Bjault si fermò davanti alla porta contrassegnata dal numero dieci e bussò con delicatezza. Passò un minuto e Pelio-nge-Shozheru, il primo Azhiri che avesse mai lasciato il proprio pianeta natale, venne ad aprire. Sorrise con un pizzico di timidezza. — Ciao, Ajao — disse nella loro lingua, pronunciando con grande perizia anche il nome “Ajao”. Poi ritornò alla sua lingua madre. — Speravo proprio che avresti trovato il tempo di farci visita.
L’archeologo entrò nella stanza e si guardò intorno. Per un attimo, il morale gli finì di nuovo sotto i piedi. Yoninne Leg-Wot giaceva addormentata, con le linde lenzuola azzurre dell’ospedale tirate con cura fino alla gola. Un flacone per l’alimentazione endovenosa pendeva sopra la testiera del letto, sebbene Ajao avesse saputo che la ragazza era ormai fisicamente in grado di assumere cibi solidi.
Si sedettero sul letto, e Ajao non seppe più che cosa dire. In qualche modo, il viso disteso della ragazza lo metteva a disagio. Si rivolse a colui che un tempo era stato principe di Tutt’Estate. — Vi trattano bene? — domandò.
Pelio annuì. — La tua gente è gentile, anche se un po’ troppo curiosa, a volte. Di sicuro, il mio Talento non è facilmente misurabile, ma dovresti vedere tutti gli esami a cui viene sottoposto Thengets del Prou. — Di nuovo quel sorriso timido. — In ogni caso, sto imparando molte cose. E nel prossimo viaggio su Giri andranno a prendere anche Samadhom. Sono tutti ansiosi di vederlo, almeno quanto me.
Sfiorò con la mano le bende che fasciavano la testa di Yoninne Leg-Wot. — Ma la cosa migliore è che Ionina continua a migliorare. Si sveglia più volte al giorno e mi riconosce. Credo anche che capisca quello che dico. I vostri dottori sono davvero eccezionali.
Ajao evitò di sbilanciarsi. Yoninne, pensò guardando la sagoma immobile sul letto, se solo potessi sapere quale importanza avrà per tutti noi il tuo sacrificio… Non l’aveva saputo nemmeno lui, fino a tre giorni prima, quando aveva sentito Egr Gaun che tuonava contro l’infermiera in servizio, appena al di fuori della sua stanza d’ospedale.
— Maledizione, donna, voglio parlargli! — La voce del consigliere scientifico si era fatta strada senza la minima difficoltà attraverso la parete che in teoria passava per insonorizzata. — So che è sveglio e perfettamente lucido, fatemi passare! — La porta si era spalancata e Gaun aveva marciato a grandi passi verso il letto. — Come stai, vecchio mio? — Si era voltato con aria imperiosa verso la porta, e l’infermiera l’aveva chiusa con discrezione, lasciandoli soli. Gaun aveva borbottato qualcosa a, proposito di un “turbolento nastro rosso” e aveva rivolto all’archeologo un sorriso complice. Come al solito, il suo comportamento lasciava Bjault un po’ confuso. Gaun era un matematico competente, ferrato soprattutto sulle questioni amministrative, ma spesso convinto che, per ottenere qualcosa, bisognasse per forza fare baccano. In ogni caso, era proprio l’uomo che lui aveva sperato di vedere.
— Ora che sei sveglio, credo che ti interessi sapere come abbiamo impiegato le tue scoperte.
Bjault aveva annuito con entusiasmo.
— Quello che hai trasmesso dalla stazione di Draere era un resoconto quasi incredibile. Una parte del Consiglio ha pensato che ti avesse dato di volta il cervello, ma il resto ha approvato lo schema di contatto che avevi proposto. Il traghetto 03 ha raccolto Thengets del Prou appena dopo averti rimesso in orbita a bordo della nave 02.
“Dal giorno in cui siamo tornati, abbiamo sottoposto Prou a tutti gli esami che il nostro laboratorio si può permettere. Non abbiamo ancora la più pallida idea di come riesca a fare quello che fa, ma sappiamo che le sue facoltà permettono di conservare intatte l’e qualità di materia, ma non il momento angolare.”
Ajao si era stretto nelle spalle. Sarebbe stato sbalorditivo se il teletrasporto avesse conservato intatto sia il momento angolare che la quantità di moto.
