«E come potrebbero avere il fegato di fare una cosa simile?» chiese sprezzante Marie. «Hanno sempre vissuto quaggiù, sperperando energia che avrebbe dovuto essere immessa nella rete mondiale e divisa con tutti noi. Sono come quei vecchi aristocratici francesi, con la mentalità tipo ‘perché non mangiano brioches’… Solo che gli aristocratici sarebbero stati troppo orgogliosi per andare a mendicare un tozzo di pane dai poveri, se la loro ricchezza fosse svanita.»
«Questa è stata anche la mia reazione,» scrisse imperturbabile Joey. «Mi sono fatto pressurizzare per la stessa ragione per cui l’avete fatto tu» — e accennò a me — «e Bert: avevo intenzione di indagare e di inviare un rapporto che avrebbe indotto il Consiglio a piombare quaggiù per civilizzare questo posto nel giro di un mese. Ma quando ho avuto i dati sufficienti per un rapporto significativo, ho capito che sarebbe stato inutile. Il Consiglio non avrebbe fatto nulla.»
«È quello che sosteneva Bert,» scrissi io. «Ha detto che rapporti del genere erano già stati inoltrati in passato, decenni or sono, e che non è successo niente.»
Joey riprese la tavoletta.
«Non ho mai trovato notizie del genere. Bert ed io, comunque, non abbiamo esaminato lo stesso materiale. Secondo me, il Consiglio non può far nulla.»
«Perché no? Guarda tutta l’energia che viene sprecata quaggiù!» esclamò Marie.
«Pensaci meglio, ragazza mia. Non è uno spreco, più di quanto lo sia l’energia usata dalle piante naturali, in superficie, per la fotosintesi… lo è molto meno, anzi. È vero che se dividi la produzione di energia di questa installazione per la popolazione locale ottieni un dato molte volte superiore alla normale razione di energia pro capite; ma la maggior parte dell’energia viene usata per l’illuminazione. Se riduci l’illuminazione in una percentuale significativa, fai scendere la fotosintesi ad un livello tale da non poter più fornire abbastanza ossigeno per la popolazione attuale. Se riduci la popolazione, anche la manutenzione scadente attuale degenererà e, come ho detto, questa installazione dovrà venir chiusa.
«Puoi criticare la decisione che gli antenati di costoro presero tre o quattro generazioni fa. Ammetto che è estremamente immorale, secondo i nostri principi. Tuttavia, la popolazione attuale ne subisce le conseguenze, e se non altro, non sfrutta la rete energetica planetaria. Sono autonomi, ma non intellettualmente. Mi sembra doveroso restare qui ed aiutarli. Tu dovrai fare la tua scelta.»
Marie restò in silenzio per mezzo minuto, immersa nei suoi pensieri. Quando riprese a parlare, sembrò che cambiasse argomento.
«Perché Bert mi ha mentito? Non lo giustifica niente di ciò che hai detto… e che mi sembra ragionevole.»
Joey scrollò le spalle.
«Non ne ho idea. Ricordati, lui non mi ha detto che eri qui, e tanto meno mi ha fornito tue notizie. Non so che cosa avesse in mente.»
Gli occhi di Joey e di Marie girarono verso di me. Dopo avermi guardato in faccia per tre o quattro secondi, lei disse: «Sta bene, tu lo sai. Sputa l’osso.»
Presi la tavoletta che Joey mi porgeva, e mi spiegai, concisamente.
«Ti ha mentito per la stessa ragione per cui ti ho mentito io. Non gli interessava quello che avresti riferito al Consiglio, ma non voleva farti sapere che Joey era vivo. Voleva farti tornare alla superficie convinta che Joey fosse solo un ricordo, e voleva venire con te. Io avrei fatto lo stesso.»
Joey prese la tavoletta, dopo che Marie ebbe finito di leggere, cancellò il messaggio e scrisse: «Grazie, amico.» Lo tenne in modo che potessi vederlo io, non Marie. Poi cancellò di nuovo, immediatamente. Se anche Marie se ne accorse, non fece commenti. Forse non se ne era accorta, perché le mie parole l’avevano evidentemente scossa.
