Prima che lei potesse rispondere il silenzio mattutino fu spezzato dal rumore di uno schianto sul lato orientale dello scafo. Dal punto d’impatto scaturì un tuono che andò a perdersi nel cielo, le schegge si dispersero tutt’intorno e Samadhom guaì di dolore. Yoninne ruotò sul sedile, per guardare meglio. Sembrava che qualche oggetto dalla sagoma ottusa fosse piombato contro la parte superiore della nave, producendo un foro irregolare. Oltre il quarzo scheggiato e il rivestimento di legno a brandelli, lei vide le navi nemiche a solo trenta metri di distanza. Gli uomini del Re delle Nevi rengavano aria da mezzo mondo di distanza e la scagliavano contro la loro barca a una velocità di centinaia di metti al secondo. Nell’arco di solo due secondi gli attaccanti colpirono altre tre volte, aprendo una falla nello scafo che arrivava fino al livello dell’acqua. Poi Bre’en compì un altro salto e il mattino ritornò di nuovo immobile.
Samadhom! Leg-Wot si tese per guardare l’orso più da vicino. Da una delle spalle pelose sporgeva una scheggia di legno lunga dieci centimetri, e la pelliccia si stava lentamente macchiando di rosso. L’animale cercò di leccarsi la ferita e la guardò con i profondi occhi verdi contornati di bianco. Non doveva trattarsi di niente di grave, altrimenti Bre’en avrebbe già avuto tutto il tempo di ucciderli. Yoninne incominciò a slegare le cinghie, con l’intenzione di allontanare subito Samadhom dalla paratia semidistrutta, ma proprio in quel momento cinque navi nemiche piombarono sulle acque scure dell’oasi.
Due colonne di spruzzi, accompagnati dal caratteristico tuono, si alzarono di colpo sulla superficie del lago. Poi gli uomini del Re delle Nevi aggiustarono il tiro e i dardi di vento ultrasonico si abbatterono sulla piccola nave, producendo altri squarci nello scafo.
— Ci stanno usando dei riguardi — urlò Bre’en per sovrastare il rumore del bombardamento. In quel momento sembrava sofferente e spaventato, molto meno viscido del solito. — Potrebbero rengarci addosso intere tonnellate di acqua o di roccia.
— Salta, maledizione, salta! — gridò Leg-Wot in lingua natale, ma l’altro capì comunque il senso. Saltarono, e a lei parve di perdere momentaneamente l’equilibrio, mentre le cinghie la trattenevano. Erano saltati a est invece che a nord. Non si spostavano più per andare da qualche parte, ma solo per evitare il nemico. Fatica sprecata. Il nuovo lago era già occupato. La nave tremò sotto i colpi incessanti. Il ponte si inclinò verso le voragini che si aprivano sulla superficie dell’acqua.
— Siamo in trappola — disse Pelio, senza rivolgersi a nessuno in particolare. — Devono aver piazzato le loro navi in ogni lago di transito per molte leghe tutt’intorno. Continueranno a colpirci, qualunque direzione scegliamo. — Un altro schianto. Una serie di schegge di legno si alzò dal ponte e l’imbarcazione si inclinò di lato. Le navi nemiche incominciavano ad avvicinarsi, come se seguissero lo schema di una delicata operazione, pezzo per pezzo. Tutto sommato, sembrava proprio che intendessero salvare la vita di Bre’en. Yoninne vide il prigioniero compiere un altro tentativo per raggiungere la piastrina d’argento e sventolò il maser nella sua direzione. Se anche lui riusciva a fuggire, il nemico avrebbe lasciato perdere i riguardi.
E proprio allora, quando la nave incominciava già a sgretolarsi sotto di loro, il vecchio Bjault se ne uscì con una delle sue insensate domande. — Se non ho capito male, avete imparato a sengare questa parte di mondo quando eravate soldato? — disse, rivolto a Bre’en. Leg-Wot non seppe se ridere o imprecare. Possibile che il vecchio fosse impazzito fino al punto di non accorgersi che la fine avrebbe tardato ormai solo pochi secondi?
Per tutta risposta, il diplomatico grugnì. — Allora — continuò Ajao imperterrito — avrete senz’altro imparato a sengare anche angoli molto più sperduti di un lago di transito. Dovete conoscere ogni genere di nascondigli…
— Ma certo! — esclamò Pelio sopra gli scrosci di acqua e di vento. — I luoghi adatti alle imboscate o ai rifornimenti! Puoi portarci in almeno un centinaio di posti dove i soldati non ci troveranno per ore.
