Qualche secondo più tardi, l’ostaggio emise un lamento e si raddrizzò sul sedile. Lei gli lanciò una rapida occhiata e finse di concentrarsi sulla barra di comando che teneva stretta con la mano sinistra. — Voglio mostrarti qualcosa, Bre’en. Sai? Non credere di essere l’unica persona indispensabile per mantenerci in aria. — Attese che lui le dedicasse la sua piena attenzione e poi tolse la mano dalla barra. Contemporaneamente, senza farsi notare, diede uno strattone alla cordicella sulla sua destra. Nella cupola color oliva che li sovrastava, si aprirono dozzine di minuscoli sfiatatoi. La discesa dolce della scialuppa si trasformò in una rapida caduta libera verso il deserto sottostante.
Pelio spalancò gli occhi. Bre’en si lasciò sfuggire un breve grido di terrore prima di impegnarsi freneticamente a rallentare la loro caduta. Il diplomatico teletrasportò contro il paracadute decine di folate di vento in rapidissima successione, ma il terzarolo era ormai in atto e la caduta continuò. Yoninne attese, soffocando il terribile impulso che la spingeva ad agire al più presto, finché Bre’en non parve rendersi conto che tutti i suoi sforzi erano vani. A quel punto lei riprese la barra di comando e, con un po’ di esagerazione, la tirò in fretta da una parte e poi dall’altra. Nel frattempo rimise in posizione la cordicella di fuoriuscita con la mano destra, e pregò il cielo che il paracadute tornasse a spiegarsi.
Si spiegò, infatti, mentre gli sfiatatoi si chiudevano e la caduta libera finiva. Il fiberene si gonfiò con uno schiocco e la scialuppa tornò a scendere alla velocità di otto metri al secondo. Yoninne lanciò un’occhiata ai semplici strumenti di bordo. Avevano perso solo duecento metri e, cosa ancora più sorprendente, tutta l’operazione era durata solo sette secondi. Inclinò il paracadute nella direzione originale e finse ancora per qualche secondo di manovrare con perizia i comandi. Poi, senza mollare la presa della mano sinistra, si girò verso Bre’en.
— Mi sono spiegata?
Thredegar Bre’en annuì senza parlare. In tutto quel tempo, Ajao era rimasto immobile, con un’espressione vacua che lei sola riconobbe per quello che era. Una dimostrazione muta di segreto divertimento.
Volarono in silenzio per parecchi minuti. Ora il deserto sembrava cemento brunito, disseminato di pietre e chiazzato qua e là da qualcosa che sembrava petrolio.
A poco a poco il panorama parve incresparsi. Le ombre lunghe di una grande cresta montuosa incombevano sulle colline. Yoninne si sporse fuori, sfidando il vento. Le montagne davanti a loro si innalzavano per altri mille metri rispetto alla scialuppa e le cime arrotondate erano punteggiate di alberi color pepe e sale.
Lei ordinò a Bre’en una spinta e poi, dopo pochi minuti, un’altra. Per due volte fu come se spiccassero il volo verso la catena montuosa, innalzandosi di parecchie centinaia di metri. Yoninne deglutì, e poi deglutì ancora per compensare la pressione all’interno delle orecchie.
Oltrepassarono la linea di cime più alte, arrivando a meno di cinquecento metri da quella più vicina. E lassù, tra i rami degli alberi, lei scorse minuscole macchie di colore che dovevano essere fiori. Ma per quanto lo spettacolo fosse incantevole, non era niente in confronto a quello che si vedeva al di là delle montagne. Il mare! Una linea color azzurro cupo lungo l’orizzonte occidentale. E le terre tra le montagne e la costa erano verdi, non marrone o color ocra come il deserto che si erano lasciati alle spalle. La meravigliosa striscia verde si stendeva a perdita d’occhio verso nord. Quella, dunque, era la Contea di Tsarang.
Era tutta discesa, ormai. Bre’en poté tirare il fiato. Yoninne stimò che avrebbero anche potuto farcela senza altre spinte, fino alla costa. — Non riconosci niente, Pelio? — domandò.
