Stando alla simulazione, gli orologi del DNA, incrementando di generazione in generazione tramite l’anticipazione genetica, sarebbero potuti scattare in intere popolazioni quasi simultaneamente. I multiregionalísti erano più nel giusto di quanto avessero mai creduto: la ricerca di Pierre dimostrava che balzi pre-programmati nell’evoluzione potevano aver luogo, tutto d’un tratto, in vasti gruppi di esseri viventi.
A Pierre venne in mente una citazione, naturalmente di un Premio Nobel. Il filosofo francese Henri Bergson aveva scritto nel suo libro del 1907 Evoluzione creativa che «il presente non contiene nient’altro che il passato, e quel che si trova nell’effetto era già nella causa.» Il «DNA intronico» era un linguaggio, proprio come aveva suggerito quell’articolo trovato da Shari: il linguaggio in cui il piano di base della vita era stato scritto dal suo progettista. Il cuore di Pierre batteva forte per l’eccitazione, e l’adrenalina gli scorreva nelle vene, ma finalmente si abbandonò al sonno, con lo stampato che ancora gli riposava sul petto, sognando della mano di Dio.
Molly aprì la porta dell’ufficio e vi mise piede dentro. — Dottor Klimus, io…
— Molly, sono molto occupato…
— Troppo occupato per parlare di Myra Tottenham?
Klimus alzò gli occhi. Qualcun altro stava passando nel corridoio. — Chiuda la porta.
Molly lo fece e si mise a sedere. — Shari Cohen e io abbiamo appena passato un giorno a Stanford a frugare fra le carte di Myra; ne hanno interi scatoloni nei loro archivi.
Klimus riuscì a fare un debole sorriso. — Le università amano la carta.
— In effetti, è così. Myra Tottenham stava lavorando a dei metodi per accelerare la sequenziazione dei nucleotidi quando morì.
— Davvero? — disse Klimus. — Proprio non capisco cos’abbia a che fare questo…
— Ha tutto a che fare con lei, Klimus. La tecnica di Myra, che impiegava enzimi di restrizione specializzati, era in anticipo di anni su quel che stavano facendo gli altri.
— Che ne può sapere una psicologa delle ricerche sul DNA?
— Non molto. Ma Shari mi ha detto che quel che stava facendo Myra era vicino a quella che noi ora chiamiamo la Tecnica Klimus, proprio la stessa tecnica per cui lei ha vinto il Premio Nobel. A Stanford abbiamo dato una scorsa anche alle sue vecchie carte. Stava brancolando in una direzione del tutto sbagliata, cercando di usare direttamente la carica ionica dei nucleotidi come tecnica di classificazione…
— Avrebbe funzionato…
— Funzionato in un universo dove l’idrogeno libero non si combina con qualsiasi cosa ci sia in vista. Ma in questo universo era un vicolo cieco… un vicolo cieco che lei non abbandonò fino a poco dopo la morte di Myra Tottenham.
Ci fu una lunga, lunga pausa. Infine: — Il comitato del Nobel è molto riluttante ad assegnare premi postumi — disse Klimus, come se ciò giustificasse tutto.
Molly incrociò le braccia davanti al petto. — Voglio gli appunti che ha preso su Amanda. E voglio la sua parola che non cercherà di vederla mai più.
— Signora Bond…
— Amanda è mia figlia… mia e di Pierre. Questa è la sola verità. Lei non ci darà mai più fastidio.
— Ma…
— Niente ma. Mi dia i suoi appunti subito.
— Io… ho bisogno di un po’ di tempo per raccoglierli tutti.
— Tempo per fotocopiarli, intende dire. Giammai. Verrò con lei ovunque vada per andare a prenderli, ma non la perderò di vista finché non li avrò trovati e bruciati tutti.
Klimus sedette immobile per alcuni secondi, pensando. Il solo suono fu il fioco ronzio di un orologio elettrico. — Lei è una vera cagna — disse infine, aprendo il cassetto della scrivania in basso a sinistra e tirando fuori una dozzina di piccoli blocchi note rilegati a spirale.
— No, non è così — disse Molly, raccogliendoli. — Sono semplicemente la madre di mia figlia.
