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— Frammenti isolati — disse lui. — Riesco ancora a cogliere frammenti isolati. Ma il quadro generale: i nucleotide gli enzimi, le reazioni, le sequenze di geni… — Sollevò una mano tremante e si sfregò la guancia. — Non ricordo tutto, e quello che ricordo, non lo capisco più.

Shari gli accarezzò la spalla. — Non importa — disse. — Hai fatto tu il lavoro. Hai fatto tu le scoperte. A partire da qui posso finire io.

Pierre la guardò. — Ma cosa farò adesso? Io… io non so fare altro che il genetista.

Shari parlò a bassa voce. — Barnaby Lincoln, del «Chronicle», ha lasciato un altro messaggio telefonico per te. Perché non lo chiami?

43

Diciotto mesi dopo

Pierre fu occupato in quei giorni. Battersi per una causa «era» un lavoro soddisfacente. E, chissà? Un giorno avrebbe anche potuto portare frutti. Nel frattempo, Shari aveva completato il loro articolo a quattro mani — UN MECCANISMO DEL DNA INTRONICO PER INVOCARE TRASPOSIZIONI GENETICHE COME FORZA TRAINANTE DELL’EVOLUZIONE — e l’aveva sottoposto a «Nature».

Ma quel giorno aveva altro a cui pensare che cosa avrebbero fatto dell’articolo i recensori del giornale, altro a cui pensare che a rispondere al telefono e dettare lettere.

Non potevano limitarsi ad andare in uno studio per ritratti; scattare foto della famiglia Tardivel-Bond era un po’ più complicato. Pierre aveva momenti buoni e altri cattivi, e dovettero aspettare più di un’ora perché riguadagnasse abbastanza controllo da sedersi ragionevolmente immobile. E Amanda, be’, a tre anni di età, se la stava cavando meglio a trattare con le altre persone, ma continuava a essere più facile tenerla a distanza da adulti benintenzionati, ma stupidi, che dicevano sempre le cose sbagliate, pensando che, dato che non parlava, non potesse sentire.

Molly aveva aiutato Pierre a mettersi i vestiti, come ormai faceva ogni giorno. Dapprima aveva pensato di fargli indossare giacca e cravatta, un abbigliamento tutto serio e formale, ma quello non sarebbe stato Pierre, e lei voleva ricordarlo com’era realmente. Invece, lo aiutò a infilarsi uno dei maglioni rossi dei Montreal Canadiens cui era così affezionato.

Da parte sua, Molly si abbigliò un po’ più ricercatamente di quanto non facesse di solito, indossando una camicetta di seta azzurra e una elegante gonna nera. Si mise anche un po’ di rossetto e di ombretto.

Amanda vestiva un adorabile abitino rosa con dei fiorellini sopra. Molly si era trastullata con l’idea di combattere gli stereotipi, ma per quel giorno, almeno, voleva che sua figlia somigliasse proprio a una bambina qualunque. A volte queste cose «importavano».

Finalmente, Pierre disse: — Penso di essere pronto.

Molly sorrise e lo aiutò a sistemarsi su una delle sedie. Il suo avambraccio destro si stava muovendo un pochino, ma una volta che si fu accomodato, Pierre ci portò sopra la mano sinistra, tenendolo saldo. Molly si mise a sedere, si lisciò i vestiti, e fece segno ad Amanda di venire a sedersi in grembo. Lei obbedì, divertendosi a dimenarsi per tutta la stanza nel suo vestitino.

Molly la baciò in fronte, e Amanda sorrise. Nella mano sinistra Molly teneva l’autoscatto della macchina fotografica. Puntò un dito verso l’obiettivo e disse ad Amanda di guardarlo e sorridere.

Pierre sollevò la mano sinistra dal braccio destro e anche lui sorrise quando vide che, almeno per il momento, non stava più agitandosi. Riuscì ad alzarlo lentamente e a cingere le spalle di sua moglie. La piccola Amanda prese con la manina tre delle dita del padre. Molly premette l’autoscatto.