Gaun aveva proseguito a parlare con espressione maliziosa. — C’è, tuttavia, un caposaldo convenzionale che i nostri amici Azhiri hanno messo completamente fuori combattimento. Quando la gente del laboratorio ha finito tutti gli esami a terra, Prou è stato portato nello spazio a bordo dello 03. E lì è saltato fuori che può teletrasportare il traghetto fino a 400.000 chilometri di distanza in un solo salto… E prova a indovinare quanto tempo gli occorre.
— Quanto? — aveva chiesto l’archeologo, mandandolo mentalmente al diavolo. Che gusto ci provava a tenerlo sulle spine?
— Per gli orologi del traghetto un tempo zero, e per i cronometri a terra circa 1,2 millisecondi. — Il consigliere scientifico si era scostato per godersi meglio l’espressione di Bjault. Non rimase deluso.
— È più di mille volte la velocità della luce — aveva mormorato Ajao. Fin da quando lui e Yoninne erano venuti per la prima volta a conoscenza del Talento Azhiri, quella era stata la speranza più incredibile e fantastica che avevano tenuta nascosta in fondo alla mente. — E il principio di causalità? — aveva trovato il coraggio di obiettare. — Viaggiando a velocità superiore della luce si possono creare situazioni in cui…
— In cui un effetto precede la sua stessa causa? — lo aveva anticipato Gaun. — Giusto. È sempre stato il motivo di base per cui la gente ha ritenuto invalicabile la barriera della luce. Ma ora che abbiamo una dimostrazione vivente del contrario, grazie a Thengets del Prou, siamo obbligati a trovare qualche altra spiegazione, anche se meno gradevole da un punto di vista estetico. Supponiamo per esempio che il teletrasporto, in un particolare quadro di riferimento, sia istantaneo e indipendente dai movimenti del punto di partenza. L’effetto potrebbe anche precedere la causa, ma solo nel caso in cui l’intervallo che separa la causa dall’effetto fosse interspaziale. Come vedi, niente paradossi.
— Stai ipotizzando per caso una specie di etere super-luminescente?
Gaun annuì. — La novità ti spaventa, eh?
Non proprio. Bjault aveva passato gran parte della propria vita a scavare tra i libri di fisica sepolti nelle rovine delle vecchie città. Per questo lo chiamavano archeologo. Eppure aveva sempre sognato di trovare qualcosa che esulasse totalmente dall’esperienza umana. — Può darsi che tu abbia ragione, Egr. Dovremmo chiedere a Prou di teletrasportare delle sonde in direzioni diverse. In presenza di una “deriva di etere” allora…
Gaun agitò la mano con disinvoltura. — Ma certo, Aj. Lo stiamo già facendo. Ma ascolta, quello che vogliamo veramente è la possibilità di duplicare il Talento Azhiri e di migliorare basandoci su di loro, per costruire navi in grado di viaggiare tra le stelle impiegando giorni, invece che decenni, o addirittura secoli. Dobbiamo scoprire che cosa scatta nella mente di Prou quando teletrasporta qualcosa, e per scoprirlo abbiamo bisogno di un’attrezzatura molto più sofisticata di qualche cronometro e un traghetto planetario. Abbiamo bisogno di laboratori di biofisica, e di qualche migliaia di specialisti di prim’ordine. Tutte cose che su Novamerika esistono.
“Farò un tale casino che alla fine saranno costretti ad ascoltarmi. Voglio inviare un volontario Azhiri sul Mondo Natale. Là, hanno sicuramente tutto quello che serve.”
Gaun sembrò quasi intimidito dalle sue stesse parole. Il problema non era tanto trovare un Azhiri disposto a passare anni in ibernazione per un viaggio attraverso le stelle. Lo stesso Prou, tanto per fare un nome, aveva una concezione talmente faustiana della vita che sarebbe stato dispostissimo a partire. Ma la nave stellare del peso di milioni di tonnellate che aveva portato i colonizzatori dal Mondo Natale fin lì, ormai era stata parzialmente smantellata e parte dell’attrezzatura era servita come base per le installazioni a terra sul pianeta di Novamerika. Rimettere in funzione la nave avrebbe rappresentato uno sforzo economico così alto da indebolire la colonia. Ajao lo fece presente a Gaun.