… Cristo, portava perfino lo stesso giubbotto da aviatore con occhiali a specchio di Hard Copy. Felix Sousa. Quel fottuto non si limitava a pensarla da nazista; era un vero membro tesserato del Millennial Reich di Ivan Marchenko.