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Alla fine salì nell’abitacolo buio della scialuppa, e lasciò il boccaporto socchiuso. Ci si stava ancora più stretti di quando lei e Ajao erano sbarcati, con la slitta a bordo. Samadhom, Bre’en e loro tre dividevano lo spazio con parecchie tonnellate di zavorra di piombo stivate con cura. Ne avrebbero avuto bisogno, se mai fossero giunti nella Contea di Tsarang, ma per il momento erano solo un ingombro. Yoninne si sistemò al posto di guida lasciatole libero da Ajao, che evidentemente capiva quanto fosse importante la sua libertà di movimento.

— Fai piano all’inizio, Bre’en. Non sappiamo ancora bene come può funzionare.

Il diplomatico, stretto tra lei e Pelio, non disse nulla. In compenso, i cespugli al di fuori frusciarono e scricchiolarono per un’improvvisa folata di vento. Attraverso i finestrini a fessura della scialuppa, Yoninne vide il paracadute schiacciarsi contro il suolo. — Non così — protestò, irritata. — Devi rengare l’aria da una latitudine più alta.

Il vento scomparve per un attimo, poi tornò. La nuvola di fiberene color oliva galleggiò verso l’alto mentre l’aria la risucchiava. In pochi secondi, la cupola si gonfiò davanti a loro, tendendo le sartie che partivano orizzontalmente dalla cima della scialuppa. Pelio trattenne il fiato osservando dai finestrini l’immenso disco color oliva, e alla fine capì in che modo sarebbero riusciti a volare. Ma il vento bastava appena a spiegare il paracadute e il bordo inferiore non si era ancora staccato dal suolo. Con ogni probabilità, Bre’en cercava di guadagnare tempo, ma Yoninne non obiettò. Rischiavano di rompersi l’osso del collo se il lancio non veniva effettuato con cautela. — Più forte — fu tutto quello che disse all’ostaggio.

Il vento divenne una tromba d’aria, stridula e pulsante, mentre il rappresentante del Popolo delle Nevi scagliava un getto d’aria dopo l’altro all’interno del paracadute. Le sartie continuavano a tendersi e ad allentarsi, assorbendo gli strappi irregolari, e la scialuppa rollò all’improvviso in avanti tra sbalzi secchi e ondeggiamenti. Qualcosa, forse un masso, sbatté contro lo scafo scagliandoli verso l’orlo di quasi mezzo metro. La tempesta di vento prodotta da Bre’en li stava trascinando tra le pietre sconnesse che circondavano la palude. L’interno della scialuppa divenne un groviglio di mani, piedi e zampe che carambolavano in cerca di appoggio.

Gli unici in salvo erano Yoninne e Bre’en, agganciati ai sedili dalle cinture di sicurezza. Leg-Wot si aggrappò ai comandi per la regolazione dell’assetto di volo, senza esito.

— Cerca di farci alzare, Bre’en, o moriremo tutti! — gridò. — Fai arrivare l’aria da un punto più a occidente — aggiunse, punzecchiandogli il fianco. Il diplomatico raccolse il messaggio, perché all’improvviso il paracadute ruotò di venti gradi nell’aria e, dopo un’ultima scricchiolante collisione, la scialuppa prese provvisoriamente il volo. Il rumore svanì, anche se continuavano a essere sospinti dal vento prodotto dall’ostaggio, ma quando Leg-Wot sbirciò fuori dal boccaporto vide che i cespugli e le rocce scorrevano solo un paio di metri al di sotto. Se in quel momento avessero trovato un ostacolo davanti a loro, la scialuppa si sarebbe aperta come una zucca. Manovrò i comandi di assetto del paracadute, cercando di imprimere alla spinta la direzione giusta. I comandi erano manuali, ma ben progettati, in breve l’angolo di ascensione divenne di quarantacinque gradi. Il volo era ancora turbolento, quasi come quello degli antichi pulsoreattori pilotati un tempo da suo padre, ma lei aveva ormai la situazione in pugno, e la distanza tra la scialuppa e il suolo continuava ad aumentare.

Le spinte erano diventate sempre più irregolari, e Bre’en giaceva legato al suo sedile ormai senza fiato. Leg-Wot gli sfiorò il braccio. — Puoi riposarti per un attimo, adesso.