Nella luce sempre più luminosa dell’alba, la faccia di Bre’en tradì un odio ormai impossibile da nascondere. — No! — protestò con voce stridula. C’è andato così vicino, pensò Yoninne. Stava per catturarci di nuovo, salvando anche la pelle. Rivolse la canna tozza del maser contro di lui e cercò di ignorare l’acqua che ormai le arrivava alle caviglie. — Ancora un altro salto, Bre’en. Portaci in qualche posto che nessuno visita più da molto tempo.
17
Il salto. Un gemito, simile al suono di una lacerazione si sprigionò dal ventre della nave. Il ponte si squarciò nel mezzo e Yoninne si trovò a fissare in alto il cielo e in basso la superficie dell’acqua. Attorno a lei, tavolati e pezzi di legno volavano in ogni direzione. Alla fine, tutto si placò e lei rimase a testa in giù, semisospesa alle cinture del sedile. Dondolò per un attimo dolcemente avanti e indietro. Il silenzio era rotto solo da un debole sgocciolio alle sue spalle. Dal terreno acquitrinoso a un metro dalla sua testa, un arbusto protendeva le dita rigide e scheletriche fino a pochi centimetri dal suo viso, portando con sé un odore di melma e di sostanze in putrefazione.
Yoninne sganciò le cinture e cadde al suolo mentre l’universo le roteava attorno. Si alzò in piedi, un po’ intontita, e mosse qualche passo stentato attorno ai rottami.
Sul deserto era sorta l’alba. Il sole faceva capolino da est sulla pianura sconnessa e tingeva le rocce e la sabbia di rosso e di arancione. Gli arbusti avevano assunto un colore verde polveroso.
Molto gradevole. Peccato che la nave per le alte velocità fosse ormai un ammasso di legna da ardere. Bre’en li aveva rengati in una specie di palude. La nave era slittata fuori dall’acqua, si era ribaltata al suolo poco lontano dalla riva ed era andata a infrangersi contro una cresta di rocce. Ma la scialuppa di ablazione era intatta. Chissà come, era rimbalzata al di fuori del ponte per andarsi a posare sugli arbusti che circondavano lo specchio d’acqua. Una strana sistemazione per una sfera color nero opaco.
All’interno dei rottami si udirono delle voci, e lei fu certa di aver udito anche quel meep ormai familiare. Aggirò i pezzi di legno piantati nel terreno melmoso. — Ionina! — chiamò Pelio. Lei lo trovò sotto ciò che rimaneva delle tavole di carenaggio della nave. A parte un consistente principio di ematoma sulla mascella e sul collo, sembrava che stesse bene. Yoninne si arrampicò tra i rottami per raggiungerlo. Insieme, riuscirono a smuovere le parti ricurve di fasciame che lo tenevano inchiodato al sedile. Rimasero a guardarsi negli occhi in silenzio, mentre lei gli teneva la mano appoggiata al braccio. Poi Pelio sorrise (per la prima volta in quante ore?) e tutti e due si girarono per cercare gli altri.
Mezz’ora più tardi erano tutti ammucchiati attorno al bordo dell’acquitrino, al riparo dei cespugli. Considerato lo scempio della nave, ne erano usciti straordinariamente bene. Bre’en aveva una caviglia rotta, il che forse avrebbe contribuito a renderlo più arrendevole, e Ajao non presentava nemmeno un graffio. Per Samadhom la faccenda era diversa. Sembrava attento e a suo agio, vicino al padrone, ma il pelo sulla spalla era imbrattato di sangue…
Il sole, in quel momento, si trovava a circa dieci gradi sopra l’orizzonte e il suo riflesso impediva la vista delle pianure orientali. Nell’aria sempre più calda e secca si udiva una specie di brusio ininterrotto. Forse c’erano degli animali, nascosti fra le rocce? Quello che in precedenza sembrava solo un gradevole tepore, in contrasto con il clima artico, altro non era che il gelo di una notte nel deserto. Entro mezzogiorno quel posto sarebbe stato più caldo di tutti quelli visitati da Yoninne nel Regno d’Estate.