Poi Bert se ne andò per prendere accordi con il Comitato.
Stava quasi per sparire, quando mi venne in mente qualcosa e dovetti inseguirlo precipitosamente. Per fortuna, lui non andava di fretta, altrimenti non l’avrei mai raggiunto: era una grossa seccatura, non poter usare la voce per richiamare l’attenzione di qualcuno. Pensai che avrebbero dovuto esserci cicalini, o cose del genere, a questo scopo. Poi pensai che forse esistevano, e che io non ne conoscevo ancora l’esistenza. Comunque, raggiunsi Bert e scarabocchiai in fretta una domanda.
«Non dovremmo far sapere a Joey dove stai andando? Senza di te, si troverà in difficoltà quasi quanto me.»
Bert rifletté un istante, poi annuì.
«Probabilmente è meglio, sì. Dovresti provvedere tu, mentre io me la vedo con il Comitato. Solo, per amor del Cielo, non lasciarti sfuggire che Marie è qui.» Io assunsi un’aria adeguatamente indignata. «Ti farò indicare la strada da uno di costoro. Joey dovrebbe essere fuori servizio, adesso, anche se spesso continua a lavorare più del previsto. Comunque, puoi provare nel suo alloggio, e poi alle colture, prima di ritornare alla centrale elettrica.» Si rivolse agli altri e ricominciò a gesticolare. Finalmente riuscì a far capire ciò che voleva: ma era chiaro che mi aveva detto la verità quando aveva affermato di conoscere poco il linguaggio dei segni.
Non mi sentii deluso, quando la ragazza mi toccò il braccio e mi accennò di seguirla. Avevamo ancora compagnia, ma le cose avrebbero potuto andar peggio.
Bert doveva aver spiegato a gesti le stesse cose che aveva scritto a me. Andammo prima in quella che era evidentemente una residenza privata… o almeno, diventò evidente quando fummo entrati. La porta era una delle tante disseminate lungo le gallerie. La ragazza si servì del primo segnale udibile che avessi sentito dal mio arrivo: bussò in modo normalissimo, anche se molto delicatamente, su di un pannello rotondo accanto alla porta.
Non ottenne risposta e, dopo circa mezzo minuto, aprì la porta ed entrò. Evidentemente, lì i criteri d’intimità erano diversi. L’appartamento era diviso in tre stanze principali, a seconda dell’uso: una sembrava fatta per dormirci, una per leggere ed altre attività, e la più grande per riunirvi gli amici. Joey non c’era, e la ragazza ci guidò fuori e si avviò in un’altra direzione. Una breve nuotata ci portò ad un’altra delle gallerie inclinate che portavano all’area delle colture. Questa volta stavo più attento e notai l’angolo diverso.
Quando fummo all’aperto, lei si fermò e si guardò intorno per cercare Joey. Nel frattempo, io cercavo di calcolare l’ampiezza dell’area delle coltivazioni, in base al numero degli abitanti ed a quello degli individui che erano lì a mangiare. Decisi che avrei avuto bisogno di una stima migliore del tempo che il cittadino medio dedicava ai pasti ed agli intervalli intermedi, prima di poter trovare un risultato significativo.
Per trovare Joey, la ragazza impiegò cinque minuti a guardarsi intorno e ad interrogare gli altri. Trascorsi un po’ di quel tempo scrivendo il mio messaggio, così che, quando lo raggiungemmo, potei consegnarglielo subito. Diceva solo che Bert saliva alla superficie e che, a quanto avevo capito, io dovevo cominciare a lavorare con Joey non appena lui avesse potuto utilizzarmi.
Elfven annuì affermativamente, prese la tavoletta e scrisse: «Sta bene. Tornerò al lavoro fra qualche ora. Quando avrò finito di mangiare dovrò dormire. Sei capace di trovare la strada per arrivare alla sala comando?»
«Non ne sono sicuro, ma ho una buona guida,» risposi. Lui diede un’occhiata alla ragazza ed annuì di nuovo.
«Vorrei riuscire d arrangiarmi con uno di questi metodi di comunicazione,» scrisse. «Ce la passeremo male, senza Bert. Perché va lui, invece di mandare te?»
