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«La gente che è lì con te non è d’accordo con il Comitato?»

«No. A questo proposito, il sentimento generale della popolazione è piuttosto univoco.»

«E allora perché hai corso il rischio di dirmi tutto quello che mi hai detto?»

«Quasi tutti non potevano vedere ciò che scrivevo; nessuno avrebbe potuto leggerlo, e nessuno può capire le parole che hai pronunciato.»

«Allora qui la tua lingua madre non è…»

«Non è.» Bert mi aveva interrotto con un gesto della mano, prima che avessi il tempo di nominare una lingua.

«E allora perché ti preoccupi di non disobbedire a questo Comitato, per quanto riguarda ciò che mi stai raccontando?»

«Perché ritengo che abbia tutte le ragioni.»

Era difficile contraddire un’affermazione del genere: non provai neppure. Dopo qualche istante, lui scrisse un altro messaggio.

«Adesso ho del lavoro da sbrigare, e debbo andare, ma tornerò ogni due ore, più o meno. Se hai veramente bisogno di me, bussa sulla capsula… non troppo forte, ti prego. Anche se non ci fosse nessuno in vista, il che non è probabile, ti possono sentire a distanza, e qualcuno mi manderà a cercare. Pensaci bene; io vorrei che restassi, ma non se non sei ben sicuro di volerlo anche tu.» Depose la tabella accanto alla capsula e si allontanò a nuoto. Anche altri erano scomparsi, benché non tutti usassero la stessa galleria. I pochi rimasti sembravano quelli sopraggiunti per ultimi, che non avevano ancora avuto la possibilità di contemplare a sazietà la capsula. Comunque, non facevano niente che potesse interessarmi o distrarmi, perciò mi misi a pensare con molto impegno. Avevo parecchio da riflettere, e qualche volta sono un po’ lento.

Naturalmente, la decisione non era un problema. Era ovvio: dovevo ritornare lassù a riferire.

Come aveva detto Bert, restare lì significava semplicemente passare la palla a un altro investigatore; ma mandarne laggiù un altro sarebbe stato un evidente spreco di energia, qualunque trucco escogitassero per inviarlo. Inoltre, non ero sicuro quanto Bert che il Consiglio non avrebbe sprecato qualche tonnellata di esplosivo su quel posto, se l’avesse scoperto e avesse avuto motivo di ritenere che era costato la vita a tre agenti. Il problema non era se tornare lassù o no, bensì quando tornarci; e il «quando» dipendeva da ciò che potevo concludere prima.

Io volevo prendere contatto con Marie. Sarebbe stato bello, anche, saperne di più sul conto di Joey, se pure era possibile ottenere altre informazioni in proposito. Non volevo credere che Bert avesse mentito, in questo, ed era certamente possibile che la diffidenza di Marie nascesse dalla sua riluttanza ad accettare il fatto che Joey era scomparso in un incidente autentico. D’altra parte, lei non era affatto stupida. Dovevo tener conto della possibilità che avesse ragioni migliori per dubitare di Bert.

Joey, come Marie, aveva avuto a disposizione un sommergibile monoposto. Poteva aver scoperto cose che costoro non volevano venissero ripetute alla superficie. Dopotutto, quel che mostravano di desiderare che io e Marie riferissimo, tornando lassù, era un complesso d’informazioni propagandistiche destinate a dissuadere il Consiglio da ulteriori indagini.

Un momento, però. Questo era vero soltanto se Bert aveva ragione, quando sosteneva che il Consiglio preferiva tener nascosto quanto stava succedendo là sotto.

Se si sbagliava — se la mia idea della reazione era più vicina alla verità — le notizie non sarebbero state insabbiate, e il Consiglio avrebbe inviato una spedizione là sotto il giorno dopo il ritorno mio o di Marie. E difficilmente il «Comitato» di cui aveva parlato Bert poteva desiderare una cosa simile. Forse c’era qualcosa di vero in ciò che mi aveva detto.

