Cento metri. Yoninne chiuse i deflettori di caduta. Sganciò la membrana e si protese fuori dal boccaporto, continuando a tenere la mano sinistra sul correttore di assetto. Stavano scendendo vicino al bordo del lago, lontano dai moli, dove si sperava che l’acqua fosse meno profonda. Pesante com’era, la scialuppa aveva le stesse possibilità di galleggiare di una palla di piombo.
A riva, una folla di indigeni li guardava a bocca aperta. Le voci correvano senz’altro molto in fretta in una società basata su stazioni di teletrasporto. Se la meraviglia si fosse tramutata in paura quella gente era in grado di scaraventare la scialuppa chissà dove.
Il terreno si avvicinò così tanto da permetterle di distinguere i singoli fili d’erba che crescevano tra i blocchi di pietra attorno al lago. Yoninne impartì al paracadute una minima variazione nell’assetto di tiraggio e stimò che la velocità di discesa era diminuita fino a non più di sei o sette metri al secondo. Avrebbero colpito la superficie dell’acqua più dolcemente di qualunque nave Azhiri che uscisse da un salto di una lega.
Uno schianto. La raffica di vento che aveva colpito la nave era troppo violenta per essere naturale. Yoninne sarebbe stata scaraventata fuori dal boccaporto se l’unica cintura di sicurezza allacciata non l’avesse trattenuta. Per un attimo pensò che qualche indigeno troppo apprensivo li avesse attaccati, ma quando tornò in cabina vide che Pelio era caduto in avanti e che Bre’en gli teneva inchiodata al pavimento la mano armata di machete.
Il diplomatico sferrò una serie selvaggia di calci contro Samadhom e Ajao. L’orso gemette due volte, poi tacque. Bre’en esitò solo un secondo prima di rendersi conto che l’animale era di nuovo fuori combattimento. Poi si girò verso il principe.
— No! — gridò Yoninne, gettandosi in mezzo a loro con le mani strette in un unico pugno. Bre’en si scansò e per un istante che parve interminabile puntò i suoi piccoli occhi malevoli in quelli della ragazza.
Qualcosa esplose dentro di lei e Yoninne non vide e non sentì più nulla.
19
Il Corporato non assomigliava in alcun modo a Thengets del Prou. Lan Mileru era un uomo di bassa statura, anche secondo i parametri Azhiri, e di età molto avanzata. Le vene gli attraversavano il viso tondo come una rete di merletti e ogni suo movimento era cauto e ponderato. In quel momento era curvo sul tavolo delle mappe, con gli occhi annebbiati fissi nello sforzo di seguire il testo della lettera che aveva davanti.
Dall’altra parte del tavolo, Pelio lo osservava con una sorta di desolata indifferenza. Il ragazzo non aveva più mostrato grande vitalità dal momento in cui Yoninne era stata… Ajao si girò per guardare fuori dalla finestra, scacciando a fatica quel certo pensiero dalla mente.
La casa di Mileru si trovava vicino al centro di Tsarangalang. A destra, Bjault riusciva a scorgere il lago di transito della città, e al di là si intravedeva la residenza del conte. C’erano solo altri tre o quattro edifici in vista. In massima parte erano costruiti di legno, e le assi sembravano logore e asciutte. In confronto al Regno d’Estate, la Contea di Tsarang aveva un aspetto arido e scarsamente popolato. Solo un’intensa irrigazione manteneva verdi i frutteti e, a quanto sembrava, proprio l’irrigazione rappresentava il punto cruciale delle contese tra la contea e il vicino Popolo del Deserto.
La mano tremante e coperta di vene del Corporato Mileru fece scivolare di nuovo la lettera di Prou sul tavolo, in direzione di Ajao. — La lettera è autentica, signore. — Il vecchio parlava con voce fievole e sottile. — La spavalda autostima di Thengets del Prou è inconfondibile. Il ragazzo è intelligente, e non mi riferisco solo al suo Talento. Dunque, sono propenso a prendere per vero ciò che dice di voi, per quanto fantastico possa sembrare, e di conseguenza devo concedere a lui, e a voi, il favore che mi chiedete. Quando il Conte Dzeda sarà informato della situazione, sono sicuro che anche lui si dichiarerà disposto a collaborare. Il conte è un uomo sensibile e con un alto senso dell’onore. — E un uomo d’azione, anche, pensò Bjault. Quando li avevano tirati fuori dalla scialuppa affondata, era stato proprio il conte Dzeda, immerso fino alla cintola, a dare le direttive ai suoi uomini. Si comportava più come un caposquadra in un’officina che non come un nobile, e i suoi uomini non esitavano a rispondergli per le rime. In ogni caso, il salvataggio si era compiuto con grande celerità.
