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Furono interrotti da una serie di spruzzi. Dalla polla di transito della stanza emersero due uomini con il gonnellino azzurro della contea. — Signori — annunciò uno dei due — il Conte di…

Prima che avesse il tempo di arrivare alla parola “Tsarang”, Dzeru Dzeda era già balzato fuori dall’acqua.

— Ciao, Lan — salutò il conte, congedando i servi con un cenno. Era un Azhiri alto, con la pelle grigia, scura quasi come quella di Thengets del Prou. Bjault non faticò a indovinare che quell’uomo aveva più di un antenato in comune proprio con quel Popolo del Deserto che rappresentava il nemico tradizionale delle sue terre. Il nobile era stato per lui una vera sorpresa. La Contea di Tsarang costituiva solo un’appendice del Regno d’Estate e Ajao si era aspettato che l’uomo che la governava fosse altezzoso e formale, come il prefetto di Bogdaru, oppure cauto e intimidito come il console di Grechper. Dzeda non era né l’uno né l’altro. A quanto sembrava, la carica non rappresentava in alcun modo un esilio dalla corte di Tutt’Estate, dato che la sua famiglia governava già quelle terre anche prima che il Regno d’Estate vi estendesse la sua influenza.

Il conte attraversò la stanza per salutare Pelio e Bjault, con una certa cortese irriverenza. — Avrei voluto raggiungervi prima, ma sono stato chiamato sulla Linea Orientale. Sapete? Credo che il Popolo delle Nevi abbia ammassato almeno metà del suo esercito nei laghi di transito vicino al confine. Non ho mai visto niente del genere. Scommetto che persino i loro alleati del Deserto ne sono spaventati a morte. Accusano voi due e la ragazza ferita di aver cercato di assassinare il Re Tru’ud e chiedono la vostra immediata estradizione. Mi sono offerto di consegnare Bre’en, al posto vostro, ma la proposta è servita solo a irritarli di più. Dicono che terranno bloccata la Strada Insulare finché non cederemo alle loro richieste.

— Se vi dichiarano guerra avrete la Corporazione dalla vostra parte — assicurò Lan Mileru. C’era la solidità dell’acciaio nella sua vecchia voce tremula. — L’ultimo gruppo etnico che si è messo contro la Corporazione non esiste più.

— Lo so — rispose Dzeda. — Ed è appunto quello che ho fatto presente anche a loro. Ma devono essere ridotti alla disperazione. — Si girò e soppesò Ajao con lo sguardo. — E credo anche di saperne il perché. Non si tratta solo di qualche ammaccatura sul gonnellino del vecchio Tru’ud…

“Era un marchingegno davvero molto interessante quello con cui siete arrivati qui in volo stamattina, caro Adgao. Da certe ammissioni strappate a Bre’en, mi sembra di capire che è possibile duplicarlo. Pensate: con quei piccoli oggetti volanti i pellegrini non dovrebbero più arrischiarsi ad attraversare in barca nemmeno il più piccolo tratto di mare aperto. E i soldati potrebbero penetrare in territorio nemico senza nemmeno appoggiare un piede a terra. Quali altri segreti nascondete tu e la ragazza, Adgao? Sono sicuro che il Re delle Nevi vi ritiene capaci di rendere il suo popolo più forte della stessa Corporazione.” — Inclinò la testa di lato. — Ne sareste davvero in grado?

Ajao si sforzò di ignorare il crampo che gli lacerò all’improvviso le viscere. — Non da soli, in ogni caso — rispose. — Forse, se il mio popolo e il vostro potessero incontrarsi, potremmo insegnarci a vicenda un paio di cose.

— Già. — Dzeda si lasciò cadere sulla panca imbottita che correva attorno al tavolo delle mappe. — Immagino che avrete riferito a Lan le vostre avventure — proseguì, rivolto a Pelio. — E che gli avrete parlato di quel piano suicida di rengarvi attraverso l’oceano.

L’anziano Corporato sorrise. — C’è di più, caro Conte. Intendo collaborare con loro.

— Ma come!

— Avete capito bene — confermò Mileru. Indicò l’isoletta di Draere sul planisfero che avevano davanti. Si trovava a tre quarti dell’intera lunghezza dell’equatore, dalla Contea di Tsarang. — Li teletrasporterò laggiù non appena lo vorranno.