Tuttavia, potevano esserci cose che costoro preferivano non far sapere, qualunque cosa avessero raccontato a Bert. Joey poteva essere lì, o forse era stato ucciso, anche se quest’ultima ipotesi mi sembrava molto più incredibile. Anche se Bert aveva ragione quando sosteneva che non era mai arrivato — e forse soprattutto se aveva ragione — c’era da preoccuparsi di Marie. Se lei si fosse impuntata non se ne sarebbe mai andata di sua spontanea volontà, e non potevano semplicemente lasciarla andare in modo che risalisse in superficie, come potevano fare invece con me. Lei aveva un sommergibile. Certo, adesso che io ero lì potevano metterle fuori uso il suo apparecchio, togliere la zavorra, e mollarlo: forse avrei dovuto aspettare che facessero proprio questo. Forse…

Se il modo in cui dico tutto questo vi confonde, potete farvi un’idea di quel che provavo io. Se ricordate che la mia memoria ha riveduto e corretto l’accaduto, forse ne avrete un’idea ancora più chiara? All’improvviso mi resi conto che da parecchio tempo non avevo fatto una buona dormita. La capsula non era molto comoda, ma ci sono momenti in cui non ci si preoccupa di simili dettagli trascurabili. Mi addormentai.

CAPITOLO 10

Dormii per otto ore filate, secondo l’orologio. Mi svegliai con la convinzione che non avrei potuto fare un piano fino a quando avessi capito come faceva quella gente a vivere così, cosa mi avrebbero fatto se avessi accettato di restare, e soprattutto cosa avrei dovuto combinare se, dopo aver deciso di rimanere ed essere stato modificato, avessi preferito andarmene.

Bert mi aveva fatto capire chiaramente che non me l’avrebbe detto; ma aveva ammesso di avermi confidato qualcosa di più del dovuto, perciò poteva esserci la possibilità di capirlo da solo.

La mia memoria era piuttosto buona. Dunque, cosa aveva detto di significativo, il mio amico Bert?

L’osservazione più sensazionale era la smentita che lui respirasse acqua. E poi, c’era stato qualcosa d’altro in quella frase… cos’aveva detto? «L’analisi è errata per due ragioni.» Cosa poteva significare?

Da un punto di vista grammaticale, l’implicazione più ovvia della prima frase era che il liquido intorno a noi non fosse acqua. Era possibile? E se era possibile, c’era qualche altra conferma?

La risposta era sì per entrambe le domande.

Molti liquidi non si mescolano bene con l’acqua… i liquidi non polarizzati in generale. Il tetracloruro di carbonio e tutti gli olii, tanto per fare gli esempi più noti. Tuttavia, se era un liquido del genere, doveva essere denso almeno quanto l’acqua e probabilmente anche di più. Quindi non era uno degli olii soliti. E neppure tetracloruro di carbonio, perché è estremamente velenoso. La densità doveva essere elevata, perché non c’erano né porte né valvole tra quel luogo e l’oceano, e l’olio sarebbe risalito a macchia alla superficie dell’Oceano Pacifico, e sarebbe stato individuato molto tempo prima.

Di conseguenza, il contatto tra l’acqua ed il mio liquido ipotetico era situato probabilmente all’entrata. La mia memoria sembrava confermare questa idea.

Quando la capsula aveva raggiunto il livello della bocca del pozzo, all’arrivo, i sommozzatori vi avevano agganciato altra zavorra… evidentemente era necessario se il nuovo liquido era più denso dell’acqua, dato che la capsula pesava appena quanto bastava per affondare in quest’ultima. I sommozzatori, a loro volta, si erano caricati di zavorra supplementare… quelle cinture con gli «utensili»! Ma certo. Se fossero stati davvero utensili, perché piazzarli all’accesso dal fondo marino? E se l’esterno era destinato soltanto alla ricreazione e gli utensili venivano usati soltanto all’esterno, perché non custodirli dove venivano adoperati? Se nella capsula ci fosse stato lo spazio sufficiente, mi sarei preso a calci da solo perché non l’avevo capito prima… o meglio, perché non avevo approfondito i dubbi provati sul momento.