L’altro annuì senza alzare lo sguardo e la tormenta che ruggiva attorno alla scialuppa divenne semplice brezza. Yoninne spalancò il boccaporto e guardò la terra al di sotto. L’altimetro indicava i 2500 metri e non c’era ragione di dubitarne. Il terreno sembrava soffice come il velluto e la luce radente del sole mandava lunghe ombre azzurre attraverso le colline. Alla loro attuale velocità di discesa, circa otto metri al secondo, Bre’en poteva anche rilassarsi per un minuto o due.

Alle loro spalle, un polveroso anello verde segnava l’oasi melmosa e avvelenata da cui erano appena salpati. Non era più vuota! Una nave da viaggio ovoidale si era materializzata nel centro dell’acquitrino. E a lei sembrava quasi di vedere le minuscole figure in piedi in mezzo ai cespugli aridi.

Pelio si protese al di sopra di Bre’en per guardare a sua volta fuori. Per un attimo fissò la scena, poi scoppiò a ridere. — Siamo troppo in alto. Quegli stupidi riescono a vederci, ma non possono rengarci. Siamo salvi, Yoninne. Salvi! — All’improvviso parve rendersi conto di tutto lo spazio vuoto e trasparente che li separava dal suolo. Rabbrividì e si ritrasse dal boccaporto con grande cautela.

Mille metri di altitudine. — Bre’en. Abbiamo bisogno di un’altra spinta.

Il diplomatico aprì gli occhi, e guardò fuori con aria intontita. Per un attimo pensò che fosse sul punto di mettersi a urlare. Poi capì che la loro discesa era relativamente lenta e si concentrò sul compito che Leg-Wot gli aveva affidato. Il pulsare costante dell’aria ad alta velocità tornò a risuonare attorno allo scafo della scialuppa. Il paracadute si afflosciò per un attimo a ovest, poi l’aria si rovesciò al suo interno. Yoninne valutò la velocità di volo attorno ai sessanta metri al secondo e più, e finché riusciva a mantenere il paracadute in posizione corretta, gran parte di quella velocità era diretta verso l’alto.

Passò un minuto e Leg-Wot fermò Bre’en con un cenno. Lui obbedì subito e in cabina ritornò il silenzio. L’altimetro segnava 4000 metri. Niente male. Siamo in ottima forma, nonostante la zavorra. L’oasi della morte si era ormai persa nella luce abbagliante del mattino. Per il momento, tutti i loro problemi risiedevano all’interno della scialuppa.

Yoninne regolò il paracadute alla massima inclinazione verso ovest, e si voltò per dare un’occhiata ai compagni di viaggio. Bre’en era sprofondato nel sedile, avviluppato nella membrana antiaccelerazione, con gli occhi chiusi e in uno stato di apparente dormiveglia. Ammassati nella parte sinistra della scialuppa, Pelio e Ajao sembravano scomodi, ma all’erta. Quanto a Samadhom, riposava esanime sulle ginocchia del padrone, con la massiccia testa a penzoloni. Ogni tanto la girava, per emettere un fievole meep di lamento. Povera bestia. Se fosse stato un uomo, si sarebbe potuto dire che stava lentamente sprofondando nel delirio.

Se l’orso perdeva conoscenza, i ruoli si sarebbero ribaltati e Bre’en avrebbe finalmente potuto ucciderli tutti. Dopodiché, non avrebbe dovuto far altro che riportare la scialuppa nell’oasi da cui erano partiti e sarebbe stato libero di tornarsene a casa. No, non proprio. In quel momento si trovavano a parecchie migliaia di metri di altezza, con tutta l’energia potenziale che l’altitudine garantiva loro. A meno che Bre’en non riuscisse a trovare una massa di scambio rengabile, se si fosse teletrasportato da quell’altezza sarebbe morto per un colpo di calore. Ma questo non rappresentava un problema insuperabile. Bastava che Bre’en, dopo averli uccisi, aspettasse che il paracadute portasse la scialuppa a un’altezza accettabile, per poi teletrasportarsi dove voleva.

Ma Bre’en lo sapeva? Riusciva a capire la funzione del paracadute? Forse era meglio convincerlo che senza di lei e i suoi poteri magici la scialuppa si sarebbe schiantata a terra come una meteorite. Yoninne cercò con la mano la cordicella per la fuoriuscita dell’aria, che pendeva da un lato della sua membrana, fuori dal campo visivo di Bre’en.