«Sembra convinto di poter fare un rapporto più completo di quanto lo farei io,» risposi. «Credo che abbia ragione. Finché lavoreremo insieme, non ci sentiremo troppo in difficoltà per via del linguaggio.»
Joey scrollò le spalle, per far capire che non era del tutto d’accordo, ma che non gli pareva il caso di discuterne per iscritto. Riprese a mangiare.
Mandai giù qualche boccone anch’io, ma ci tenevo soprattutto a ritornare da Marie; perciò toccai la spalla della ragazza — stava mangiando anche lei — e indicai l’ingresso della galleria da cui eravamo arrivati. Ero riuscito a ricordarne la direzione. La ragazza annuì e si avviò. Almeno alcuni segni erano comprensibili per entrambi, pensai.
Impiegammo dieci o quindici minuti per ritornare dove avevamo lasciato Marie. Lei non c’era, ovviamente: ebbi l’impressione che la mia guida avesse dimenticato che il sommergibile era partito prima di noi: ma forse non le rendo giustizia. Comunque, si avviò prontamente nella direzione in cui era andato in sommergibile, e dopo un altro quarto d’ora arrivammo in un posto che ricordavo… il corridoio con la valvola da cui era passata la mia capsula quando ero stato sottoposto al trattamente pressurizzante.
Adesso che conoscevo meglio la situazione generale, prestai maggiore attenzione al portello più piccolo. Osservandolo attentamente, vidi che aveva un’incollatura estensibile pesantemente corazzata, che in quel momento era rientrata, e che poteva venire fissata facilmente al portello d’entrata di ogni normale sommergibile da lavoro.
Fui un po’ sorpreso nel vedere che il mezzo di Marie non era ancora arrivato. Penso che ne fosse stupita anche la ragazza. Almeno, si guardò intorno come se non sapesse che fare o dove andare, poi mi guardò come se si aspettasse qualche altra richiesta.
Non potei far altro che annuire: ero sicurissimo che quello fosse il posto giusto. Ricordai che le dimensioni della galleria potevano aver costretto gli altri a seguire un percorso più lungo, magari anche a passare dall’esterno, ma non sapevo come spiegarlo ai miei compagni. Per la verità, non capivo perché non ci fossero arrivati da soli: loro conoscevano certamente quel posto meglio di me.
Bert comparve per primo, accompagnato da un uomo di mezza età e dall’aria sveglia. Non me lo presentò, ma si servì della tavoletta per comunicarmi che quello era il dottore: avrebbe manovrato la macchina cuore-polmoni e avrebbe provveduto alle cavità, come l’orecchio medio ed i seni paranasali, durante il cambiamento di pressione.
Erano con noi da una decina di minuti, quando il sommergibile comparve, dalla parte dell’entrata. Quasi nello stesso istante, un altro sommozzatore arrivò a nuoto dalla direzione opposta. Gli diedi un’occhiata distratta, pensando che fosse uno dei tecnici addetti alla procedura; poi i miei occhi si chiusero, mentre cercavo di sbarazzare le mie retine di quella che speravo fosse una falsa immagine.
Ma quando li riaprii, era sempre Joey Eflven. Dovevo ammettere che il regista, chiunque fosse, aveva fatto un buon lavoro.
CAPITOLO 23
Dovetti ammettere, anche, che avremmo dovuto prevederlo. Non avremmo mai dovuto informare Joey dei progetti di partenza, prima che Bert e Marie fossero ormai lontani.
La cosa più probabile del mondo era che gli venisse in mente qualche domanda da rivolgere a Bert all’ultimo momento; e lui sapeva dove trovarlo. Evidentemente Bert non era un intrigante più abile di me: ma in quel momento mi era di poco conforto.
Marie lo vide prima che a me e a Bert venisse in mente di fare qualcosa. Il sommergibile si lasciò indietro all’improvviso la guida che lo precedeva a nuoto. Dopo pochi secondi, i suoi getti d’acqua ci fecero roteare, mentre si fermava davanti al nostro gruppo. Sì, Marie aveva visto Joey. La sua educazione nei confronti dei selvaggi era svanita.
Già da qualche istante udivo il battito del mio cuore e di quelli che mi stavano vicini: ma fino a quel momento non mi ero reso conto che fosse così forte.