«Capisco,» disse, dopo due minuti buoni di silenzio. «Questo pone in una luce diversa l’intera faccenda. Bert è meno trasparente di certi altri, debbo ammetterlo.» Fece una pausa, per qualche altro secondo. Poi: «Joey, ammetto che è una tua faccenda privata: ma sei disposto a dirmi esattamente e sinceramente perché hai deciso di restar qui?»
Joey rispose con un cenno negativo del capo.
«O quanto tempo hai intenzione di rimanere?»
Altro cenno negativo.
«0 se ti consideri ancora un funzionario del Consiglio?»
Un altro rifiuto. Ero sicuro che a Joey non importava che Marie conoscesse le risposte a quelle domande, soprattutto alla prima; ma soprattutto per quanto riguardava la prima, non voleva esser lui a dargliela. Per quanto glielo permetteva la sua personalità, era come se le dicesse di togliersi di torno. Marie, come ho già detto molte volte, è più sveglia di me, nonostante quella sua unica cecità.
Dopo la terza scrollata di capo lo squadrò con aria indagatrice per parecchi secondi. Poi si rivolse improvvisamente a me.
«E tu resti?»
Naturalmente, non lo sapevo. Potevo solo ritorcere su di lei la stessa domanda: avrebbe potuto essere più brutale con me di quanto Joey era stato con lei, ma ero preparato… o almeno lo speravo.
«E tu?» scrissi.
Un’onda d’urto, non molto dolorosa, ci investì tutti: non so se Marie aveva preso a pugni qualcosa o aveva pestato i piedi.
«Vuoi decidere da solo, almeno per questa volta?» scattò.
Era ingiusto, naturalmente. Sono perfettamente in grado di prendere decisioni, e Marie lo sa. Lo ha persino ammesso. Solo, non mi piace prenderle in mancanza di informazioni pertinenti. Lei sapeva benissimo quale informazione voleva, e perché… aveva cercato di ottenerne di analoghe da Joey, e per la stessa ragione.
Mi sforzai, onestamente, di decidere senza far riferimento a Marie, ma non ci riuscii.
CAPITOLO 25
Alla superficie vi sono il sole e il suono. Fino a tempi molto recenti, non li avevo veramente apprezzati. Il sole sugli alberi e sui laghi, il cielo azzurro, i tramonti rosso e arancio. Le voci delle ragazze, e le gocce di pioggia, e le risate e i giochi di parole.
Laggiù c’è il battito dei cuori, i macchinari che ronzano, i tonfi casuali dell’attività, ma altrimenti c’è silenzio… niente musica, niente voci, neppure uno schiocco della lingua o delle dita.
In superficie ci sono le restrizioni. Ogni azione è condizionata dalla consapevolezza che può comportare uno spreco d’energia, e l’energia è vita. Se qualcuno, accidentalmente, cortocircuita una batteria o lascia che scoppi un incendio, si sente colpevole come una fanciulla vittoriana che ha concesso troppa libertà all’innamorato. Il fatto che vostra moglie stia morendo in ospedale a otto chilometri di distanza è una giustificazione appena tollerabile per usare un veicolo ad energia. Un volo aereo o spaziale viene preso in considerazione solo in diretto rapporto all’acquisizione di energia o ai progetti di ricerca.
Laggiù, anche se in realtà vi è una disponibilità d’energia per persona un poco superiore, ciò che conta è la diversità dell’atteggiamento. Nessuno si preoccupa o s’indigna se il suo vicino ha consumato più della parte d’energia che gli spetta. Avevo continuato a fremere, in biblioteca, quando uno dei frequentatori se ne era andato lasciando accesa la lampada del carrello o il proiettore di lettura, mentre nessun altro aveva notato la dimenticanza.
E perché non poteva esserci musica, qui? Non ne avevo udita, e cantare era ovviamente impossibile. Ma gli strumenti a corde potevano funzionare. Forse sarebbe stato necessario modificarli, ma dovevano funzionare. Certamente sarebbe stato possibile costruirne di elettrici. Se non esistevano, li avrei progettati io.
Anche se non c’erano voci di ragazze, le ragazze c’erano. Ce n’era una molto bella, poco lontano da me, ci guardava come se avesse capito quel che succedeva.