Il principe si protese al di sopra di Bre’en per dare un’occhiata fuori dal boccaporto. Certo, all’interno c’erano anche i finestrini di osservazione, ma da lassù la panoramica era molto più entusiasmante. Samadhom gli rovinò pesantemente addosso e rotolò esanime contro la parete. Pelio si chinò per prendergli la testa fra le braccia. Guardò di nuovo Yoninne. — È ancora vivo, lo sento… — ;:assicurò con un tremito nella voce.
Ma è svenuto, pensò Leg-Wot. Lo sguardo del diplomatico si spostò rapidamente da lei all’orso, e viceversa. Grazie a Dio, Bre’en è convinto che senza il nostro aiuto la scialuppa si schianterebbe al suolo.
Pelio risistemò malvolentieri l’animale sui sacchi di zavorra, e ritornò verso il boccaporto. Guardò a nord e poi, aggrappandosi al bordo dell’apertura con entrambe le mani, si protese controvento per guardare in avanti. — Ce l’abbiamo fatta, Ionina — disse con dolcezza. — Il centro della città di Tsarangalang si trova leggermente spostato a destra rispetto al nostro tracciato. Ormai dev’essere solo a poche miglia di distanza.
Rimasero per qualche secondo a sorridersi come due ragazzini sciocchi. Poi Pelio tornò da Samadhom.
Yoninne inclinò leggermente il paracadute e la scialuppa virò nella direzione indicata da Pelio. Viaggiavano a meno di duemila metri di altezza. La campagna sottostante era selvaggia, secondo i parametri del Mondo Natale, ma per gli Azhiri doveva rappresentare un grosso esempio di coltivazione intensiva. C’erano frutteti dappertutto, la vegetazione era punteggiata di rosso e qua e là si intravedevano grossi mucchi di frutta, in attesa di trasporto. Ogni tanto, tra il fogliame, faceva capolino qualche casa isolata.
Nell’altro lato dell’abitacolo, Pelio parlava a Samadhom nel tentativo di rianimarlo. Finché l’orso non riprendeva conoscenza, l’unica cosa che avrebbe impedito a Bre’en di kengarli tutti era la paura di schiantarsi. E la paura sarebbe diminuita, via via che la scialuppa si avvicinava a terra.
Alla fine, si trovarono a sorvolare il distretto centrale di Tsarangalang. Gli edifici giù in basso erano separati tra loro da spazi inferiori ai cento metri e proprio davanti a loro era adagiato il disco azzurro del lago di transito della città. Era lì che dovevano atterrare. Con tutte le tonnellate di zavorra a bordo, scendevano così in fretta che Pelio e Ajao, privi delle membrane di decelerazione, sarebbero stati sbalzati via con esiti disastrosi al momento di toccare il suolo.
Yoninne descrisse un ampio cerchio attorno al lago cercando di conservare ogni singolo metro di altezza, per dare a Pelio e a Samadhom un margine di tempo maggiore. In caso di necessità, avrebbe costretto Bre’en a dare alla scialuppa un’altra spinta. Ma che cosa sarebbe successo se Pelio non riusciva a far rinvenire Samadhom? E se l’orso fosse morto? Si sforzò di scacciare quella possibilità dalla mente. Erano così vicini alla riuscita dell’impresa, ormai…
Un fievole meep provenne dalla sagoma pelosa, e Pelio alzò lo sguardo, trionfante. Leg-Wot ebbe voglia di gridare per la gioia. Schiuse appena i deflettori di caduta e la scialuppa si tuffò verso il lago a una velocità di quasi quattordici metri al secondo. Lei spalancò il portello e la luce del sole mattutino inondò la cabina colpendole una spalla. Il sibilo crescente del vento tutt’intorno portava con sé il profumo di una vegetazione in continua crescita. Ancora qualche secondo e saremo a terra, sani e salvi.
Quattrocento metri di altezza. Chissà come, una leggera inquietudine si insinuò nella sensazione generale di euforia.
— Pelio, perché non ti metti tra Bre’en e Samadhom? — suggerì. Fino a quel momento, le minacce erano state sufficienti a tenere il diplomatico a freno, anche perché la loro impresa doveva essergli sembrata senza speranza. Ma ora che si trovavano a un passo dalla vittoria, Bre’en avrebbe potuto compiere qualche tentativo disperato.
Pelio spostò il grosso Samadhom sulle ginocchia di Ajao, e si girò per fronteggiare Thredegar Bre’en. Si puntellò con una mano e con l’altra brandì il machete.