— Fulmini e saette, Lan. La loro pazzia ti ha contagiato! Sono più di centoventicinque leghe… e un salto di quattro leghe è già sufficiente a mandare in pezzi lo scafo della più solida nave da strada! Non possiamo neanche rengare le capsule dei messaggi, per più di venti leghe, se ci teniamo a conservarne intatto il contenuto. — Per poco non cadde dalla panca, tanto era agitato.

La sua costernazione parve divertire il Corporato. — Eppure, Dzeru, sono stato convinto che la loro impresa meriti almeno un tentativo. — Gli porse la lettera di Prou.

Dzeda la sventolò in aria, prima di metterla da parte. — Be’, se voi tre siete così ansiosi di andarvi a spiaccicare contro quella macchiolina di fango sperduta nell’oceano — brontolò rivolto ad Ajao — perché mai vi siete presi il disturbo di venire fino alla Contea di Tsarang? Perché non vi siete fatti rengare da qualche Corporato direttamente dal Palazzo d’Estate? È meno lontano dall’isola di quanto non lo sia Tsarang. E ci sono posti ancora più vicini, nel Regno delle Nevi. Scommetto che se partiste da Ga’arvi andreste a stamparvi a destinazione con sufficiente “delicatezza” da rendere possibile il riconoscimento dei corpi.

Ajao sorrise del suo sarcasmo. — Abbiamo scelto la vostra Contea per una ragione precisa, mio Signore. Se effettuiamo il salto da qui, all’arrivo verremo lanciati verso l’alto. — La faccenda non era particolarmente difficile, da visualizzare. Bastava immaginare il pianeta in rotazione intorno al suo asse come una grossa giostra sferica nello spazio. Il Palazzo d’Estate era solo novanta gradi a est dell’isola di Draere. Se avessero saltato da lì, si sarebbero schiantati al suolo subito dopo essere emersi a destinazione. Ga’arvi era in una posizione migliore, pur con lo svantaggio di trovarsi all’interno del Regno delle Nevi. Rengarsi fino alla stazione telemetrica sarebbe stato come saltare dal centro della giostra direttamente ai bordi: sarebbero arrivati spostandosi verso occidente, quasi alla velocità del suono. Yoninne aveva scartato quella soluzione con uno dei suoi commenti spicci. — Chi è disposto ad atterrare di pancia alla velocità di un Mach?

Ma se si seguiva il continente da Ga’arvi all’istmo di Tsarang, la situazione migliorava. Con un salto da Tsarangalang, per esempio, sarebbero arrivati nell’isola di Draere a una velocità di oltre un chilometro al secondo, ma tutta quella velocità sarebbe stata dirottata verso l’alto di almeno 23 gradi. L’unico punto in entrambi gli emisferi in grado di permettere un salto migliore era la costa orientale dell’istmo, ma si trovava sotto il controllo del Popolo del Deserto. E inoltre non c’era nessun Corporato sul posto.

— So bene che la nostra barca può sempre andare a cozzare contro qualcosa di imprevisto — proseguì Bjault. — Magari una parete di roccia, o il fianco ripido di una collina… Ma non ci è permesso nessun tentativo migliore, data la conformazione dei continenti di Giri.

Dzeda scosse la testa, niente affatto rassicurato. — No. Morirete in ogni caso. Non vi rendete conto che l’aria può anche assumere la consistenza della roccia, alle altissime velocità? Ho visto uomini e navi da guerra raggiunti da colpi d’aria rengata da oltre sessanta leghe. Gli uomini erano ridotti in poltiglia e le navi a legna minuta da ardere. La vostra nave può anche essere particolarmente solida, ma niente è in grado di resistere a simili pressioni.

Ajao abbozzò un’obiezione, ma il conte alzò la mano. — Lasciatemi finire. So che Shozheru ha sospeso l’esecuzione della pena capitale, in cambio di questa impresa. Se non riuscirete nel tentativo di portare a termine il progetto, lui vi farà giustiziare. Ma siete nella Contea di Tsarang, adesso. Eravamo uno stato indipendente già prima che nascesse anche solo l’embrione del Regno d’Estate. A palazzo possono anche chiamarmi conte, e vassallo, ma qui le cose sono diverse. Sono disposto a offrirvi segretamente asilo, e a riferire a corte che il progetto è stato portato a termine. — Si rivolse al principe. — Francamente, credo proprio che tuo padre contasse precisamente su questo, quando ha accettato di farti partire, caro Pelio. È probabile che i suoi consiglieri siano uomini di ghiaccio, ma lui no.