Erano passati quattro mesi. Mentre attraversava lentamente il laboratorio, sembrò che Shari Cohen avrebbe preferito essere in qualunque altra parte del mondo. Pierre era seduto su uno sgabello. — Pierre — disse lei — io non so come dirtelo, ma i risultati dei tuoi test più recenti sono… — Distolse lo sguardo. — Mi spiace, Pierre, ma sono sbagliati.
Pierre alzò un braccio che si agitava. — Sbagliati?
— Hai pasticciato la distillazione. Temo che dovrò rifarla io.
Pierre annuì. — Sono spiacente. Io… divento confuso a volte.
Anche Shari annuì. Il labbro superiore le stava tremando. — Lo so. — Rimase zitta per un lungo, lungo tempo. Poi: — Forse è il momento, Pierre, che tu…
— No. — Lo disse con quanta più fermezza poteva. Tenne le mani tremanti di fronte a sé, come per proteggersi dalle sue parole. — No, non chiedermi di smettere di venire al laboratorio. — Fece un lungo sospiro, rabbrividendo. — Magari hai ragione… forse non posso più fare cose complicate. Ma devi permettermi di essere d’aiuto.
— Posso proseguire io il nostro lavoro — disse Shari.
— Posso finire l’articolo. — Sorrise. Il loro articolo avrebbe lasciato la gente a bocca aperta. — Si ricorderanno di te, Pierre, non solo alla maniera di Crick e Watson, ma addirittura come un nuovo Darwin. Lui ci disse da dove venivamo, e tu ci hai detto dove stiamo andando.
Si interruppe, riflettendo. La più recente scoperta di Pierre, probabilmente, era triste a dirsi, T’ultima scoperta» era la sequenza di DNA che in apparenza governava l’abbassamento dell’osso ioide nella gola, una sequenza che era trasposta fuori dal DNA di Hapless Hannah, ma inserita in quello dell’Homo sapiens sapiens. E aveva mostrato a Shari un campione di DNA con inserita la trasposizione telepatica, sebbene lei non sapesse a chi apparteneva, e avesse creduto solo a metà alle affermazioni di Pierre su a che cosa serviva.
Pierre si guardò intorno nel laboratorio, impotente.
— Dev’esserci qualcosa che posso fare. Lavare gli strumenti in vetro, riordinare gli archivi… qualcosa.
Shari guardò il secchio dei rifiuti, dove riposavano i cocci di vetro di un matraccio che Pierre aveva fatto cadere prima, quel giorno. — Hai dedicato così tanto tempo a questo progetto — disse. — Ma… be’, lo so che sei tu quello che dovrebbe citare i Premi Nobel, ma non ha forse detto Woodrow Wilson «Non solo uso tutto il cervello che ho, ma tutto quello che posso farmi prestare»? Puoi prendere in prestito il mio; basta a farci andare avanti tutti e due. È ora che tu ti rilassi. Passa qualche tempo con tua moglie e tua figlia.
Pierre si sentì le lacrime agli occhi. Sapeva che quel giorno sarebbe venuto, ma era troppo presto, ancora tanto presto.
Ci fu un momento di imbarazzo tra loro, e Pierre si rammentò di quel pomeriggio di tre anni e mezzo prima, quando aveva finito per abbracciare Shari mentre lei piangeva per aver rotto il fidanzamento. Anche lei, forse, riconobbe la similarità di quel momento, perché, con un sorriso, gli si fece più vicino e con leggerezza gli avvolse le braccia intorno, senza tenerlo strettamente, ma conformandosi alla ritmica danza del suo corpo.
— Tu «sarai ricordato», Pierre — disse. — Lo sai. Verrai ricordato per sempre per quello che hai scoperto qui.
Pierre annuì, cercando di trovare conforto in quelle parole, ma presto le lacrime gli scorsero giù per le guance.
— Non piangere — disse Shari dolcemente. — Non piangere.
Lui alzò lo sguardo su di lei e scosse il capo. — So che abbiamo fatto un buon lavoro qui — disse — ma… Lei gli scostò i capelli dalla fronte. — Ma cosa?