— Tuttavia — continuò Lan Mileru — credete che sia proprio il caso di portare con voi la donna ferita? A giudicare da quanto scrive Thengets del Prou, sono certo che la vostra gente potrebbe venire a prenderla in un secondo tempo.
Pelio rivolse a Bjault un’occhiata interrogativa.
Forse, il Corporato non aveva tutti i torti. Il mio progetto ti ucciderà, Yoninne,pensò Ajao. Oppure sei già morta?
Solo un’ora prima l’avevano lasciata nella residenza del conte, dall’altra parte del lago di transito. Non c’era nulla che potessero fare per lei. Giaceva immobile, con gli occhi chiusi e il respiro appena percettibile. Il medico del conte (forse gli si addiceva di più il titolo di “barbiere” o di “risanatore dello spirito”) si era chinato sulla donna pilota e le aveva sollevato le palpebre.
— Come già mi avete detto, è viva — aveva confermato. — Ma questo è tutto. Qualcuno l’ha kengata, ed è un miracolo che non sia rimasta uccisa sul colpo. Forse possiede qualche difesa contro il Talento, anche se voi sostenete che è una witling.
— No, è stato Samadhom — aveva replicato Pelio in tono cupo, e si era chinato per accarezzare la pelliccia dell’animale, rannicchiato sotto il letto. Il principe, imperiale era inginocchiato accanto a Yoninne dal momento in cui l’avevano trasportata nella stanza, e quelle erano le prime parole che pronunciava.
Biault aveva abbassato lo sguardo sulla giovane donna ferita. Senza il suo intervento nella fase finale di discesa della scialuppa, Thredhegar Bre’en li avrebbe probabilmente uccisi tutti, dopo aver messo fuori combattimento Samadhom con i calci. Ma Yoninne aveva pagato un prezzo molto alto per salvare le loro vite. I tessuti del suo cervello erano stati strappati e rimescolati dalla violenza teletrasportante e sanguinaria di Bre’en. Era davvero un miracolo, per quanto lo si potesse considerare tale, che il suo corpo continuasse a vivere.
Sulla stanza era sceso il silenzio, e Pelio l’aveva spezzato con una domanda. — Riuscirà… a tornare come prima? — Sembrava una supplica.
— Altezza, sapete quanto sia raro che una persona venga ferita ma non uccisa da un attacco di kengaggio. In quindici anni di guerriglia con il Popolo del Deserto, l’ho visto succedere solo quattro volte. In tre casi la vittima è morta dopo poche ore. Nel quarto caso… be’, il ferito si è spento lentamente, ed è morto senza riprendere conoscenza.
Il medico non possedeva conoscenze teoriche, ma Ajao capì che probabilmente aveva ragione. Il corpo di Yoninne poteva morire in fretta, come una macchina senza pilota, oppure continuare a funzionare fino a spegnersi per inedia. Nel primo caso, il salto fino all’isola di Draere non avrebbe peggiorato la situazione. Nel secondo, anche lei aveva tutto da guadagnare da quel viaggio. Draere aveva lasciato senz’altro un corredo di pronto soccorso nella stazione telemetrica. Era la prassi normale per le basi che si pensava di visitare ancora in futuro. Avrebbero trovato medicine, e forse anche il necessario per un’alimentazione via endovena. Lui stesso sarebbe stato in grado di tenere in vita Yoninne fino all’arrivo dei soccorsi, fino a quando i medici competenti avessero potuto compiere ogni sforzo per resuscitare la sua mente.
Il pensiero riportò Ajao al presente e alla domanda di Lan Mileru, che lo fissava in attesa di una risposta. — La donna ferita compirà il salto, con me e con il principe Pelio.