Amanda sobbalzò in grembo a sua madre sgomenta ma eccitata dal lampo del flash. Molly attese che si calmasse un po’ prima di tentare un’altra posa e, nel frattempo, rifletté su che straordinario ritratto di famiglia stessero facendo. Non era solo una donna e suo marito e la loro bimba, che si volevano bene. Era anche, in senso letterale, un ritratto della razza umana: del silenzio, della parola, e della telepatia, del passato, del presente, e del futuro, di dove la razza era venuta, dov’era, e dove stava andando.

La telepatia di Molly, lì, adesso, all’alba del Ventunesimo secolo, era stata un incidente, il risultato di un unico nucleotide che si era infiltrato nel suo DNA. Ma il codice genetico per produrre il neurotrasmettitore della telepatia era là, nascosto, trasposto in qualcos’altro, nel DNA di ogni uomo e donna della Terra.

Le tornarono in mente le parole che aveva detto precedentemente a Pierre: «Forse un giorno, nel lontano futuro, l’umanità potrà essere in grado di affrontare qualcosa del genere. Ma non ora; non è il momento giusto».

«Non il momento giusto.»

Le scoperte di Pierre erano state stupefacenti: erano tutto. Non solo quel che eravamo stati. Non solo codici per fare code e scaglie e uova dal guscio duro. Non solo il nostro passato di pesci, di anfibi e di rettili. Non solo i comandi che orchestravano la danza dell’ontogenesi, quando questa ricapitolava in apparenza la filogenesi durante lo sviluppo dell’embrione. Non solo avanzi e rimasugli.

Non solo «inutilità».

Sì, in esse c’era il passato. Ma così anche il futuro. Così pure il progetto, il piano, di quel che saremmo diventati.

Cos’era che aveva detto a Pierre, tutti quegli anni prima?

«Dio ha programmato in anticipo la grande direttiva che avrebbe preso la vita, il cammino da seguire per l’universo ma, dopo aver messo tutto quanto in moto, si limitò a osservare la situazione, lasciandola crescere e svilupparsi da sola, seguendo la rotta da lui tracciata.»

Premette di nuovo l’autoscatto della fotocamera. Ci fu luce dovunque.

Amanda alzò lo sguardo su suo padre e mosse le mani. «Perché stiamo facendo questo?»

— Lo stiamo facendo — disse Pierre — perché siamo una famiglia. — Le parole gli vennero lentamente ma con chiarezza.

I grandi occhi castani di Amanda lo fissarono. Il suo visetto si contorse. Aveva tentato per moltissimo tempo, facendo pratica in segreto con sua madre. Erano anche state interrotte un mattino, quando Pierre era spuntato in soggiorno senza che si rendessero conto del suo arrivo, ma ancora non c’era mai riuscita. Eppure, sapeva che quello era proprio un momento molto speciale, e così ci mise tutte le sue forze.

Il suono fu grezzo, come il lacerarsi di carta ruvida, più simile a un respiro forzato che a qualunque altra cosa. Ma fu anche inconfondibile, almeno per uno che aveva bramato di udirlo. — Ti voglio bene — disse Amanda, guardando il suo papà. Pierre penso qualcosa in francese, ma poi sorridendo a sua moglie e abbracciandola stretta, riformulò lo stesso pensiero in inglese.

«La mia vita» pensò Pierre Tardivel non poteva finire meglio di così.»

EPILOGO

Tredici anni dopo

«Ci sono due tragedie nella vita. Una è perdere quel che più si desidera. L’altra è ottenerlo.»

George Bernard Shaw, (vincitore nel 1925 del Premio Nobel per la Letteratura)

Valerie Beckett, prima donna presidente degli Stati Uniti, guardò la folla di cinquecento persone sul prato della Casa Bianca; la maggior parte erano accomodate sulle sedie pieghevoli metalliche fornite per l’occasione, ma qualcuno era su sedie a rotelle. Oltre la recinzione in ferro battuto intorno al prato, centinaia di spettatori e turisti osservavano meravigliati. Era una bella giornata di sole, il cielo era di un azzurro perfetto, e nell’aria c’era profumo di rose. Il marito della Beckett, il First Gentleman Roger Ashton, le sorrise dalla prima fila. Minuscole telecamere, molto più piccole di quelle di solo pochi anni prima, erano fissate su treppiedi dalle gambe sottili. Delle bandiere si increspavano appena nella leggera brezza.